COLESTEROLO
Grassi
I grassi nell’organismo svolgono le seguenti funzioni:
(1) metaboliche di riserva;
(2) veicolanti di vitamine liposolubili e di steroli
(3) isolamento termico per il mantenimento della temperatura corporea (4) plastica, sono infatti indispensabili per il normale funzionamento delle cellule e per il normale accrescimento corporeo.
Un ruolo particolarmente importante è svolto dagli acidi grassi a livello del sistema nervoso in generale e del cervello in particolare.
Ad esempio, la guaina mielinica è relativamente ricca di acidi grassi saturi o monoinsaturi, invece le cellule nervose (neuroni) sono ricchissime di acidi grassi polinsaturi, in particolare della famiglia omega-3 (w3).
Il massimo arricchimento è rappresentato dai neuroni sensitivi della retina in cui l’acido docosaesaenoico (DHA) che deriva
dall’acido alfa-linolenico, costituisce da solo il 60% del totale.
(5) rappresentano i precursori di componenti biologicamente attivi, gli eicosanoidi, derivati dell’acido arachidonico, che svolgono funzioni importantissime nella regolazione della funzionalità cardiaca, circolatoria, immunitaria.
DISLIPIDEMIE
Proprio qui, mentre ancora siamo alle note generali che esprimono una visione allopatica, premetto un brano di un articolo di E. John su Minuti gennaio 93. Questo autore si discosta dalla visione “sinottica” della medicina allopatica, che vuole tassativamente tenere basso il colesterolo. A parlare è una accreditata equipe di accademici che in questo caso esprime la propria opinione . Inoltre lo stesso Mullis
(premio nobel per aver scoperto la proteina C-reattiva) è contrario a questa dogmatica tendenza ad abbassare il colesterolo e sostiene addirittura che il colesterolo alto come fattore di rischio è una “bufala”.
Dice E. John
“Numerose indagini epidemiologiche dimostrano che, nei soggetti anziani, la mortalità associata a ridotti livelli di colesterolo tende a risultare superiore a quella associata a elevati livelli di colesterolo. La presenza di livelli di colesterolo inferiori a 156 si è dimostrata un indice di elevata mortalità. Si pensa che ciò sia espressione di una malnutrizione proteico-calorica. E’ stata peraltro segnalata anche l’esistenza di un rapporto tra ridotti livelli di colesterolo e sviluppo di neoplasie maligne.”
Il colesterolo basso può essere causa di/o segno di cirrosi alcolica o carcinoma epatico. Un’indagine condotta dalla Yale University dimostra che un tasso di colesterolo troppo alto non è un pericolo per gli anziani di oltre 70 anni. Gli ultrasettantenni non dovrebbero essere trattati per il colesterolo (secondo Stephen Hulley Università della California).
La letteratura ufficiale allopatica recita che un colesterolo alto (di cui si stabiliscono valori standard di laboratorio sempre più bassi : oggi addirittura si parla di valore massimo accettabile 200.) espone ad un maggior rischio cardiovascolare di patologia e mortalità. Io credo sia meglio attenersi ad i vecchi standard di 180 come valore minimo e 280-300 come valore massimo.
A queste affermazioni si può obiettare con le considerazioni che ho esposto all’inizio: un colesterolo troppo basso è indice di aumentata mortalità... anche se questa non avviene per cause cardiovascolari.
La formazione della placca aterosclerotica è un processo complesso ad eziologia multifattoriale. Si ipotizza che alla base vi sia un insulto vascolare. In base a questa ipotesi le lesioni aterosclerotiche possono svilupparsi in risposta ad un danno endoteliale che può essere causato da vari fattori: meccanici (esempio l’ipertensione), chimici (esempio lipoproteine), tossici, immunologici o virali. Ciascuno di questi fattori porta a un denudamento endoteliale seguito da adesione e aggregazione piastrinica con conseguente rilascio di un potente fattore di crescita, il cosiddetto PGDF (platelet derived growth factor). Questo fattore mitogeno provoca la migrazione e la proliferazione intimale di cellule muscolari lisce provenienti dalla sottostante tonaca media
(ricordo che la parete di un’arteria è costituita da tre strati : la tonaca esterna, la tonaca media e la tonaca intima o endotelio. Quest’ultima è quella che subisce la lesione e ad essa ci si riferisce con l’attributo “danno intimale”).
Le cellule muscolari lisce accumulano colesterolo e contemporaneamente a livello intimale si verifica un accumulo di macrofagi che derivano dai monociti circolanti: il tutto nel tentativo di riparare il danno; anche queste cellule si caricano di lipidi e vanno a costituire la quota predominante della popolazione di cellule presenti nella placca. Se il danno endoteliale è transitorio si può avere, entro certi limiti, una completa regressione delle alterazioni intimali sopra descritte. Se, viceversa, il danno è protratto o ripetuto nel tempo si arriverà alla formazione della tipica placca aterosclerotica. L’anomalia cellulare di più precoce comparsa è l’aumentata adesività dei monociti e di tutti gli elementi circolanti alla parete vasale: questo aumento delle interazioni tra parete vasale e cellule circolanti rappresenta un momento patogenetico critico del processo aterotrombotico.
DETTO COSI’ NON SI CAPISCE UN GRAN CHE... QUESTI SONO I TERMINI TECNICI.
RIASSUMENDO E SEMPLIFICANDO IN TERMINI TERRA-TERRA:
Immaginiamo le arterie come un insieme di tubi con delle ramificazioni in cui il diametro si restringe progressivamente, fino a quando si trasformano in arteriole e capillari. Da qui poi si trasformano in venule e vanno a ricongiungersi , ramificandosi con un percorso inverso in tubi progressivamente più grandi, fino a diventare le grandi vene che ritornano al cuore.
Il fenomeno dell’aggregazione piastrinica (e del formarsi della placca ed infine del trombo) avviene come se :
al formarsi di una crepa all’interno di un tubo, noi mettessimo strati su strati, disordinati, di una sorta di stucco di consistenza argillosa. Se gli strati sono pochi, il liquido dentro il tubo transita senza problemi. Se sono molti esso si può ostruire , oppure può accadere che dalla massa di stucco si distacchino dei grossi grumi che vengono trascinati dalla corrente di liquido e ad un certo momento vanno ad ostruire il tubo in una zona dove il suo diametro è più stretto.
Il colesterolo può presentarsi in forma sia libera che esterificata ad un acido grasso e può derivare dalla dieta o da sintesi endogena. La sintesi è molto complessa e può avvenire in diversi organi: fegato, cute, surrene, ghiandole sessuali. Essa inizia dall’acetil CoA (che viene ottenuto dal catabolismo ossidativo degli acidi grassi o dalla glicolisi). La tappa che limita la resa dell’intero processo di sintesi del colesterolo si verifica nella reazione di formazione dell’acido mevalonico, un metabolita intermedio, catalizzata dall’enzima 3-idrossi-3-metilglutaril-CoA (= HMG-CoA) -reduttasi. L’attività di questo enzima chiave è regolata da un meccanismo a feedback negativo, dalla quantità intracellulare di colesterolo e anche da alcuni ormoni, come l’insulina,e la tiroxina, che ne aumentano l’attività, mentre il glucagone ed i glucocorticoidi la diminuiscono. Il colesterolo svolge diverse funzioni biologiche importanti: è un componente essenziale delle membrane cellulari di cui regola la fluidità e la permeabilità, ed è il precursore dei sali biliari e degli ormoni steroidei.
ALIMENTAZIONE
Vediamo ora la correzione nutrizionale secondo Guy R Schenker :
” Noi sfidiamo l’idea universalmente accettata che l’assunzione dietetica di colesterolo sia direttamente correlata alla colesterolemia e all’infarto miocardico. E’ stata dimostrata una correlazione tra ipercolesterolemia e infarto. In base a questo dato viene accettata come verità evidente la supposizione che l’assunzione dietetica di colesterolo conduca ad un innalzamento del colesterolo e quindi ad attacchi di cuore. E’ necessario comprendere come questa sia in realtà una supposizione, infatti in nessun caso fino ad ora, è stato stabilito un rapporto di causa-effetto tra l’assunzione di colesterolo e la colesterolemia alta o l’arteriosclerosi. Numerosi studi hanno dimostrato che i problemi di colesterolo sono causati da anormalità presenti nel metabolismo dei lipidi, e non da un loro consumo eccessivo. Noi puntiamo a risolvere la causa del problema piuttosto che minimizzarne gli effetti.
In caso di ingestione di alte quantità di colesterolo il corpo si limita a sintetizzarne quantità minori, in modo da evitare qualsiasi eccesso.
Studi su etnie primitive dimostrano quanto detto; ad esempio i Masai , che si nutrono quasi esclusivamente di carne e latte e derivati, non presentano dislipidemie. Invece abbiamo riscontrato una forte correlazione tra aterosclerosi e consumo di zucchero e farina raffinati. Inoltre, come si spiegano gli innumerevoli pazienti con grave arteriosclerosi e quadro lipemico normale e alcuni pazienti con colesterolo maggiore
di 300 e nessun disturbo cardiovascolare?
In realtà, in medicina olistica, vengono individuati 4 equilibri biochimici fondamentali, la cui azione gioca un ruolo nel mantenimento dell’omeostasi di tutti i processi fisiologici. Qualsiasi patologia riflette una perdita di omeostasi associata ad anormalità di uno o più dei 4 equilibri fondamentali.Tutti i sintomi del paziente hanno perciò una componente nutritiva, in grado di beneficiare di un ripristino degli equilibri biochimici. L’arteriosclerosi appare come una disfunzione di due degli equilibri fondamentali, ovvero dell’equilibrio acqua-elettroliti e di quello aerobico-disaerobico. L’equilibrio anaerobico-disaerobico è in grado di spiegare esaurientemente la grande maggioranza dei problemi legati al colesterolo alto. L’equilibrio anaerobico-disaerobico non riguarda soltanto i problemi di produzione di energia ossidativa, ma rappresenta anche le due anormalità opposte del metabolismo dei lipidi: un paziente anaerobico ha un’insufficienza di acidi grassi e un eccesso di sterolo, mentre il paziente disaerobico ha un quadro opposto. L’eccesso di colesterolo rappresenta perciò uno squilibrio anaerobico, mentre livelli bassi corrispondono a una condizione disaerobica. Il ruolo biologico del colesterolo si esaurisce a livello cellulare. Ciò significa che i livelli di colesterolo nel siero non sono in grado di dirci assolutamente nulla dello stato del colesterolo di un soggetto.
Il paziente ipercolesterolemico può essere sia anaerobio che disaerobio. Nel caso di pazienti anaerobi le loro cellule sono a tal punto sature di colesterolo, che questo ha iniziato ad accumularsi nel siero. Un paziente disaerobico ha in realtà un livello di colesterolo cellulare basso, a causa di un’attività eccessiva dell’acido grasso ivi presente; ciò nonostante i livelli salgono nel siero perché il colesterolo non è in grado di penetrare nelle cellule.
Il paziente anaerobico risponde a uno o più dei seguenti supplementi: acidi grassi w3 e w6, L-carnitina, solfuro di Cu (valenza negativa) ed enzimi proteolitici (bromelina, pancreatina). Le raccomandazioni dietetiche includono l’esclusione dello zucchero, dell’alcol, dei cibi fermentati e dei grassi steroli.
Il paziente disaerobico risponde bene a: glicerolo (lecitina ecc), colina, inositolo, K-orotato o citrato, bioflavonoidi e niacina. Deve escludere acidi grassi liberi e trans-acidi grassi (esempio carne di maiale), oli vegetali, margarina, cibi fritti, carni in scatola. Deve includere quantità moderate di grassi steroli.
Norme dietetiche condivise dalla medicina allopatica:
Non esistono valori soglia per definire una ipercolesterolemia patologica.
Nel passato recente si è ritenuto che la terapia delle iperlipemie non potesse prescindere da una drastica riduzione dei grassi alimentari. Allo stato attuale delle conoscenze, si riconosce invece a diversi altri componenti nutrizionali la capacità di influenzare in senso positivo o negativo il quadro lipidico plasmatico.
Oggi perciò ci riproponiamo, più che una drastica riduzione dei lipidi alimentari, una variazione equilibrata di tutti i costituenti della dieta, in grado di modificare favorevolmente le concentrazioni plasmatiche di colesterolo (Col) , di trigliceridi (TG) e anche di col-HDL.
Nello stesso tempo la dieta non deve trascurare i possibili effetti collaterali sugli altri fattori di rischio per l’aterosclerosi come l’ipertensione, il diabete, il sovrappeso. A prescindere dalla composizione della dieta, l’eccessivo introito alimentare calorico è di per sé causa di iperlipidemia. In presenza quindi di sovrappeso si attua la restrizione calorica, in genere a non più di 20 cal/Kg di peso ideale e/o la riduzione ponderale entro i limiti del peso ideale, che sono spesso in grado di correggere totalmente o parzialmente l’iperlipidemia.
La dieta dovrà essere non solo ridotta in acidi grassi saturi, ma anche povera in Col, ricca in fibre, moderatamente arricchita in acidi grassi monoinsaturi, polinsaturi e, quando necessario, ridotta in contenuto energetico.
La maggior parte delle modificazioni dietetiche in grado di abbassare la colesterolemia sono in grado di correggere anche l’ipertrigliceridemia. Ci sono però alcune differenze che vanno sottolineate. I carboidrati, specie mono e di-saccaridi, e l’alcool sono in grado di influenzare la trigliceridemia e vanno quindi drasticamente ridotti in pazienti con TG elevati. D’altra parte, l’alcool stesso, inattivo su LDL, può innalzare , anche a dosi modeste, le concentrazioni plasmatiche di HDL. Secondo gli Autori anglosassoni i PUFA ( = acidi grassi polinsaturi, come ad esempio molti oli di semi) sono più efficaci nel trattamento dell’ipertrigliceridemia rispetto ai MUFA(acidi grassi monoinsaturi, come ad esempio l’acido oleico): gli Autori italiani sostengono il contrario, e ci sono ampie prove sull’effetto benefico dell'olio d’oliva.
Quanto più basso è il Colesterolo plasmatico, tanto minore è il rischio di sviluppare una cardiopatia ischemica. Se il Col assunto con gli alimenti sia in grado di influenzare i livelli di Col plasmatico, è stato oggetto di controversie per molti anni. E’ stato dimostrato che arricchendo la dieta con cibi ad alto contenuto di Col, come ad esempio uova, aumenta il Col plasmatico; questo effetto è tuttavia modulato dagli altri componenti della dieta; in particolare un’alimentazione ricca di PUFA o arricchita con fibre è in grado di limitare l’azione ipercolesterolemizzante del Col dietetico.
Ovviamente c’è una grande variabilità individuale rispetto al metabolismo per cui ci sono soggetti “hyper-responders” che accumulano molto colesterolo e soggetti “hypo-responders” che ne accumulano poco, oltre a quelli a metabolismo intermedio tra le due categorie: ciò è stato osservato su un vasto campione di pazienti sottoposti alla stessa alimentazione; e ciò spiega i dati contrastanti che troviamo in letteratura. In diversi studi epidemiologici è stata osservata una correlazione positiva tra quantità di Col nella dieta e mortalità cardiovascolare, indipendentemente dai livelli di Col plasmatico. Ciò sembra indicare che il Col alimentare influenza il rischio cardiovascolare non solo attraverso i suoi effetti sulla colesterolemia, ma anche mediante altri meccanismi, quali, ad esempio, modificazioni della composizione dei chilomicroni, formazione in eccesso di particelle Remnant o di lipoproteine a composizione anomala. E’ quindi consigliabile in tutti i tipi di iperlipidemia una riduzione dell’introito giornaliero di Col a meno di 300 mg e, in presenza di ipercolesterolemia grave, sono opportune riduzioni anche a meno di 200 mg.
A tutti i pazienti dislipidemici è vivacemente consigliata la riduzione drastica dell’introito settimanale di carne. I carboidrati, soprattutto quando sono usati come mono e di-saccaridi determinano un aumento dei trigliceridi VLDL. Quindi consiglieremo l’uso esclusivo di polisaccaridi.
In un recente studio (2003) è stato dimostrato che una dieta composta da soia, mandorle, avena, orzo e fibre, come componenti principali, fa abbassare il colesterolo agli stessi livelli di quelli dei pazienti trattati con lovastatina; non sono stati raggiunti invece gli stessi risultati con una dieta normale a basso contenuto di grassi.
Ovviamente per un’azione ottimale bisogna formulare un protocollo di fitoterapia, integratori e dieta personalizzati.
ALIMENTI E INTEGRATORI
TIPI DI OLIO
L’olio di semi di girasole porta ad un maggiore calo del colesterolo totale, ma con riduzione anche delle HDL, nelle donne (ma attenzione: aumenta il rischio di tumore mammario); mentre l’olio d’oliva fa scendere le LDL e innalzare le HDL, ma in modo più spiccato negli uomini. Secondo Scott Grundy non è opportuno usare polinsaturi in quanto abbassano indifferentemente tutte le frazioni di colesterolo, rilasciano in circolo radicali liberi e dispongono alla calcolosi biliare. Ciò è confermato dai dati epidemiologici italiani in cui si vede che la colesterolemia è più alta al nord e più bassa al sud, dove si usa in maggioranza olio di oliva. Inoltre, se si accrescono i glucidi (in presenza di una dieta dove si usano i polinsaturi) salgono i trigliceridi e scendono le HDL, si riduce l’apporto di Ca col rischio di osteoporosi e aumenta quello di Na con riverberi ipertensivanti. Secondo il professor Viola (Università La Sapienza, Roma) è opportuno inserire nella dieta fibre insolubili sotto forma di ortaggi e legumi; aumentando la quantità di OLIO D’OLIVA , a scapito di altri grassi, si ha una maggiore deformabilità dei globuli rossi, una minore viscosità ematica e quindi un miglioramento del flusso laminare endolume. Gli eritrociti meno deformabili hanno più tendenza ad aggregarsi. Inoltre, in tale studio, Viola ha evidenziato che nei pazienti trattati con olio d’oliva si ha anche un calo della fibrinogenemia; come si sa, un eccesso di fibrinogeno ha un ruolo importante nei processi di aterotrombosi. L’olio di oliva contiene il 73% di acido oleico e una discreta quantità di vitamina E rappresentata in gran parte dalla forma alfa (alfa-tocoferolo), che è quella più attiva; quindi mentre scende la colesterolemia, le membrane cellulari che diventano altamente perossidabili, sono preservate da quest’evento grazie alla presenza della vitamina E. Un altro olio contenente monoinsaturi è l’OLIO DI RAVIZZONE che trova la sua indicazione elettiva nei cibi lavorati, più che come condimento a crudo.
I monoinsaturi, e soprattutto l’acido oleico, principale rappresentante della serie w9 e contenuto prevalentemente nell’olio di oliva, presentano quindi vantaggi metabolici rispetto ai polinsaturi nel trattamento delle ipercolesterolemie perché oltre all’effetto ipocolesterolemizzante hanno azione positiva sulle HDL. Secondo alcuni Autori abbasserebbero anche i TG e modificherebbero la struttura delle VLDL e la loro composizione. La loro sicurezza a lungo termine è provata dall’uso millenario fatto dalle popolazioni mediterranee.
Nei pazienti ipertrigliceridemici, invece, andrebbero preferiti gli oli di semi di girasole o di mais, ricchi di acidi grassi saturi della serie w6, al fine di sfruttare la loro proprietà ipotrigliceridemizzante. Sempre che ci si limiti ai soggetti di sesso maschile e che il mais e gli altri semi non siano OGM!!! Questa osservazione la aggiungo perché la maggior parte del mais e della soia in commercio sono transgenici.
OLIO DI SEMI DI LINO è costituito per il 98% da una miscela di trigliceridi, con una nettissima prevalenza
dell’acido alfa-linolenico (54%) , che costituisce il componente biologicamente attivo. Tra i costituenti della frazione insaponificabile è da notare l’elevato tenore di vitamina E (1 cucchiaio raso , pari a 9g, ne fornisce 1,45 mg).L’integrazione con olio di lino, grazie all’alto tenore di acido alfa-linolenico (capostipite degli w3) consente di aumentare i livelli endogeni di EPA e DHA grazie alla conversione in vivo di ALA in acido eicosapentaenoico e in acido docosaesanoico.
OLI DI PESCE
Il valore ottimale del rapporto w6/w3 è di 5:1.
L’altra serie di polinsaturi contenuta negli alimenti è rappresentata dagli w3 “capostipiti”: acido eicosapentanoico (EPA) e acido decosaesanoico (DHA) presenti in alcuni tipi di pesce (sgombro, aringa, salmone ecc).Essi non sono acidi grassi essenziali, in quanto possiamo produrli a partire dall’acido alfa-linolenico, che a sua volta è essenziale. L’acido linolenico è contenuto nella quantità pari al 50% nell’olio di lino, al 14% nell’olio di noci e al 7% nell’olio di soia. Per quanto riguarda w3, nel pesce magro si trova prevalentemente nel fegato (esempio olio di fegato di merluzzo), mentre nel pesce grasso si trova anche nel pannicolo adiposo. Particolarmente ricchi ne sono sgombri e aringhe. Gli oli di pesce con il calore vengono alterati per cui bisognerebbe mangiare il pesce crudo (ma su questo ci sono i vari inconvenienti derivanti dalla contaminazione batterica; se viene marinato c’è l’inconveniente che se ne può mangiare una quantità non grande abbastanza per ottenere il fabbisogno di w3). Sono necessari circa 6-8g di olio di pesce al giorno per avere un effetto clinicamente rilevante sui TG. Si tratta quindi di un intervento di tipo farmacologico, giacché dosi di questa rilevanza richiederebbero un consumo giornaliero di pesce superiore a 1-2 Kg. Poco si sa degli effetti collaterali a lungo termine di dosi alte di w3; di certo hanno un effetto antiaggregante piastrinico di cui va tenuto conto nei soggetti che assumono diversi farmaci ed integratori. In pazienti con diabete di tipo II è stato segnalato un peggioramento del controllo glicemico.
Sono in grado di spiazzare gli w6 dalle membrane cellulari in cui vengono incorporati al posto di questi ultimi (esempio l’acido arachidonico è un w6). Il consumo di una normale porzione di pesce (150-200g) 2-3 volte alla settimana sarebbe in grado di ridurre di più di 1/3 il rischio di eventi cardiovascolari. Quindi secondo le nostre conclusioni, gli effetti protettivi sullo sviluppo di malattie cardiovascolari degli w3 non sono dovuti in modo principale ai loro effetti sul metabolismo lipoproteico (infatti un consumo medio di pesce protegge, mentre per far scendere i lipidi c’é un estratto contenuto in una quantità di pesce 10-20 volte maggiore, umanamente non consumabile).
Oltre che nell’olio di pesce, gli w3-w6 sono contenuti negli oli di:
ENOTERA, RIBES NERO, LINO,BORRAGINE e GERME DI GRANO.
OLIO DI KRILL nell’oceano antartico vivono i krill (euphasia superba), piccoli crostacei planctonici che rappresentano una delle più importanti risorse alimentari per cetacei, foche, uccelli marini e altri animali. I krill si nutrono di alghe microscopiche filtrate dall’acqua o prelevate dal ghiaccio e vivono in sciami che possono occupare poche decine di metri quadrati o diversi Km quadrati. L’olio di krill è risultato efficace nel ridurre col totale, trigliceridi e LDL e nell’incrementare l’HDL. A dosi uguali o minori dell’olio di pesce è risultato più efficace di quest’ultimo.
NOCI
Nella dieta mediterranea la sostituzione di parte dei grassi monoinsaturi con NOCI determina una ulteriore riduzione dei livelli di colesterolo totale e LDL. In particolare, noci, nocciole e mandorle assunte in piccola quantità, cioè proporzionatamente a una dieta base commisurata al fabbisogno quali-quantitativo del soggetto (= circa 6 noci per una paziente di 60Kg già nel peso forma; 40-50g di noci per un paziente di circa 70Kg), riducono il rischio cardiovascolare del 50% . Di tutta la frutta secca, comunque, le noci sono le più preziose per questa funzione .
SUCCO DI ARANCIA
Anche l’uso abituale di succo d’arancia ha effetto benefico nel ridurre il col LDL. 750 ml al dì di SUCCO D’ARANCIA migliorano il profilo lipidico in pazienti con ipercolesterolemia. Basta prepararsi questa spremuta tutti i giorni e berla al posto dell’acqua nella prima parte della giornata. Una volta finita, se si ha sete, si può continuare bevendo acqua. L’arancia contiene, tra gli altri, un principio attivo simile all’adrenalina con effetto lipolitico e stimolante: particolarmente utile a che vuole anche dimagrire. Per questo motivo è sconsigliato assumerla di sera, in quanto può causare insonnia nei soggetti predisposti.
LECITINA DI SOIA (l’art è del 96) fa diminuire il colesterolo e fa aumentare le HDL; la posologia consigliata è 3-4 cucchiai al giorno.
CROMO oltre agli effetti noti, il Cr riduce il col totale e LDL.
IODIO gli ormoni tiroidei esercitano un’azione specifica sul ricambio energetico dell’organismo e sulla termoregolazione. Indispensabile per il buon funzionamento di tutto il sistema è la presenza di una normale quota di I2 disponibile, che in dosi fisiologiche favorisce il buon funzionamento della tiroide. Più che come integratore, io lo consiglio in fiale IODIO OLIGODROP una fiala da bere ogni 3 giorni per cicli di due volte l’anno, in linea di massima.
FITOTERAPIA
Olea europea MG= è a mio parere il fitoterapico di prima scelta. Nella maggioranza dei casi sso abbassa il colesterolo di circa 50 punti in un mese di trattamento ed infine lo mantiene a livelli accettabili (200 o poco più). La dose consigliata è 25-30 gocce 3 volte al giorno prima dei pasti in poca acqua, o 60 gocce in monosomministrazione. Va assunto sempre, facendo ogni 3 mesi un mese di pausa.
Guggul= oleoresina ( resina meglio conosciuta col nome di MIRRA). Si ottiene per incisione del tronco della Commiphora mukul, pianta medicinale indiana, già usata in medicina ayurvedica come disinfettante urinario, antinfiammatorio per malattie reumatiche e dermatologiche. In Occidente viene usata per le dislipidemie, il sovrappeso e l’acne. Recenti ricerche hanno dimostrato che la resina del guggul a livello intestinale trattiene i grassi introdotti con l’alimentazione, riducendone l’assorbimento, e ne aumenta l’escrezione con le feci.Secondo altri Autori l’effetto è da attribuire non al ridotto assorbimento ma alla capacità di inibire la sintesi endogena di Colesterolo. La stessa resina è inoltre capace di ridurre l’assorbimento di diltiazem e propranololo quindi va ricordato che è incompatibile con l’assunzione di questi farmaci. Ci tengo a sottolinearlo, perché il paziente dislidipemico spesso è anche in cura con farmaci antipertensivi. E’ quindi particolarmente indicata per ipercolesterolemie familiari o alimentari, sovrappeso e obesità, dislipidemie secondarie a malattie renali o disfunzioni della tiroide (ipotiroidismo), steatosi epatica, acne e seborrea. Si usa l’estratto secco standardizzato al 10%, nella posologia di 1000-1500 mg/die.
Aglio= AGLIO Oltre a gli effetti noti, tra cui quello modestamente ipotensivante e validamente antitrombotico (azione antiaggregante piastrinica) ha effetto ipocolesterolemizzante e ipotrigliceridemizzante. L’allicina interagisce grazie al gruppo tiolico con alcuni enzimi che partecipano alla sintesi del colesterolo e in tal modo ne blocca l’azione. La dose è 600-700 mg 2-3 volte al dì ; è particolarmente indicato nei pazienti che già hanno manifestazioni aterosclerotiche. Non trova invece sicura indicazione nelle forme isolate di ipertrigliceridemia.
Carciofo= già noto come coleretico, epatoprotettore e diuretico , ha anche una azione ipolipemizzante. E’ di prima scelta nel paziente dislipidemico che non ha ancora importanti manifestazioni di complicanze cardiovascolari.
Chelidonium=CHELIDONIUM TM ha una azione antispasmodica di tipo papaverinico sullo sfintere di Oddi, e un’azione sull’angiospasmo. La sua posologia va dalle 60 alle 90 gtt /die.
Cipolla= ha una attività ipoglicemizzante pari a quella della tolbutamide; un consumo di 50g al giorno sarebbe capace di ridurre la necessità di insulina da 40 a 20 UI al giorno. Gli effetti sui lipidi sono analoghi a quelli dell’aglio.
Fieno greco= si usa la polvere dei semi; svolge inoltre un’azione di stimolo su ghiandole a secrezione endocrina quali l'ipofisi e il pancreas con ripercussioni anche sulla sfera ormonale femminile. Infatti ha azione di stimolo sulla produzione di prolattina e di insulina; è particolarmente consigliato nei pazienti diabetici con dislipidemia.
Fucus= è una buona associazione tra sostanze stimolanti il metabolismo senza avere gli effetti collaterali degli ormoni tiroidei, e al tempo stesso una presenza di acido alginico che contribuisce al senso di sazietà; posologia 1-1,5 g /die come estratto secco per ottenere una dose di 100-150 mcg.
Fumaria= TM è un attivo stimolante biliare e un leggero cardiotonico 120-180 gtt/die. Altro rimedio utile è il mix: colchico 25gtt, genziana 15 gtt e rosmarino 50 gtt da mescolare e bere in acqua prima dei 3 pasti.
Garcinia=GARCINIA CAMBOGIA già nota per gli effetti nel ridurre il peso corporeo. Si usa la scorza del frutto essiccata. La forma più indicata è l’astratto secco titolato e standardizzato in acido idrossicitrico, importante inibitore della citrato-liasi. Posologia 500-1000 mg di estratto secco mezz’ora prima dei pasti. E’ indicata per soggetti obesi (infatti riduce l’appetito per stimolo della glicogenosintesi epatica), diabetici ecc associata anche a GYMNEMA, Cr, fibre e vitamine.
Colchico= TM 30-60 gtt / die. Permette spesso di normalizzare in qualche settimana il tasso di colesterolo e la lipemia, con riduzioni dal 20 al 25%.
Genziana= 30 gtt /die viene prescritta insieme al colchico per prevenire la diarrea che è effetto secondario della colchico-terapia.
Glucomannano= è il costituente più importante della radice di Konjac , un alimento tradizionale tipico della cucina orientale, costituito da catene polisaccaridiche dotate di alta solubilità e capacità di legare acqua fino a 200 volte il loro peso. Esse formano nel tubo gastrointestinale una soluzione viscosa che determina una distensione delle pareti gastriche, un rallentato svuotamento gastrico e un ridotto assorbimento di glucosio e lipidi. Altri importanti meccanismi di azione sono rappresentati dall’effetto anoressizzante periferico e dalla regolazione della funzione intestinale. Posologia 3g/die; ogni assunzione deve essere accompagnata da 2 bicchieri d’acqua.
Io consiglio il glucomannano solo ai grandi obesi, in quanto , poiché dilata parecchio le pareti dello stomaco, alla sospensione del trattamento può alterare uno dei cardini del riflesso della fame. Infatti lo stimolo della fame avviene attraverso diverse vie contemporaneamente, sia chimiche ( esempio:abbassamento della glicemia) che endocrine ed anche meccaniche ( grado di distensione gastrica. Quando questo si abbassa, i nostri propriocettori viscerali percepiscono questo senso di vuoto come necessità di tornare a riempire lo stomaco... se per lungo tempo abbiamo dilatato le pareti riempiendo lo stomaco di fibre, quando non lo riempiamo più allo stesso modo le pareti si “afflosciano”)... insomma quando non si assume più, per rimbalzo, può far aumentare la fame, inviando al cervello un errato messaggio sulla reale necessità di nutrimento.
Melanzana= (Solanum melongena) TM da 150 a 450 GTT/die per diverse settimane.
Red-est ( monascus ruber)= (rosso d’oriente) . Si tratta di una materia prima a base di lievito rosso. In commercio il prodotto più famoso è l’ARMOLIPID.
IL Monascus ruber è un particolare lievito, di colore rosso, che per fermentazione controllata del riso si arricchisce in un gruppo di sostanze a cui è stata attribuita un’azione ipocolesterolemizzante. Tra queste la Monacolina K, una sost molto simile alla molecola delle statine. Essa agisce come inibitore dell’ HMG -CoA Reduttasi. Monascus purpureus è un farmaco noto alla farmacopea cinese come Ben Cao Gan Mu, indicato per il benessere del sistema cardiovascolare. I cinesi lo usavano aggiunto ai cibi o sotto forma di liquore.Sono stati realizzati negli USA 5 studi di vasta portata impiegando cpr di monascus da 400mg allo 0,4% di monacolina assunti 3 volte al dì e 6 volte al dì, mentre nei trials cinesi è stato usato allo 0,8% per compressa. Il risultato è stato analogo a quello ottenuto con le statine, e nella maggior parte dei casi migliore.Rispetto al fenofibrato il risultato è stato sempre migliore. Studi in vivo sul coniglio hanno dimostrato una marcata attività antiox accompagnata da un’inibizione della proliferazione delle cellule della tonaca intima vasale. Si otterrebbe così il blocco di uno dei principali meccanismi patogenetici del processo aterosclerotico e tale azione potrebbe essere imputabile oltre che alle sole monacoline anche agli altri composti attivi di monascus: acidi grassi polinsaturi, fitosteroli e isoflavoni. Gli effetti collaterali sono molto minori di quelli che si hanno con le statine , pur, ovviamente, della stessa qualità, ed è per questo che io lo consiglierei come ultima scelta. Controindicazioni= gravidanza, allattamento, associazione con statine. Dose consigliata 3 compresse al dì allo 0,4% x 2 mesi.
Policosanoli “octa60”=POLICOSANOLI “OCTA 60” sono un’insieme di alcoli alifatici ad alto peso molecolare isolati dalla canna da zucchero, il cui componente principale è l’octacosanolo. Non se ne conosce ancora l’esatto meccanismo d’azione, anche se la sua attività inibitoria sull’HMG-Co-A-reduttasi appare trascurabile ; tali composti sembrano non tanto limitare la sintesi del colesterolo, quanto favorirne l’eliminazione. Per octa 60 si intende il prodotto standardizzato al 60%. La sua efficacia è uguale a quella del monascus, ma con un’azione sull’HDL decisamente migliore. Rispetto alle statine offre un maggior effetto nell’abbassare l’LDL e nell’innalzare l’HDL; ciò si associa a una maggior inibizione dell’aggregazione piastrinica (pari a 100mg di ASA) e a una minor proliferazione delle cellule muscolari lisce della parete arteriosa, primo step della malattia . L’associazione di policosanoli con monascus è consigliata nei casi di ipercolesterolemia associata a ipertrigliceridemia; si è osservata, infatti, solo una ridotta attività dei policosanoli sui trigliceridi plasmatici, a differenza di quanto osservato con monascus.
Vite rossa=SUCCO D’UVA Da tempo è noto che il succo d’uva, consumato regolarmente, riduce l’adesione piastrinica, ma nel 1999 è stato dimostrato che, assunto per 2 settimane, rallenta l’ossidazione delle LDL, reazione fondamentale nello sviluppo delle patologie delle arterie. Il merito è dovuto ai flavonoidi presenti nel succo d’uva e anche nel vino rosso. La quantità di flavonoidi è 7 volte più elevata nell’uva rossa rispetto all’uva bianca. Circa 1/3 di questi pigmenti si trova nei semi.
Cannella= uno studio pubblicato nel 2003 ha analizzato l’uso della cannella a dosi variabili tra 1 e 6 g/die per almeno 40 giorni: i risultati sono stati incoraggianti; si è ottenuta una riduzione dei trigliceridi pari al 20-25%.
Plantago ovata=PLANTAGO OVATA alla dose di 15 mg assunta insieme a simvastatina ha permesso di ridurre i dosaggi del farmaco; resta ancora da fare uno studio più ampio.
Altre piante=
BARBABIETOLA e il BACCELLO DI FAGIOLO possono fornire fibre e proteine ad attività ipoglicemizzante e regolatrici della funzione intestinale. MEDICAGO SATIVA (o erba medica) utile sia per la sua alta % in fibre sia per le sue saponine triterpeniche, cumarine, isoflavoni, il tutto a effetto ipolipemizzante. Mentre l’erba medica ha più efficacia nell’abbassare il col, la gomma di GUAR ce l’ha nell’abbassare i trigliceridi.
CRISANTELLUM, CURCUMA, GYMNEMA, LIMONE OE, PILOSELLA, ROSMARINO, TARASSACO
STOP
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