DOLORI MUSCOLARI
Recentemente ho accennato il concetto di “fascia”.
Tutti i muscoli sono rivestiti da una propria fascia detta mio-fascia dove il prefisso “mio-” sta per muscolo.
La rivista La medicina biologica riporta spesso articoli su questo argomento e da questa fonte riporto in modo
super-riassunto uno stralcio.
“SINDROME ALGICA DA TRIGGER MIOFASCIALI
Con questa definizione ci riferiamo a un gruppo di patologie definite diversamente dalla medicina ufficiale e precisamente:
(a) fibromialgia;
(b) sindrome da dolore cronico benigno;
(c) sindrome algia miofasciale.
La (a) è una forma di reumatismo non articolare caratterizzata da dolore muscolare generalizzato associato a molte aree tender; è frequentemente associata ad astenia, rigidità mattutina e sonno poco ristoratore. I test reumatici e flogistici sono costantemente negativi. Colpisce più spesso le donne; i pazienti accusano ansia, cefalea, dismenorrea , sindrome da colon irritabile e parestesie.
Spesso è associata a depressione.
La (b) è caratterizzata, oltre che dalle algie muscolo-fasciali diffuse con punti iperalgici circoscritti, da ansia, depressione e ipocondria. I sintomi sono dolori muscolari diffusi, migranti, depressione e disturbi del sonno.
La (c ) è caratterizzata da algie muscolari localizzate associate a irrigidimento e debolezza generalizzata.
Le algie muscolari sono la sede di aree trigger ben definite; può interessare un solo muscolo o essere multiregionale o generalizzata. Si associa a depressione, paura nell’affrontare l’attività motoria ed ansia, oltre a disturbi del sonno.
Nelle forme generalizzate si possono associare ipotiroidismo (anche trait ipotiroideo), deficit vitaminico, disfunzioni endocrine, anomalie posturali ed algie poliarticolari. La correzione di questi quadri associati, prima dell’intervento terapeutico specifico sulle aree trigger, è la condicio sine qua non per l’ottenimento di un risultato stabile soddisfacente.
L’età media in cui insorge questa sindrome è 44 anni; la durata media sei sintomi 5 anni; c’è un diminuito livello di attività sociale e un disuso muscolo-scheletrico per diminuzione dell’attività fisica, ed in alcuni casi disturbi gastrointestinali.
I tre quadri descritti erano stati definiti come “fibrosite” già nel 1939 da Abel, e tuttora in alcuni testi si trovano sotto questa definizione.
Molte aree trigger miofasciali corrispondono alla localizzazione di zonidi di agopuntura;
la ragione di questa sovrapposizione va ricercata in una comune localizzazione anatomica: la giunzione muscolo-tendinea, area di aumentata densità recettoriale con polimorfismo strutturale.
Inoltre, sia le aree trigger che gli agozonoidi si caratterizzano per una brusca caduta della resistenza elettrica (pozzi elettrici); tra l’altro il termine riportato negli antichi testi cinesi per indicare il punto di agopuntura è hi-shueh, che vuol dire fondo del pozzo.
Secondo la dott.ssa Travel (medico di Kennedy e poi di Johnson, che ha scritto un testo autorevole sull’argomento), ogni singola area trigger muscolare produce, a riposo o in movimento, un dolore proiettato in un’area specifica extrametamerica per ciascun muscolo. Il soggetto avverte dolore in aree non corrispondenti a quelle che ospitano il/i trigger che ha /hanno provocato il dolore; ciascun muscolo può essere sede di più trigger e, conseguentemente, proiettare a distanza più dolori, con notevole complicazione per la diagnosi topografica, poiché molte algie proiettate si giustappongono o sovrappongono. Personalmente ritengo (Milani) che si formino aree trigger là dove erano presenti nell’embrione zone mioblastico-connettivali di saldatura dei miomeri metamerici. Secondo la Travel e coll. la proiezione algica presenta caratteristiche topografiche costanti e distinte per ciascun muscolo: essi sviluppano i concetti di tutto il loro manuale secondo questo dogma, in qualche modo riproponendo il concetto relativo alle algie viscero-cutanee, ma mentre le algie viscerali proiettate anteriormente e posteriormente hanno sempre carattere metamerico, in continuità con l’interpretazione razionale neurofisiologica ed embriologica, le algie muscolari proiettate di Travel e Simons sono molto frequentemente extrametameriche.
Ma passiamo ora ad alcune importanti considerazioni:
(1) i trigger miofasciali si formano in ogni porzione del tessuto muscolare e non in aree predefinite: conseguentemente non possono essere indicati “a priori” e, quindi, non possono venir specificati su tavole anatomiche: sono variabili e come tali vanno considerati, di volta in volta, di caso in caso.
(2) Nel 90% dei casi, i trigger non proiettano dolori a distanza, né sullo stesso metamero in senso orizzontale, né su metameri distanti in senso cranio-caudale:
((a)) il soggetto avverte ed indica il dolore dove è presente l’area algogena trigger o, al massimo, nelle zone vicine; ((b)) il soggetto avverte dolore proiettato al massimo a 1-2 metameri contigui soprastanti o sottostanti, rispetto a quello sede dell’area trigger, in asse con la teoria delle 3 radici di Sherrington.
(3) La tecnica dello stretch-and-spray, sporadicamente efficace a breve termine, è pressoché inefficace a lungo termine. E’ praticamente impossibile stirare i muscoli paravertebrali. Il loro controllo è automatico (tono); il loro rilassamento volontario è impossibile (sono involontari), soprattutto se ospitano aree trigger. La formazione di un trigger ed il suo mantenimento sono mediati da riflessi spinali e reticolari. Inoltre lo stiramento di un muscolo che ospita un’area trigger è molto doloroso. Il cloruro di etile (((che è consigliato nel manuale oggetto di questa critica))) con cui “si potrebbe” inattivare un’area trigger è molto infiammabile e, se applicato a distanza inferiore a 20-30 cm per qualche secondo, può causare in soggetti anziani con cute atro-distrofica, necrosi tissutali di difficile e lenta risoluzione.
(4) Gli studi termografici (Milani 2003) ben evidenziano come ogni trigger non sia un punto bensì un’area ischemica “fredda” circondata da una zona cutanea “calda” coinvolgente ampie porzioni somatiche. L’insorgenza del dolore muscolare è legata a stimolazioni di aree relativamente vaste, dando origine ad iperalgie diffuse.
Può accadere che lungo il decorso di un nervo sensitivo o misto si organizzino due o più aree trigger muscolari: per vasocostrizione riflessa può indursi sofferenza ischemica del nervo (n); in questo caso il dolore sarà irradiato (non proiettato) lungo il decorso del n avalle del trigger: questo fenomeno di fatto si osserva frequentemente, ma si tratta di una neuropatia secondaria (esempio sindrome del nervo grande occipitale di Arnold da trigger dei muscoli retti del capo omolaterali oppure sindrome del nervo addomino-genitale da trigger del muscolo psoas omolaterale): in questi casi il dolore irradiato di tipo nevritico è circoscritto, acuto, urente e non diffuso, sordo, stringente come nel dolore miofasciale.
(...)
La terapia dei trigger è semplice: il paziente indica l’area dolente e l’operatore, dopo aver rilevato la presenza di un trigger, lo inattiva.
TERAPIA
(1) farsi indicare dal paziente le zone algiche con calma e precisione iniziando dalla muscolatura cervicale, poi dorsale e lombare; prima la muscolatura paravertebrale involontaria (staturale) e poi quella volontaria (cinetica); l’inattivazione dei trigger paravertebrali risolve almeno il 70-80% di tutta la patologia algica lamentata: ecco perché la stazione eretta e la muscolatura involontaria paravertebrale sono state trattate in dettaglio nella prima parte di questo articolo.
(2) segnare con matita dermica tutte le aree algiche indicate dal paziente;
(3) attendere qualche minuto e ripetere iniziando dalla muscolatura lombare, poi dorsale e cervicale e ricontrollare se tutte le aree siano state reindicate. In questa fase può succedere che non tutte le aree vengano confermate oppure se ne possono aggiungere altre;
(4) segnare con matita le eventuali aree aggiunte;
(5) palpare col polpastrello del primo dito o con un piccolo cilindro di plastica o gomma dura (no metallo) del diametro di 2 cm ciascuna area segnata facendo scorrere il polpastrello sulla cute e sui piani di clivaggio sottostanti. La palpazione deve essere non molto profonda, precisa e sicura;
(6) segnare con matita le aree trigger più dolorose (per le prime sedute andranno trattate solo queste; nelle successive verranno prese in considerazione anche le altre);
(7) la zona algica indicata dal paziente corrisponde a un vero trigger se:
(a) ispettivamente il muscolo in toto che ospita il trigger è più contratto dell’omonimo controlaterale ed appare più accorciato e gonfio;
(b) palpatoriamente si presenta come: una bandeletta di consistenza teso-elastica, circoscritta, di non più di 2 cm di diametro, che scatta alla palpazione, oppure come un lieve affossamento del tessuto (un trigger funzionale determina una ipofunzionalità muscolare in toto con subtrofia fibrale e sostituzione del miotessuto con connettivo fibrillare lasso o adiposo subfasciale).
(c) elicitazione di un dolore circoscritto, sordo, profondo (è veicolato dalle fibre amieliniche di piccolo calibro c) provocato dalla stimolazione meccanica di una flogosi “fredda”.
La diagnosi differenziale tra trigger miofasciali e dolore riferito viscerale deve essere sempre fatta in quanto eventuali patologie viscerali possono “accendere” un trigger o slatentizzarne uno già presente, non ancora clinicamente attivo.
NB i cardini della flogosi calda sono rubor-tumor-calor, quelli della flogosi fredda sono dolor e functio laesa.”
L’articolo continua indicando i rimedi omotossicologici da iniettare localmente a livello ambulatoriale e quelli che il soggetto deve prendere come terapia domiciliare.
“FIBROMIALGIE sono manifestazioni dolorose muscolari caratterizzate da contrattura dolorosa; in particolare interessano i muscoli paravertebrali cervicali o lombari. Si manifestano soprattutto dopo esposizione ad aggressioni atmosferiche, movimento brusco, mantenimento prolungato di alcune posture o in condizioni di stress.
Noi consigliamo una terapia a base di oligoelementi e precisamente un trattamento di fondo con Mn-Co 1 dose al dì o 3 volte a settimana; è il complesso indicato nelle distonie neurovegetative e in numerose condizioni conseguenti allo stile di vita. Trattamento complementare con Mg 1 dose a gg alterni, è l’elemento specifico dei dolori muscolari; FOSFORO 1 dose a giorni alterni, perché manifesta attività complementare a quella del Mg e Li 1 dose al dì indicato nei dolori accompagnati da ansia e depressione.”
STOP
L’estratto riportato qui proviene da uno stralcio di appunti per cui non sono sicura di citare la fonte esatta, ma mi pare si tratti di un articolo del Dr. L.
Milani dal titolo "OMEOSINIATRIA E TRIGGER MIOFASCIALI: UN'ACCOPPIATA VINCENTE" su La Medicina Biologica, GUNA EDITORE aprile-giugno 2003.
un saluto e post molto importante per la salute
RispondiEliminaSicuramente questo è un tema per me molto interessante, perchè ho proprio un familiare che soffre non proprio di fibromialgia, che da quel che ho capito colpisce persone più giovani, ma di polimialgia, malattia che dà sintomi molto simili. Purtroppo l'unica cura proposta dai medici è il cortisone, ma se anche ci fossero alternative "olistiche", prima bisognerebbe vincere le resistenze del paziente e non sempre è facile...Ciao, Marina.
RispondiEliminaE' vero che in questi casi, i consigli sono sempre per l'utilizzo del cortisone con conseguenze varie.
RispondiEliminaUna maggiore conoscenza potrebbe rendere il tutto affrontabile in altri modi.Grazie Mari
ciaoooooooooo
Sempre molto interessanti le notizie che riporti Marina.
RispondiEliminaSempre meglio prevenire, articolo molto completo. Grazie!
RispondiEliminaGrazie Giorgio!
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