venerdì 24 maggio 2013
Controllo e Ascolto
Vi propongo un brano dal libro di Jader Tolja e Francesca Speciani intitolato Pensare col corpo.
MASSIMO CONTROLLO
MASSIMO ASCOLTO
Un testo che esprime in modo molto incisivo i diversi modi di affrontare il rapporto mente-corpo e il conseguente aspetto, sia sul piano fisico che della personalità, che a questo rapporto si trova intimamente legato. Un libro che consiglio caldamente a tutti: ci aiuterà a riflettere su aspetti di noi stessi che magari abbiamo considerato solo en passant, oppure che non abbiamo mai considerato: “Conosci te stesso” è una massima oggi più che mai valida.
Questo brano in particolare contiene importanti riflessioni sul modo di reagire a diversi disturbi e patologie.
“Di fronte a qualsiasi patologia, gli interventi terapeutici possono andare nella direzione di un maggiore controllo su quello che sta facendo il corpo o verso la riduzione del controllo e la facilitazione del processo in corso. Mentre la medicina classica tende per sua natura a favorire il controllo, la medicina naturale è più orientata ad assistere la malattia come un’espressione del processo spontaneo in corso.
Confrontando per esempio l’approccio opposto di due semplici interventi di pronto soccorso su un sintomo come le emorroidi, si nota che, dove la medicina classica consiglia di applicare ghiaccio per contrastare l’infiammazione, il rimedio della medicina popolare era invece sedersi su un purè bollente in considerazione del fatto che, se il corpo sta infiammando e riscaldando una parte, aiutarlo non può che concludere il processo in tempi più brevi. Lo stato dell’organismo può quindi essere immaginato come un cursore in grado di spostarsi continuamente tra estremi opposti. Per esemplificare le due condizioni limite rappresentate dal massimo controllo e dal massimo ascolto dei sintomi, abbiamo scelto di descrivere due casi reali nei quali è forse difficile identificarsi --proprio perché estremi-- ma che per le loro caratteristiche quasi caricaturali rendono più evidente la distanza tra questi due atteggiamenti, lungo la quale in realtà ognuno di noi si colloca. Per ovvi motivi qualificheremo i protagonisti con i nomi di “zia Evelina” e “Tarzan”.
Nata in un’era pre-antibiotici, zia Evelina ha avuto un’infanzia e una giovinezza assai vitali, ma una volta raggiunta l’età adulta, ha sempre affrontato qualunque sintomo o malattia cercando di eliminarli nel modo più radicale possibile. Madre di famiglia, non potendo mai perdere un colpo, ha cominciato a prendere analgesici contro i frequenti mal di testa, antistaminici ai primi sintomi di raffreddore, antiacido per i fastidiosi bruciori di stomaco che più avanti negli anni l’hanno spinta a sottoporsi a numerosi esami invasivi. Per le emorroidi, che dopo il primo parto non guariranno, ha affrontato un intervento chirurgico e lo stesso ha fatto quando le varici alla vena safena le hanno reso insopportabile la pesantezza alle gambe. Estremamente curata nell’aspetto, ha sempre eliminato l’eczema di cui soffriva periodicamente con pomate a base di cortisone; ora è la vitiligine a preoccuparla. Sempre affettuosa con tutti, mai un minimo scatto di irritazione, ha fatto finta di niente anche quando, a 45 anni, è stata abbandonata improvvisamente dal marito. In quel periodo ha avuto un calo improvviso alla vista alla quale negli anni, si è aggiunta una maculopatia degenerativa che è arrivata a compromettere quasi definitivamente la sua capacità visiva; negli ultimi tempi ha avuto alcuni improvvisi rialzi pressori, che la spaventano molto e che il suo medico le fa passare con una pastiglia sublinguale. Per gli attacchi di panico, che per anni l’hanno tormentata, prende regolarmente mezza Tavor al giorno. Se non fosse così occupata a ricordare gli orari di tutti i medicinali, dei colliri, delle visite mediche, dei controlli all’istituto dei tumori per un piccolissimo tumore al seno sinistro operato qualche anno fa (“ tagliate tutto” è stata la sua richiesta al chirurgo), che ora si è ripresentato come una minuscola macchiolina anche a destra, non farebbe altro che guardare la TV. Quando le si telefona per chiederle come sta, la sua risposta è sempre la stessa: “ Cosa vuoi, l’artrosi non mi dà tregua”. Sono i dolori a fare di lei una malata: non a caso, sono gli unici che non riesce a tenere sotto controllo. Benché sia stata molto attiva in gioventù, zia Evelina oggi passa le sue giornate chiusa in casa ed esce solo per le terapie e le visite mediche. Nel frattempo ha tagliato i ponti con tutti i parenti e gli amici di un tempo perché insensibili al suo dolore.
Tarzan si trova all’estremo opposto: vivacissimo fin da bambino, non è mai stato curato secondo i criteri della medicina classica perché i suoi genitori appartenevano a una comunità New age. Oltre agli infiniti capricci, gli unici problemi che i genitori ricordano della sua infanzia sono un paio di fratture, una serie di traumi dovuti alle cadute, e rare ma violente manifestazioni di malattia, guarite sempre nel giro di pochi giorni con l’aiuto di blandi rimedi naturali. Anche oggi Tarzan sta bene e conduce una vita intensa e attiva, sebbene di tanto in tanto si trovi immobilizzato per qualche incidente con il deltaplano o per una scottatura presa in barca. Tuttavia, nella vita quotidiana, la sua spiccata sensibilità ai processi fisici gli crea ogni tipo di ostacoli. Cresciuto con una dieta strettamente vegetariana, è costretto ad un’alimentazione assai ripetitiva perché
un’ intolleranza ai latticini gli preclude praticamente tutti i cibi cucinati o preconfezionati; in vicinanza di un’antenna o di un campo magnetico ne percepisce immediatamente l’influenza negativa; il rumore lo sconquassa e certi odori sono per lui un vero inferno; può indossare solo scarpe larghe perché diversamente avverte subito una fastidiosa contrazione nei muscoli della gamba; se un ambiente con l’aria viziata lo fa star male, rimanere per più di qualche ora in un edificio moderno “moquettato e aria-condizionato” gli è veramente impossibile. Ma la cosa che trova più disturbante è non poter giocare a pallone perché ogni volta che fa un tiro di testa, il minimo spostamento delle ossa del cranio lo fa sentire sfasato per giorni interi. Al di là di questi fastidi, si considera in ottima salute.
SPOSTARE IL CURSORE
Tarzan e zia Evelina rappresentano le due posizioni estreme nei confronti della malattia: quella del massimo ascolto e quella del massimo controllo.
Entrambi hanno fatto, magari inconsapevolmente, scelte molto radicali, tanto che a questo punto ci si può chiedere se non abbiano raggiunto un punto di non ritorno (vale la pena per la zia di smettere di sopprimere? e per Tarzan di
cominciare a farlo?). Le scelte legate al proprio benessere sono quasi sempre vincolate al contesto in cui ci si trova e, dato che la nostra cultura appare molto spostata verso l'universo del massimo controllo, il primo esempio, benché estremo, può apparire tutto sommato normale. Tanto che se zia Evelina decidesse di spostare il suo cursore anche di pochi gradi nella direzione di Tarzan ( per esempio smettendo di prendere pasticche per abbassare la pressione ed esaminando a quali sentimenti, a quali pensieri si associa il rialzo pressorio),
qualcuno certo le direbbe che è matta. Mentre se Tarzan spostasse il suo cursore quasi al centro e continuasse a curarsi in modo alternativo, ma si mettesse a fumare e cominciasse a mangiare brioche,
tollerando per un po' di tempo i disturbi che gli procurano, le stesse persone continuerebbero a considerarlo comunque un po' fuori di testa perché persevera nell'evitare accuratamente i tiri di testa e le scarpe a punta.
Ciò non di meno, le posizioni dove collocare il cursore lungo la linea sono infinite e ognuno, ovviamente, può situare il proprio dove vuole, o spostarlo a suo piacere. In ogni caso rinuncia a qualcosa e guadagna qualcosa.
Quando il cursore si sposta verso lo stato di massimo controllo, infatti, il rischio di rispondere con sintomi acuti a ciò che accade si riduce molto. E così quello di dover modificare i propri piani -- per esempio quello di uscire con gli amici-- a causa di un disturbo acuto come l’influenza.
Il controllo sull’organismo si paga in termini di vitalità, di sensibilità, di interazioni con l’ambiente e, non ultimo, con la dissociazione dal proprio corpo, che viene vissuto come estraneo.
Quando il cursore si sposta verso lo stato di massimo ascolto, la situazione è ribaltata: le probabilità di avere di tanto in tanto un sintomo acuto aumentano, ma con esse aumenta anche la vitalità di tutto il sistema. D’altra parte, oltre ad avere un controllo più ridotto sui processi dell’organismo, in una situazione culturale contrassegnata da scarpe strette, edifici malati, inquinamento ambientale a mille e cibi raffinati su tutte le tavole, la vita sociale può diventare un inferno. Più ci si allontana dalla cultura in cui si vive, più alto è il prezzo che si paga in termini di difficoltà e isolamento sociale. Così, se zia Evelina è un caso clinico perfettamente naturale -- benché viva molto lontana da se stessa--, anche Tarzan si ritrova suo malgrado in balia di qualcosa di incontrollabile e subisce la sua sensibilità invece che usarla a proprio vantaggio.
DALL’ACUTO AL CRONICO
Un sintomo, per esempio il mal di testa, può presentarsi identico in persone diverse pur essendo l’espressione di situazioni opposte e, quando si interviene direttamente sul sintomo invece che sulla situazione che lo provoca, le malattie acute sembrano rispondere assai meglio di quelle croniche o degenerative. Non appare casuale quindi che le curve relative alla diffusione delle malattie acute e croniche nell’ultimo secolo abbiano un andamento esattamente inverso. Vale a dire, rispetto al passato, la diffusione delle prime è diminuita tanto quanto è cresciuta la diffusione delle seconde. Cosa succede quando si elimina indiscriminatamente un sintomo? consideriamo un problema comune come l’influenza. E’ questo uno dei modi -- acuti e raramente pericolosi-- a disposizione dell’organismo per ripulirsi in profondità e riorganizzarsi dopo una fase di adattamento a condizioni impegnative per il sistema immunitario come ad esempio il freddo, cibo pesante o poco riposo. Ascoltando ciò che succede nel corpo prima e nel decorso della malattia, si scopre che l’organismo partecipa a un processo molto interessante. Nel periodo che precede l’influenza, di norma si accumula una certa quantità di stress; a livello degli organi si verifica un progressivo aumento di tensione, processo che si inverte naturalmente con il riposo e patologicamente con l’influenza, ovvero con un riposo coatto, a marce forzate, attraverso il quale l’organismo ristabilisce l’equilibrio precedente. L’influenza pareggia i conti con gli arretrati e, con ognuno dei suoi sintomi, rivela ciò che sta facendo. Si può pensare alla febbre come a un modo di eliminare le tossine accumulate bruciandole, mentre la sensazione di ossa rotte e di debolezza muscolare segnala la messa in ombra temporanea del sistema osteomuscolare-- normalmente impegnatissimo nei periodi di stress -- per portare in primo piano gli organi, che hanno una fondamentale funzione di disintossicazione, di recupero e di ricarica. Il digiuno, o quasi, spesso attuato spontaneamente, mette l’organismo in condizione di non accumulare altre tossine, mentre la diarrea, che sovente accompagna gli altri sintomi, fa piazza pulita di quelle eventualmente presenti. Il mal di testa, poi, evidenzia come le strutture connettivali del cranio vadano riorganizzandosi in profondità e molto in fretta, dopo che la stanchezza accumulata in precedenza ha “spremuto “ le meningi e costretto le strutture craniali ad asciugarsi, a irrigidirsi e a organizzarsi diversamente. Il dolore testimonia quanto rapidamente avvengano questi micro-stiramenti, necessari a ristabilire una situazione di equilibrio. Nonostante tutti questi vantaggi, chi non considera l’influenza un’informazione disturbante -- con 5 giorni a casa dal lavoro, 4 ore di tennis perdute, 3 lezioni mancate e 2 cene addio-- se può sopprimerla con una pillola?
L’esperienza più comune per chi si cura con la medicina classica è che il sintomo, eliminato indiscriminatamente, in genere si trasforma in qualcosa d’altro. In termini più generali, il tentativo di soppressione finisce per operare una trasformazione dei sintomi acuti a cronici oppure a spostarne la localizzazione. La diarrea, per esempio, ha in genere il nobile ancorché sgradevole scopo di eliminare dall’organismo tossine o veleni: impedirle di esercitare la sua funzione significa ingolfare con queste sostanze di scarto gli organi vitali e quindi produrre sintomi, magari meno evidenti ma certo non meno gravi, in localizzazioni diverse. Quanto all’influenza è pur vero che, anche chi non riesce a vederla come un evento utile e come una preziosa informazione sul proprio stato generale di affaticamento, potrebbe ancora considerarla disturbante in modo inaccettabile -- soprattutto se colpisce proprio quando c’è il concerto degli U2 atteso da anni, il saggio di pianoforte del piccolo o la festa di compleanno della migliore amica -- e quindi scegliere di sopprimerla. Ma da un’attenta considerazione potrebbe comunque ricavare un’indicazione credibile che ciò di cui ha bisogno in quel momento è fare una pausa, stare al caldo, rimanere passivo, concedersi una regressione, leggere, prendere tempo per sentire gli amici al telefono, ricevere le cure di una persona cara. E rispondere a questi bisogni anche in assenza della malattia. Accettando i sintomi come segnali e curandosi con il riposo e la dieta, tuttavia, dopo un’influenza ci si sente in genere puliti e rinnovati come dopo un digiuno o un ritiro in meditazione.
Pur considerato che ogni situazione di malattia rappresenta un caso a sé e la decisione di intervenire farmacologicamente o chirurgicamente va valutata in relazione alla realtà e alla pericolosità del processo in corso -- e infatti avrebbe ben poco senso, di fronte ad una meningite o ad uno shock emorragico, fermarsi a riflettere sul messaggio implicito nel problema prima di intervenire d’urgenza--, è ormai un dato acquisito che la società moderna è malata di medicina. Sono molti, infatti, i farmaci, le operazioni e persino gli interventi di profilassi che barattano la presenza -- o il rischio spesso remoto-- di situazioni patologiche blande con una riduzione della vitalità, e quindi anche della capacità di difesa dell’organismo. La vitalità di un individuo viene misurata al momento della nascita e poi più. Come cambierebbe la prospettiva se fosse considerata tra i parametri delle sperimentazioni scientifiche? E’ aumentata o diminuita dopo una terapia antibiotica, dopo un intervento chirurgico, è così via? Purtroppo non siamo abituati a dare attenzione a segnali sottili come la limpidezza degli occhi, la riduzione dell’energia, l’elasticità o la luminosità della pelle: sono parametri estranei alla nostra cultura, non considerati nel mondo scientifico e dalla medicina allopatica. E così per patologie che potrebbero essere curate altrettanto bene in altri modi o non essere curate affatto, l’organismo rischia di diventare più vecchio e appassito a ogni scatola di medicinali, a ogni anestesia, operazione, mentre il corpo diventa progressivamente più intossicato, opaco, stanco. Ma quasi mai in modo conclamato, ovvero non in un modo che consenta di attribuire alla sua risposta il nome di malattia cronica. E’ sufficiente che l’esordio di una cronicizzazione non sia clamoroso perché la sua causa non venga neppure ipoteticamente associata a una precedente terapia. Ciò che avviene nell’organismo a un livello sottile non è sempre evidente, tuttavia può essere percepito prestando a se stessi -- e ad alcuni meccanismi interni dei quali non si è normalmente consapevoli-- un’attenzione diversa. Come già affermava Marcel Proust “sembra che la natura sia in grado di darci solo malattie piuttosto brevi. La medicina ha inventato l’arte di prolungarle”.
DAL CRONICO ALL’ACUTO
Parametri come la condizione della circolazione energetica nei meridiani, la vivacità, lo scintillare degli occhi, la luminosità della pelle, la qualità della voce, l’integrazione e la grazia di un movimento non sono dunque classificati dalla medicina ufficiale, ma forse non sfuggono a un operatore olistico. Che cosa succede quando una persona che si è sempre curata con la medicina classica prova una terapia alternativa? il primo effetto -- a volte sgradevole e addirittura spaventoso se non se ne conosce il motivo-- consiste nell’acutizzarsi del sintomo. Seneca affermava: “la medicina comincia a far profitto quando toccando la parte del corpo che era divenuta insensibile si provoca dolore”. Può trattarsi di un forte mal di schiena dopo aver preso un rimedio omeopatico per i reumatismi, di un’influenza con febbre alta dopo un lavoro sul corpo che è andato in profondità, di una diarrea o di un’herpes labiale che da anni sembrava definitivamente cancellato dal proprio vocabolario dei malanni dopo una seduta di Shiatsu. Se il riacutizzarsi di un sintomo precedente è addirittura teorizzato dall’omeopatia come un segno che il rimedio scelto è quello giusto, questa tendenza a trasformare in acuto ciò che è cronico fa comunque parte, con varie modalità, del processo di risveglio dell’organismo. Un vantaggio delle terapie alternative è infatti quello di non spegnere la vitalità, semmai il contrario.
Un sintomo acuto è un segnale che l’energia del sistema è attiva. Dice che il corpo sta reagendo con forza, magari addirittura con violenza, a qualcosa che non gli va bene e che in molti casi è rimasto sepolto per anni grazie all’intenso lavoro di soppressione, di spostamento e di cronicizzazione operato dalle cure alle quali ci si è sottoposti. Spostare il cursore da uno stato cronico a uno acuto (in altre parole da una posizione di massimo controllo a una di massimo ascolto) significa offrire all’organismo un’occasione di riportare in primo piano le sue difese, di riorganizzarle in un modo più naturale perché siano capaci, un domani, di combattere anche una malattia completamente diversa. Significa inoltre mantenere vitale, attivo ed energetico l’individuo quando malato non è”.
NOTA: l’immagine iniziale è un’opera di Thomas Reis tratta dalla pagina “Musica pittura e dintorni” su Facebook. Ringrazio questo appassionato collezionista virtuale di opere d’arte!
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Informazioni personali
- Marina Salomone
- Mi occupo di terapie olistiche dal 1983. Hobby principale il disegno: sono su Flickr sotto il nome di Marina Salomone
per chi fosse interessato a trattare questi argomenti in maniera più appofondita c' è sempre il mio sito web ufficiale: www.GurudiTamara.com
molto interessante! lo leggerò!
RispondiEliminaGrazie cara amica, come sempre una lettura istruttiva, che ci spinge ad osservare in quale modo interagiamo (spesso in modo pessimo, ansioso e controproducente) con il nostro corpo.
RispondiEliminaBuona domenica!
grazie per questa segnalazione! Contentissima di averti visto nel mio blog. Ritorni, vero? ;)
RispondiEliminaMa certo!!!! Ciaoooo!!!
RispondiEliminaI hаve read sоmе gοod ѕtuff
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