SALUTE E MALATTIA
Da tempo vi propongo articoli su diverse patologie e metodi di cura: credo sia ora di dire qualcosa in più su come si pone la visione olistica nei confronti del concetto stesso di salute e malattia.
Questo è un argomento tanto semplice all’apparenza, quanto complesso se chiediamo a ogni medico e operatore sanitario cosa ne pensa.
Per questo motivo mi propongo di parlarne ancora, dato che in un solo articolo non posso esaurire tutti i ragionamenti e le variazioni-divagazioni sul tema.
Il modo di vedere questo concetto, ha rapporti anche con il modo di vedere anche riguardo a tutti gli altri argomenti della vita, dalla sociologia alla politica, dalla religione alla scienza, dall’ecologia all’economia ecc ecc
In questo primo articolo voglio porgervi il mio punto di vista con le parole di un “esperto”. Anche nei prossimi che di tanto in tanto dedicherò all’argomento, lo farò con parole altrui, non solo perché lo spiegano meglio di come farei io, ma anche per indicarvi delle letture interessanti!
Riporto qui il testo, leggermente riassunto e semplificato, dell’articolo “ Un metodo all’altezza dell’oggetto”, trovato sulla rivista Farmacia Naturale-ottobre 1998, che avevo letto e conservato. Si tratta di un brano estratto dal libro di Paolo Bellavite dal titolo “Biodinamica”
“premessa sull’autore.
Il libro di cui parliamo è “Biodinamica” .
La biodinamica è una disciplina che si propone di integrare i molteplici livelli di descrizione dell’essere vivente elaborati dalle scienze biomediche, armonizzandoli secondo l’ottica della complessità in vista di una medicina finalmente capace di rispondere al suo oggetto: l’essere vivente come sistema aperto. Il testo è articolato in 3 parti. La prima espone i fondamenti teorici dell’approccio integrato. La seconda utilizza le nozioni esposte nella sezione precedente per sviluppare la costruzione di una clinica nella complessità. La parte conclusiva attraverso un raffronto tra medicina convenzionale e non convenzionale prefigura una sintesi in cui riduzionismo e olismo concorrono a formare un nuovo atteggiamento verso il malato e la malattia.
PAOLO BELLAVITE è medico, ematologo, professore associato di patologia generale presso l’università di Verona. Ha conseguito il master in biotecnologia presso l’università di Granfield (inghilterra). E’ autore di oltre 120 pubblicazioni scientifiche in campo immunoematologico e sui meccanismi dell’infiammazione. Da alcuni anni si occupa di medicina complementare.
TESTO DELL’ARTICOLO
la complessità e dinamicità dei processi patologici può essere considerata non solo per l’instaurarsi di un disordine strutturale nelle relazioni (reti) tra le varie loro componenti (molecole, cellule, organismo intero ecc), ma anche per la loro evoluzione temporale. Nell’andamento di una tipica malattia possiamo distinguere vari fenomeni e varie fasi che si susseguono. Solo comprendendo i nessi di causalità che legano tali fenomeni e la loro catena conseguenziale si ha un quadro attendibile della malattia, e solo sulla base di quest’ultimo si può impostare una terapia.
Quadro fisiopatologico generale. Cause varie di diversi tipi ( fattori chimici, fisici, biologici, carenziali ecc ), se riescono a superare le barriere naturali e i primi sistemi di difesa, provocano un danno biochimico, strutturale e/o funzionale. Ad ogni tipo di danno (perturbazione dello schema strutturale o funzionale omeodinamico) segue una fase di reazione dei sistemi deputati alla conservazione ed al ripristino della integrità biologica (sistemi biologici omeodinamici, chiamati comunemente anche sistemi omeodinamici di controllo dell’integrità biologica). Tali sistemi occupano quindi una posizione centrale nella dinamica evoluzionistica di una malattia: un buon funzionamento conduce ad una risposta adattativa efficace (adattamento fisiologico), quindi alla difesa, alla riparazione ed alla guarigione.
Quasi sempre, la guarigione lascia rafforzato il sistema o qualche sua componente. E’ anche possibile, d’altra parte, che i sistemi reattivi possano di per sè provocare ulteriore danno, innescando una sorta di feed-back positivo patologico. Ovviamente, se il danno, diretto o indiretto, è molto grave o irreversibile, si entra in un quadro di non ritorno che può portare alla morte o alla presenza di invalidità permanenti (stati patologici).Vi è un’altra possibile evoluzione del quadro fisiopatologico- tipo: l’adattamento patologico. Esso rappresenta un’evoluzione in un certo senso intermedia tra guarigione e continuo peggioramento autoindotto, configurandosi come un nuovo stato di “pseudonormalità”, adattata alle mutate circostanze.
Ad esempio, se vi è stato un danno polmonare che ha ridotto la superficie di scambio alveolo-capillare, il sistema omeodinamico che controlla il livello di ossigenazione reagirà con produzione di un maggior numero di globuli rossi (poliglobulia). La poliglobulia non è normale in soggetti che non soggiornino in alta montagna, ma non si può neanche considerare uno stato patologico permanente, anche se si tratta di una modificazione a lungo termine. Se per ipotesi si riuscisse a far regredire il quadro polmonare, la poliglobulia scomparirebbe. Altri esempi di adattamento potrebbero essere l’ipertrofia cardiaca e le modificazioni della funzionalità renale in corso di ipertensione, la linfoadenomegalia del bambino esposto a continua stimolazione immunologica, l’iperinsulinemia nell’obeso, l’ipercheratosi cutanea a seguito di continuo sfregamento ecc. Anche i depositi patologici che si riscontrano nell’aterosclerosi, nell’amiloidosi, nelle glicogenosi, o lipidosi, nelle calcificazioni eterotopiche ed in molte altre situazioni patologiche delle malattie croniche, possono essere considerati adattamenti del tessuto in sede locale, le cui cellule cercano di confinare o impacchettare il materiale che non riescono a metabolizzare. Anche nell’adattamento patologico c’è quindi un finalismo difensivo, ma esso è solo parziale, in quanto è limitato ad un settore anatomico o a un certo periodo. L’economia generale dell’organismo è profondamente alterata, ma il sistema tollera questa situazione abnorme come un apparente e provvisorio equilibrio. Tuttavia la patologia è presente e continua il suo corso, quindi prima o poi il disordine omeodinamico si ripercuote su altri sistemi fino ad innescare problemi non più gestibili con aggiustamenti, quali necrosi cellulare, emorragia, embolia ecc. Si entra in un nuovo attrattore, che definiamo malattia cronica. L’adattamento consente di convivere con la malattia, ma rappresenta in un certo senso la rinuncia alla guarigione completa. E’ chiaro che nella strategia terapeutica che tende a portare l’organismo del paziente verso la guarigione devono essere cercati interventi tesi a rimuovere o bypassare i blocchi costituiti dall’adattamento. La malattia cronica non è quindi assolutamente ed inevitabilmente irreversibile, ma la reversibilità è sempre molto difficile in assenza di corretti rimedi che aiutino il sistema a cambiare struttura e comportamento.
Gran parte dei segni e sintomi della malattia e delle altre manifestazioni rilevabili con esami di laboratorio e strumentali, derivano non tanto dal danno diretto dell’agente eziologico, quanto dalle reazioni dell’organismo, sia di tipo attivo (fasi acute) che adattativo (fasi croniche). I sintomi sono espressioni della malattia ma non sono la malattia. Ciò è molto importante perché un corretto intervento regolatore a livello dei sistemi omeodinamici (terapia) deve tener conto del significato espressivo dei sintomi e non considerarli solo come i fenomeni patologici, da eliminare ad ogni costo.
Fasi evolutive. Un altro aspetto è quello che tradizionalmente distingue varie fasi dei processi patologici per il loro andamento temporale e la loro evoluzione..
Malattie indotte da ripetuti eventi stressanti o dannosi
Si ha una prima reazione dell’organismo ad un insulto patogeno di modesta entità (piccolo stress di vario tipo). Tale reazione minore decorre acutamente nel giro di poche ore o pochi giorni, mobilitando il sistema di difesa in modo subclinico, nel senso che si svolge prevalentemente senza provocare una “malattia”. Fenomeni di questo genere avvengono continuamente anche nei soggetti “sani”, per il semplice fatto che ogni individuo è esposto a stress ambientali, e che qualsiasi organismo, anche quello più sano, presenta fluttuazioni oscillanti di alcuni parametri fisiologici. Anche le oscillazioni spontanee, più o meno caotiche, dell’omeodinamica interna rappresentano un piccolo stato di sollecitazione biologico perché costringono in ogni caso a sforzi di adattamento e di compensazione. Non si tratta di una malattia clinica, nel senso che un breve e minore aumento di segni e sintomi o alterazioni laboratoristiche non ha di solito un nome nosologico, non viene “etichettato” come malattia e spesso non porta il malato neppure a chiedere l’aiuto di un medico. Tuttavia sarebbe non corretto pensare che tali variazioni quantitativamente minori non abbiano importanza. Tali fenomeni soggettivi e oggettivi si realizzano spesso, e chiunque ponga un po’ d’attenzione alle proprie sensazioni si accorge che spesso si fanno sentire sintomi quali astenia, dispepsia, palpitazioni, cefalea, dolori articolari, colpi di tosse o starnuti, insonnia, anoressia o bulimia, desiderio o avversione per qualche alimento, irritabilità eccessiva, dolori addominali transitori, variazioni dell’alvo ecc. Il fatto che questo tipo di manifestazioni rappresentino una frequente condizione di non-salute ma non configurino una vera e propria malattia con un preciso nome, si evince dal numero di pazienti che sono considerati malati immaginari ma che, in realtà, esprimono un disagio psicofisico che in qualche modo ha, o avrà in seguito, ricadute negative sul piano biologico. Il soggetto che subisce una modificazione di questo tipo non è definibile come malato, ma è più predisposto ad ammalarsi rispetto al normale; ha una tendenza ad ammalarsi. In questo stadio si potrebbe, ad esempio, inserire chi è sottoposto a superlavoro o ad alimentazione non equilibrata, chi fuma, chi è esposto a basse dosi di radiazioni non ionizzanti, o è dotato di particolari caratteri genetici statisticamente a rischio di certe malattie.Quanto questo disordine sia normale, nel senso di una semplice oscillazione reversibile di uno stato di equilibrio, e quanto sia patologico, nel senso di generare patologia in presenza di altri fattori perturbanti, è questione estremamente sottile, sfumata, tanto che spesso le stesse situazioni, anche pesanti, sono sopportate come normale retaggio della vita da alcuni soggetti, mentre sono considerate malattie serie da altri. E’ chiaro che a questo livello, l’equilibrio tra normale e patologico è estremamente precario, e l’evoluzione successiva può essere spostata da una parte o dall’altra secondo la variazione di piccoli fattori. In sintesi, quindi, partendo da un ideale stato di salute, si ha un primissimo stadio in cui un iniziale disordine, per lo più non apparente ad eccezione di sintomi molto sfumati o variazioni di parametri molto fini, rende l’organismo più suscettibile a perturbazioni indotte da agenti esterni.
Malattia acuta. Un insulto patogeno sufficientemente forte causa una serie di danni e di reazioni tali da configurare un quadro nosologico con la sua tipica o quasi tipica serie di manifestazioni. L’emergere del quadro clinico solitamente spinge il paziente a ricorrere alla medicina. Il quadro dei sintomi e delle variazioni anatomo-patologiche, unito alle analisi strumentali e laboratoristiche adatte, permette spesso di identificare la causa scatenante, per cui la malattia si definisce in modo chiaro con una precisa diagnosi clinica.
Riflettendo sulla patogenesi della malattia in un determinato soggetto, ci si può e deve chiedere: cosa distingue una prima reazione (subclinica) da una più grave, che raggiunge l’evidenza clinica? Si è stabilito che la malattia clinica è causata da uno stress sufficientemente forte; ciò è valido in linea generale, ma troppo schematico. Infatti, se è vero quanto illustrato in precedenza, le manifestazioni della malattia dipendono fondamentalmente dal tipo di risposta dell’ospite. Uno stesso stato di sollecitazione può causare differenti risposte in individui diversi: al limite, nessuna malattia in un soggetto, e malattia gravissima in un altro. Questo è il caso documentato in modo indiscutibile dalle malattie infettive: non tutti si ammalano durante un’epidemia, provocata dallo stesso agente eziologico, e chi s ammala non lo fa allo stesso modo. Lo stesso concetto si può estendere a innumerevoli campi della medicina, fino a considerare, ad esempio, il caso di un’improvvisa emozione che può uccidere un cardiopatico e far solo impallidire un soggetto normale. Quindi, anche nell’evoluzione dinamica di una malattia acuta gioca un ruolo chiave non solo l’intensità della causa ma (soprattutto) il buon funzionamento dell’insieme dei sistemi omeodinamici, così che la malattia si manifesta in modo tanto più grave quanto meno ottimale è tale funzionamento. Si arriva in pratica ad un punto di biforcazione, intendendo con ciò un momento in cui l’insieme dei sistemi deputati alla difesa ed alla riparazione può influenzare, anche con piccole e sottili differenze di comportamento, il successivo decorso della malattia stessa. Se le decisioni strategiche di tali sistemi sono ottimali, la malattia “clinica” viene stroncata sul nascere e non si manifesta neppure, oppure viene facilmente superata.
Dove stanno le decisioni dei punti di biforcazione, sensibili quindi a piccoli ma determinanti fattori di regolazione? Esse risiedono fondamentalmente nella fase delle reazioni dei sistemi biologici omeodinamici. Tali sistemi, soprattutto quello infiammatorio ed immunitario, ma anche i sistemi di detossificazione del fegato ed il sistema emostatico, e molti altri, hanno una doppia faccia, fanno guarire ma provocano anche danno. Quanto, in ogni singolo caso, prevalga il danno o la reintegrazione dello stato di salute, dipende da fini variazioni nel comportamento del sistema omeodinamico stesso. In particolare, il destino della reazione dipende dalla scelta che il sistema deve fare tra il prezzo da pagare, in termini di tossicità e di sofferenza, e le garanzie di riuscita dell’operazione in termini di sopravvivenza dell’organismo. Ad esempio, in presenza di una lesione della superficie del vaso sanguigno, i sistemi emostatici ( coagulazione, aggregazione piastrinica, aumento del connettivo e muscolatura vasale) entrano in azione per bloccare il rischio di emorragia e per iniziare la riparazione. Tuttavia, mediante gli stessi meccanismi effettori può verificarsi un evento patologico: il sistema emostatico blocca interamente la circolazione nel vaso sanguigno (trombosi, aterosclerosi). Cosa fa pendere la bilancia verso l’azione finalisticamente positiva rispetto a quella non necessaria e francamente patologica? E’ la complessità dei molteplici meccanismi in gioco. Una simile scelta infatti dipende sia dai singoli elementi (recettori, concentrazione di mediatori, presenza di sostanze chimiche esogene), sia il tipo di coordinamento esistente, da un controllo centralizzato che valuta le informazioni provenienti dai vari distretti e dai vari elementi in gioco, regolando di conseguenza l’intensità delle varie risposte. Quindi a livello di una tale biforcazione, l’esito della reazione può dipendere da un’informazione che sia significativa sul piano del coordinamento del o dei sistemi di reazione. Poiché un simile coordinamento è garantito dalle reti cibernetiche quali i sistemi nervoso ed emato-ormonale, ma anche, come si vedrà, da fini regolazioni di natura elettromagnetica e probabilmente da un sistema di regolazione che può essere assimilato ai meridiani descritti dall’antica tradizione cinese, ne deriva che un’informazione, piccola ma ben indirizzata, che raggiunga e venga decodificata da tali sistemi, potrebbe essere utile nella scelta ottimale della reazione al danno”
E su questa base agisce l’omeopatia, la terapia craniosacrale e diversi sistemi di terapia olistica, aggiungo io... ma mi sembra la logica conclusione di un discorso che ho riportato senza la conclusione del testo !!!
Forse i termini di questo articolo risulteranno complessi per i non-operatori sanitari... in tal caso ben vengano le vostre domande. E per tutti ben vengano le vostre osservazioni.
STOP
ti seguo
RispondiEliminapure io...ti leggo e ti seguo...ma che dire davanti a queste spiegazioni. SI LEGGE...
RispondiEliminaciaooo Mari