domenica 13 settembre 2009
LEI e LUI
LEI e LUI
In questo capitolo voglio solo introdurre l’argomento problemi di coppia.
Sottolineo che la vita di coppia per fortuna non è la tragedia che vado a descrivere in questo capitolo, anzi spesso è una meravigliosa fonte di crescita, energia e gioia. Sottolineo che la costruzione di una vita di coppia è una necessità imprescindibile per la maggioranza di noi esseri umani.E’ la costruzione di base del nostro nido, che poi potrà essere arricchito dai figli o meno.
Per coloro che, invece, si riconoscono nelle dinamiche di cui parlo, questa introduzione può essere utile a riflettere sul proprio caso e a meglio comprendere le somatizzazioni specifiche che descriverò nel prossimo capitolo.
Ecco un famoso racconto di Oscar Wilde:
L’Usignolo e la Rosa
- Ha detto che ballerà con me se le porterò delle rose rosse – si lamentava il giovane Studente – ma in tutto il mio giardino non c’è una sola rosa rossa.
Dal suo nido nella quercia lo ascoltò l’Usignolo, e guardò attraverso le foglie, e si meravigliò:
- Non ho una rosa rossa in tutto il mio giardino! – si lamentava lo Studente, e i suoi begli occhi erano pieni di lacrime.
- Ah, da qual sciocchezze dipende la felicità! Ho letto gli scritti di tutti i sapienti, conosco tutti i segreti della filosofia, ciononostante la mancanza di una rosa rossa sconvolge la mia vita!
- Ecco finalmente un vero innamorato – disse l’Usignolo. – Notte dopo notte ho cantato di lui, nonostante non lo conoscessi: notte dopo notte ho favoleggiato la sua storia alle stelle, e ora lo vedo. I suoi capelli sono scuri come i boccoli del giacinto, e le sue labbra sono rosse come la rosa del suo desiderio; la sofferenza ha reso il suo volto simile a pallido avorio e il dolore gli ha impresso il suo sigillo sulla fronte.
- Il Principe da un ballo domani sera – sibilava il giovane Studente – e la mia amata vi andrà. Se le porterò una rosa rossa ballerà con me fino all’alba. Se le porterò una rosa rossa la terrò fra le mie braccia ed ella piegherà il capo sulla mia spalla, e la mia mano stringerà la sua. Ma non c’è una rosa rossa in tutto il mio giardino, e così io siederò solo, ed ella passerà dinnanzi a me senza fermarsi. Non avrà nessuna cura di me. E il mio cuore si farà a pezzi.
- Ecco certamente un vero innamorato – disse l‘Usignolo. – Ciò che io canto, egli lo patisce, ciò che per me è gioia, per lui è pena. Davvero l’Amore è una cosa straordinaria. È più prezioso degli smeraldi e degli splendidi opali. Perle e granati non possono comperarlo, e non è in vendita sulla piazza del mercato. Non possono comprarlo i mercanti, né pesarlo le bilance dell’oro.
- I musicanti siederanno nella galleria – proferiva il giovane Studente – e suoneranno i loro strumenti, e la mia amata ballerà al suono dell’arpa e del violino. Ballerà così leggera che i suoi piedi non toccheranno intorno. Ma con me non danzerà, perché io non ho una rosa rossa da offrirle e si gettò sull’erba, si chiuse il volto tra le mani, e versò lacrime.
- Perché piange? – chiese la Farfalla, che piroettava qua e là inseguendo un raggio di sole.
- Già, perché? – sussurrò una Pratolina al suo vicino, con voce sommessa e tenera.
- Piange per una rosa rossa – disse l’Usignolo.
- Per una rosa rossa! – esclamarono quelli. – Che ridicolaggine! – e il Ramarro, che era un po’ sprezzante, rise di gusto.
Ma l’Usignolo comprendeva il segreto dolore dello Studente, e restava taciturno sulla quercia, a pensare sul mistero dell’Amore. D’improvviso distese le sue brune ali e volò, si librò nell’aria. Passò attraverso il boschetto come un’ombra, e come un’ombra svolazzò sul giardino. Al centro dell’aiuola erbosa s’ergeva un bellissimo Rosaio, e non appena l’Usignolo lo vide volò sopra di lui e si posò su un ramo.
- Dammi una rosa rossa – supplicò – e ti canterò la mia canzone più dolce.
Ma il Rosaio scosse il capo.
- Le mie rose sono bianche – ribatté – bianche come vuole la schiuma del mare, e più bianche della neve sulla montagna. Ma va da mio fratello che cresce accanto all’antica meridiana, e forse ti darà quel che desideri.
Allora l’Usignolo volò sul Rosario che germogliava accanto all’antica meridiana.
- Dammi una rosa rossa – supplicò – e ti canterò la mia canzone più dolce.
Ma il Rosario scosse il capo.
- Le mie rose sono gialle – affermò - gialle come i capelli della sirena che siede sopra un trono d’ambra, e più gialle del narciso che sboccia nel prato prima che il mietitore giunga con la sua falce. Ma va da mio fratello che germoglia sotto la finestra delle Studente, e forse ti darà quel che desideri.
Allora l’Usignolo volò sul Rosaio che cresceva sotto la finestra dello Studente.
- Dammi una rosa rossa – supplicò – e ti canterò la mia canzone più dolce.
Ma il Rosario scosse il capo.
- Le mie rose sono rosse – rispose – rosse come i piedi della colomba, e più rosse dei grandi ventagli di corallo che oscillano nelle grotte degli oceani. Ma l’inverno ha ghiacciato le mie vene e il gelo ha dilaniato i miei boccioli, e l’uragano ha spezzato i miei rami, e non avrò più rose quest’anno.
- Una sola rosa rossa è tutto ciò che ti chiedo! – urlò l’Usignolo. – Non c’è proprio nessun sistema per averla?
- Un modo c’è – rispose il Rosario – ma è terribile che non ho il coraggio dirtelo.
- Dimmelo – implorò l’Usignolo – io non ho paura.
- Se vuoi una rosa rossa – disse il Rosaio – sei costretto formarla con la musica al lume della luna, e colorarla col sangue del tuo cuore. Devi cantare per me col petto contro una spina. Tutta la notte devi cantare per me, e la spina deve trafiggere il tuo cuore, e il tuo sangue vivo deve scendere nelle mie vene e diventare mio.
- La morte è un prezzo alto da pagare per una rosa rossa – si dolse l’Usignolo – e la vita è così cara a tutti. È dolce tardare nel bosco verde, e ammirare il Sole nel cocchio d’oro, e la luna nel suo cocchio d’argento. Dolce è il profumo della vitalba, e dolci le campanule azzurre che si celano nella valle, e l’erica che fiorisce sul colle. Ma l’Amore è più prezioso della Vita, e cos’è mai il cuore di un uccellino equiparato al cuore di un uomo?
Così piegò le ali brune nel volo, e si librò nell’aria. Passò attraverso il giardino come un’ombra, e come un’ombra volò sopra il boschetto. Lo Studente era ancora steso nell’erba, là dove lo aveva lasciato, e il pianto non s’era ancora rasciugato dai suoi occhi.
- Sii felice – gli urlò l’Usignolo. – Sii felice! Avrai la tua rosa rossa! Io la formerò con la musica al lume della luna, e la colorerò col sangue del mio cuore. Tutto ciò che ti chiedo in cambio è d’essere un vero innamorato, perché l’Amore è il più giudizioso della Filosofia, per quando saggia essa sia, e il più autorevole del Potere, per quando potente esso sia. Sono color di fiamma le sue ali, color di fiamma è il suo corpo. Le sue labbra sono dolci come il miele, e simile all’incenso è il suo alito.
Lo Studente alzò lo sguardo dall’erba e si pose ad ascoltare, ma non gli era possibile capire ciò che l’Usignolo gli diceva, dopo che capiva solo parole che sono scritte sui libri. Ma la quercia capi, e si addolorò, poiché voleva bene al piccolo Usignolo che si era costruito il nido fra i suoi rami.
- Cantami un’ultima canzone – gli bisbigliò. – Mi sentirò molto sola quando te ne sarai andata.
Così l’Usignolo cantò per la Quercia, e la voce era come l’acqua che si sparge gorgogliante da un’anfora d’argento. Finita che fu la canzone, lo Studente s’alzò, e trasse di tasca un taccuino e una matita.
- Questa creatura ha stile. Disse a se stesso – è un fatto che non si può contestare, ma avrà inoltre sentimenti? Ho timore di no. In verità, è come la maggior parte degli artisti, tutta forma, nessuna lealtà. Non si offrirebbe in sacrificio per gli altri. Pensa solamente alla musica, e tutti sanno che l’arte è egoista. Bisogna in ogni modo ammettere che ha note incantevoli nella sua voce. Peccato che non significano nulla, e non abbiamo alcun’utilità pratica. E andò in camera, e si stese sul suo piccolo letto, e cominciò nuovamente a pensare alla sua amata, e dopo un po’ di tempo, s’addormentò. E quando la Luna spiccò nei cieli l’Usignolo volò dal Rosaio, e pose il suo petto contro la spina. Tutta la notte cantò col petto contro la spina, e la fredda Luna di cristallo si chinò ad udirlo. Tutta la notte cantò, e la spina si spingeva sempre più profonda nel suo petto, e il suo sangue vitale fluiva da lui. Prima cantò dell’amore che germoglia nel cuore di un fanciullo e di una fanciulla. E sul ramo più alto del Rosaio fiorì una rosa magnifica, petalo dopo petalo come nota dopo nota. Pallida era in un primo momento, come la nebbia sospesa sul fiume, pallida come le orme del mattino, e argentea come le ali dell’alba. Come l’ombra di una rosa in uno specchio rosa che fioriva sul ramo più alto del Rosaio. Ma il Rosaio urlava all’Usignolo di premere più forte sulla spina.
- Premi più forte, piccolo Usignolo – urlava il Rosario – o il Giorno spunterà prima che la rosa sia completata.
Così l’Usignolo premette più forte sulla spina, e più forte si fece il suo canto, esseri che cantava il venire al mondo della passione nell’anima di un uomo e di una donna. Una tenue striatura rosea si sparse nei petali del fiore, simile al rossore che si spande sul volto dello sposo quando bacia le labbra della sposa. Ma la spina non era giunta al cuore dell’uccellino, e il cuore della rosa restava bianco, perché solo il sangue del cuore di un Usignolo può invermigliare il cuore di una rosa. E il Rosario urlava all’Usignolo di premere più forte sulla spina.
- Premi più forte, piccolo Usignolo, o il giorno spunterà prima che la rosa sia completata.
Così l’Usignolo premette più forte sulla spina, e la spina gli toccò il cuore, e un violento spasimo di dolore lo trafisse. Più e più penoso era il dolore, e più e più selvaggio si faceva il canto, poiché ora cantava dell’Amore che è reso perfetto dalla Morte, e dell’Amore che non muore nella tomba. E la stupenda rosa diventò vermiglia, come la rosa del cielo d’Oriente. Vermiglia la fascia dei petali intorno alla corolla, e vermiglio come il rubino era il suo cuore. Ma la voce dell’Usignolo si fece più debole, e le sue piccole ali iniziarono a sbattere, e un velo discese suoi occhi. Più e più debole si fece il suo canto, e qualche cosa lo soffocava in gola come un pianto convulso. Allora proruppe in un ultimo slancio di musica. La bianca Luna lo ascoltò, e dimenticò l’alba, ed esitò nel cielo. La rosa rossa lo udì, e fremé tutta d’estasi, e aprì i suoi petali alla fredda aria del mattino. L’eco e il ripetè nel suo antro color porpora sui colli, e risvegliò dai loro sogni i pastori dormienti. Ondeggiò fra i giunchi del fiume, ed essi portarono il suo messaggio al mare.
- Guarda! Guarda! – gridò il Rosario – la rosa è perfetta, ora!
Ma l’Usignolo non rispose, perché stava steso morto nell’erba alta, con la spina nel cuore. A mezzogiorno lo Studente aprì la finestra e guardo fuori.
- Che sbalorditivo colpo di fortuna! – disse con enfasi. – Una rosa rossa! Non ho mai visto una rosa come questa in tutta la mia vita. È così bella che senza dubbio avrà un lungo nome latino – si sporse, e la colse.
Poi si mise il cappello, e corse a casa del Professore con la rosa in mano. La figlia del Professore sedeva in veranda, aggomitolando della seta azzurra su un arcolaio, e il suo cagnolino le stava disteso ai piedi.
- Avevate promesso di ballare con me se vi avessi portato una rosa rossa – urlò lo Studente – ecco la rosa più rossa di tutto il mondo. La porterete stasera sul cuore e mentre danzeremo insieme vi dichiarerà quando vi amo.
Ma la ragazza corrugò la fronte.
- Temo che non sia adattata al mio vestito – rispose – e poi, il nipote del Ciambellano mi ha mandato in dono dei gioielli veri, e tutti sanno che i gioielli valgono più dei fiori.
- In fede mia, siete davvero un’ingrata! – disse lo Studente in un impeto d’ira; e gettò la rosa giù nella strada, ed essa cadde in un rivoletto, e la ruota di un carro vi passò sopra.
- Ingrata io? – ripetè la ragazza. – Ebbene, voi sapete che cosa siete? Un grande screanzato, in fondo, né più né meno che un semplice Studente. E non credo neppure che abbiate delle fibbie d’argento sulle scarpe come il nipote del Ciambellano.
E s’alzò dalla sedia ed entrò in casa.
- Che balordaggine è l’Amore! – disse lo Studente andandosene. – Non è utile neppure la metà della Logica, perché non esprime nulla, promette sempre cose che non si concretizzano e fa credere in cose che non sono vere. In effetti, non è per niente pratico, e siccome nel tempo in cui viviamo la praticità è tutto, tornerò alla Filosofia e studierò la Metafisica.
Così si chiuse dentro nella sua stanza, prese lo dallo scaffale un vecchio libro polveroso, e si mise a leggere.
CONSIDERAZIONI
Questo racconto fa sorgere molti spunti di riflessione, ma nel nostro caso serve per introdurre un tema scottante. In che quantità e qualità le nostre somatizzazioni siano dovute a problemi nella sfera sentimentale.
Raramente ne parliamo con il medico.
Eppure , più della metà dei nostri problemi di salute sono legati a questo aspetto della nostra vita e ben conosciuti e ripetuti con infiniti circoli viziosi nel nostro discorso interiore.
In questo racconto emerge anche l’aspetto doloroso di quella che io chiamo fase1 di una coppia.
L’equivoco fondamentale sta nel credere che l’altro sia qualcosa (non nel senso di oggetto , ma nel senso di entità) che in realtà non è.
Il secondo “errore” è quello di sacrificare una delle proprie priorità (in questa storia l’usignolo a mio avviso rappresenta lo stesso autore che assume contemporaneamente l’identità anche dello studente) per ottenere in cambio una “ricompensa” dal partner: ricompensa che non arriva mai se non in modo illusorio e passeggero.
UNA MIA TEORIA
VOLUTAMENTE MOLTO NAIF
MA UTILE PER FARE UN PROPRIO BILANCIO
Possiamo sintetizzare la storia di una coppia in 4 fasi:
(1) La fase 1= dura al massimo 2 mesi se ci si frequenta spesso. Se i due hanno impedimenti esterni dura di più, ma sempre proporzionatamente al grado di familiarità che i due raggiungono: se si vedono 30 volte in 2 anni è equiparabile ad un mese , tanto per semplificare) . In questa fase spesso va tutto benissimo. A volte va tutto malissimo, come nel racconto dell’usignolo, già sul nascere. In questo caso si imposta subito un rapporto costellato di sofferenze ma tenacissimo, oppure, fortunatamente nella maggioranza dei casi, si rompe la storia perché si riconosce la sua pericolosità.
In questo caso, le somatizzazioni corrispondono alla fase acuta dello stress, ma vengono dissipate altrettanto rapidamente e il soggetto torna presto alla serenità. Vi sono però dei soggetti che per molto tempo hanno tante storie come questa, tutte “false partenze” che alla fine lo snervano e gli fanno perdere fiducia in se stesso e nella vita in generale. In questo caso, pur trattandosi di partner diversi, lo stress comincia a cronicizzare.
A questo proposito ecco un brano molto bello, tratto sempre da Marcel Proust, ( sempre primo assoluto nella classifica dei miei scrittori preferiti) che descrive la situazione:
“ Siccome le leggi dell’attacco determinano quelle della reazione, per difendersi dalle asprezze del mio carattere tutti operavano una rientranza identica e nel medesimo punto, e in compenso approfittavano delle mie lacune per installarvi dei cunei. Queste lacune io non le conoscevo più delle sporgenze originate da esse, proprio perché erano lacune. Ma i miei domestici progressivamente corrompendosi me le resero evidenti. Dai difetti che invariabilmente loro acquisivano appresi i miei difetti naturali e invariabili, in quanto il loro carattere mi presentava una sorta di lastra negativa del mio. (...) Madame de Sazerat parlando dei domestici diceva : “che razza! che specie!” Ma devo dire che la ragione per cui non era immaginabile per me sostituire Françoise con qualche altra persona, era che anch’essa avrebbe appartenuto inevitabilmente alla razza generale dei domestici e alla specie dei miei.”
Ora questo discorso si può applicare ai partner che si susseguono nella vita sentimentale di una persona. La classica frase “perché tutti mi trattano così, sembra quasi che si siano messi d'accordo!” fa parte di un ragionamento paranoico e surreale: se diversa gente mi tratta allo stesso modo è più facile concludere che io ,tra le righe, richiedo loro di essere trattata in questo modo. Infatti il circolo vizioso si sblocca quando il soggetto diventa consapevole di se stesso e di questi meccanismi.
Fase 2 = è la fase in cui la coppia si consolida e comincia a farsi conoscere da tutti come coppia. Questa fase dura in media 2 anni, ma può durare anche di più.
In questa fase tutto sembra normale agli amici e ai conoscenti. In realtà è la fase più difficile, perché è una fase di impostazione di ruoli, di patteggiamento, di continue trattative: esplicite o implicite. E’ una fase costellata di litigi e tensioni. Anche qui secondo la quantità e qualità del rapporto, si può avere stress acuto o cronico: in genere i due tipi di stress si sovrappongono e si radicano. Quello acuto viene generato dai litigi per futili motivi (che sono la mascheratura del vero motivo) e quelli cronici dal modo in cui lui o lei (la vittima e l’aggressore sono tali specularmente l’uno dell’altro) digerisce la situazione e riesce a trasformarla. Tutto questo “travaglio” serve per decidere se rimanere stabilmente insieme o rompere la relazione. Se si resta assieme si passa alla fase 3.
Fase 3= è la fase del matrimonio. Non necessariamente i due si sposano, ma possono considerarsi sposati nel senso di intenso-legame nel loro discorso interiore.In genere questa fase dura dai 6 ai 12 anni.
Guarda caso è la durata di tanti odierni matrimoni. In questa fase lo stress è sempre cronico. Il soggetto ha deciso senza dubbio di stare con questo partner e questo partner può fargli qualsiasi cosa senza pericolo di essere abbandonato. “qualsiasi cosa” che rientri nel patteggiamento della fase precedente, ovvio. Se fa qualcosa di grave e inaspettato, ingestibile, è più facile che il castello crolli. Ma in questa fase entrambi i partner sanno bene cosa può venir tollerato dall’altro e non si spingono oltre un certo limite. Lo stress risiede nella continua ripetizione di certi comportamenti.
Fase 4= La fase rimanente che può durare altri 10 anni o per tutta la vita. E’ la fase in cui entrambi si sono “stancati di farsi male” e patteggiano rapidamente nuovi schemi per il loro rapporto. Questa in genere è una fase molto felice , che però può sconfinare nella noia, nella depressione o nella pacifica vita da separati in casa. Quando ciò accade lo stress che subentra è maggiore come quantità, rispetto ai precedenti.
STOP
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Informazioni personali

- Marina Salomone
- Mi occupo di terapie olistiche dal 1983. Hobby principale il disegno: sono su Flickr sotto il nome di Marina Salomone
per chi fosse interessato a trattare questi argomenti in maniera più appofondita c' è sempre il mio sito web ufficiale: www.GurudiTamara.com
ahimè non posso rispondere su questo tema, non mi è stato concesso di riuscire ad arrivare i 10 anni, nè con il primo marito per via del suo andarsene di casa nè con il secondo per colpa di una malattia mortale, l'ultima relazione è stata a distanza e quindi non corrisponde al tipo di relazione che descrivi tu, confesso che ogni tanto ci penso a come sarebbe stato se......
RispondiEliminaevidentemente non era scritto per me di avere una vita di coppia
Carissima Zefi, in questo caso vuol dire che con il primo sei arrivata alla fase 3 , che invece di passare alla 4 si è conclusa: infatti ogni passaggio di fase comporta o il proseguimento o la rottura.Con il secondo in un certo senso sei ancora alla fase 4, quella che dura per sempre.Anche se hai avuto e avrai altri partner significativi, la morte del marito è un tipo nuovo e permanente di legame con lui: una parte di lui continua a essere sempre presente in te. Ovviamente lo dico nel senso positivo: queste 4 fasi secondo me esistono sempre. Quando sono vissute in negativo generano stress.Sei molto solare (mi ripeto spesso con te ma non mi viene un altro termine) e quindi sono certa che tu abbia tratto nuove forze anche dalle esperienze dolorose.
RispondiEliminaA presto sul tuo blog :-)))