ANORESSIA parte prima
Nella mezz’ora di intervallo tra un paziente e l’altro, quel giorno Tumis decise di rilassarsi: infatti aveva appena finito di trattare un paziente con notevoli disturbi psichici, uno di quelli che lei definiva “predatori di energia”.
Se ne stava così comodamente sdraiata sul lettino a far vagare la mente senza formulare pensieri.
Così, dal nulla mentale in cui si trovava, venne a galla il ricordo di un giorno lontano in cui, tredicenne, aveva sentito parlare per la prima volta di anoressia. Si trovava in casa della zia So-tutto-io; stavano sfogliando un album di foto di morti. La zia teneva in un appostito album tutte le foto formato ricordo che le venivano date in occasione dei funerali di amici e conoscenti.
Era per Tumis un classico momento magico, dato che tutte quelle vite e rispettivi modi in cui erano finite, di persone a lei sconosciute, le venivano narrate in modo riassunto e colorito dalla zia.
Ad un certo punto attirò la sua curiosità la foto di una ragazza di circa 16 anni, con grandi occhi sognanti e un aspetto che ricordava quello di certe dive del cinema muto.
La zia le raccontò che era morta perché mangiava poco, sempre meno; i genitori della ragazza avevano consultato molti medici, ma non ci fu niente da fare. In pochi anni era ridotta pelle ed ossa e una mattina la trovarono morta nel suo letto.
“ In questa foto -- disse la zia-- stava ancora bene. Il suo è stato stato un lento suicidio... per motivi misteriosi.... chissà, forse il Signore l’ha voluta presto con sé, dato che era molto devota, quasi una mistica”.
Tumis era rimasta molto colpita da quella storia.
Ora, dopo 40 anni circa, riemergeva così, dal nulla.
Nel frattempo suonò il citofono: erano la madre e figlia con cui aveva appuntamento e che non avevano specificato nulla al telefono: ma , dato che il caso non esiste, indovinate per quale disturbo erano approdate da Tumis? L’anoressia!!!
Considerazioni
Nel porre una diagnosi di anoressia bisogna fare molta attenzione a non equivocare dei comuni comportamenti reattivi tipici dell’adolescenza o di una recente crisi esistenziale con un disturbo psichiatrico-metabolico vero e proprio.
Immaginiamo solo per un attimo che tipo di danno si creerebbe nel caso in cui venisse considerato depresso chi, avendo subito la perdita di una persona cara, manifestasse un comportamento di tristezza chiamato di "lutto". Gli effetti di un simile equivoco sarebbero devastanti, e sarebbe la terapia stessa a produrre uno stato patologico: si etichetterebbe come depressogeno ciò che invece è una normale reazione di difesa dell'organismo, certo simile, ma non uguale allo stato depressivo. Infatti chi subisce una grave perdita è particolarmente triste, non riesce a vedere alcuna via d'uscita, si isola, perde ogni interesse, ma non è un depresso: dopo una fase più o meno lunga, all'incirca sei mesi, tali manifestazioni passano e si ritorna gradualmente alla normalità, magari rafforzati dall'esperienza dolorosa.
Parimenti, nel trattamento dell'anoressia non bisogna curare tutto quello che si vede, perché alcuni aspetti hanno una risoluzione spontanea - come il ritorno del ciclo mestruale e il desiderio di stare con gli altri dopo l'aumento di peso - altri aspetti invece vanno trattati da personale medico competente.
A questo scopo mirano le linee guida attualmente stabilite per la diagnosi.
In realtà la situazione presenta molte sfumature e l’arte medica consiste proprio nel capire già all’inizio quali sono i probabili esiti di un disturbo dell’alimentazione con comportamento anoressico. Tuttavia poco sotto elencherò questi criteri e anche gli effetti devastanti della malattia affinché chi ne soffre possa intravedere per conto suo (togliendo l’elemento di sfida e di giudizio di cui si sentirebbe investito se questi dati gli fossero comunicati da un genitore premuroso) se fa parte della categoria.
In generale l’anoressia è una malattia da considerare “grave” perché:
(1) si presenta in modo insidioso e spesso quando si vuole correre ai ripari si sono già instaurati danni notevoli
(2) il/la paziente non solo non collabora alla cura, ma cerca di sabotarla... per certi aspetti è più facile uscire da una tossicodipendenza che da un’anoressia.
Dal mio punto di vista è già un successo se la paziente riesce a mantenere un peso accettabile e compatibile con la salute se pure al di sotto della norma.
Un fenomeno che si verifica frequentemente è quello opposto cioè il raggiungimento di un notevole sovrappeso.
(3) la medicina è ben lontana , più che in altre patologie, dal comprenderne tutti i meccanismi di innesco e mantenimento.
Quindi la premessa non può essere altro che consigliare una psicoterapia a cura di un esperto e, parallelamente, l’attuazione di tutte le altre terapie di sostegno fisico, che vengono attuate in ambito ospedaliero se si manifestano i sintomi gravi o a casa secondo le prescrizioni di un medico internista, se i sintomi sono gestibili in ambito domestico.
Nei casi in fase iniziale , quando ci si accorge del comportamento anomalo della paziente, la terapia olistica, parallelamente al supporto psicologico, può essere risolutiva.
FITOTERAPIA
ARTEMISIA VULGARIS e’ la pianta di prima scelta per
la donna magra, demineralizzata, con amenorrea legata a carenza gonadotropinica e in particolare ad ipoluteinismo. L’Artemisia (o Amorella) ha proprieta’ estrogeniche, luteotrope, emmenagoghe, coleretiche, amaro-tonico digestive. E’ particolarmente utile nell’oligomenorrea, nell’amenorrea da carenza estrogenica in costituzioni fragili con tendenza alle iperidrosi, parassitosi intestinali soprattutto nei disturbi del ciclo legati ad insufficienza del corpo luteo. La posologia e’ di 30 gtt di TM tre volte al giorno nella decade precedente la comparsa del ciclo mestruale, riducendole a 30gtt una sola volta al giorno negli altri giorni. E’ utile anche nell’anoressia nervosa delle donne affette da menopausa precoce senza evidenti vampate di calore, soprattutto se di costituzione fosforica.
AVENA SATIVA agisce a tutti i livelli del sistema endocrino, in particolare promuove la secrezione di estrogeni; sul SNC ha effetto sedativo, sui muscoli effetto anabolico e quindi è particolarmente
utile nell’astenia psicofisica e nell’anoressia. Di prima scelta nelle donne fosforiche. La presenza di importanti sali minerali (silicio, calcio,
manganese, zinco, magnesio, potassio) rende la pianta un ottimo rimineralizzante. L’astenia neurodistonica, l’insonnia da stress e l’astenia da surmenage fisico ed intellettivo sono le altre indicazioni della pianta. Posologia 40 gtt di TM due volte al giorno per venti giorni di terapia.
BALLOTA FETIDA (detta anche Marrubio nero) ha è indicata per il soggetto che manifesta comportamenti paradossali e contraddittori. Nelle turbe dell’alimentazione sia adolescenziali che della menopausa la pianta, che omeopaticamente è correlata a Ignatia, è utile nelle forme iniziali di anoressia-bulimia soprattutto se presente vomito sia spontaneo che autoindotto (ma per la bulimia faremo un capitolo a parte). Posologia 30 gtt. di TM due volte al giorno per circa due mesi .
ORTICA per le sue proprietà antianemiche e rimineralizzanti. Posologia 30 gtt. di TM due volte al giorno per due mesi di terapia.
EQUISETO (coda cavallina) è un ottimo rimineralizzante ad azione trofica sulla corteccia surrenale. Anche questo di prima scelta nella costituzione fosforica. Stessa posologia in TM dell’Ortica Dioica alla quale va spesso associata.
MELISSA ha proprietà sedative, antidepressive, antispasmodiche specie nei soggetti fosforici magri con tendenza all’ipertiroidismo. Quest’ultima azione è dovuta molto probabilmente all’acido rosmarinico che ha un'attività sulla tiroide grazie all’inibizione del legame dell’ormone TSH con i recettori di membrana.
GEMMOTERAPIA
(1)Per anoressia nervosa con nevrosi fobiche e
nevrosi ossessive compulsive: Prunus Amygdalus
(2) per le forme di anoressia con claustrofobia, agorafobia, attacchi di panico: Acer campestris
(3) per le forme conseguenti a trauma cranico o lesioni a livello diencefalico: Ficus Carica
(4) per le forme accompagnate da ansia e insonnia:Tilia tomentosa
Per tutti questi macerati la posologia e’ di 50 gtt due volte al giorno per due mesi di terapia.
OMEOPATIA
SILICEA
AMBRA GRISEA
NATRUM MURIATICUM
SEPIA
KALI PHOSPHORICUM
ABROTANUM
PHOSPHORICUM ACIDUM
IODUM
STAPHYSAGRIA
LYCOPODIUM
ARSENICUM ALBUM
CROCUS SATIVUS
IGNATIA
MOSCUS
THUYA
NATRUM SULFURICUM
ANACARDIUM
Criteri diagnostici
(DSM-IV):
a questo proposito ecco uno stralcio di un articolo del Dott. Marco Baranello (Psicologia comportamentale):
“
A) Rifiuto di mantenere il peso corporeo al di sopra o al peso minimo "normale" per età e statura (per esempio perdita di peso che porta a mantenerlo al di sotto dell'85% rispetto a quanto previsto, oppure incapacità di raggiungere il peso previsto durante il periodo di crescita in altezza, con la conseguenza che il peso rimane al di sotto dell'85% rispetto al previsto)
B) Intensa paura di acquistare peso o di diventare grassi, anche quanto si è sottopeso.
C) Alterazione del modo in cui il soggetto vive il peso o la forma del corpo, o eccessiva influenza del peso e della forma del corpo su i livelli di autostima, o rifiuto di ammettere la gravità dell'attuale condizione di sottopeso.
D) Nelle femmine dopo il menarca, amenorrea, cioè assenza di almeno tre cicli mestruali consecutivi (in assenza di altre condizioni in grado di giustificare l'assenza). (Una donna viene considerata amenorroica se i suoi cicli si manifestano soltanto a seguito di somministrazione di ormoni, per esempio estrogeni).
Lo psicologo che si trova di fronte ad un paziente con possibile diagnosi di anoressia nervosa dovrà specificare se il disturbo si presenta:
con restrizioni: nell'episodio attuale di anoressia il soggetto non ha presentato regolarmente abbuffate o condotte di eliminazione (per esempio vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi).
con abbuffate/condotte di eliminazione: nell'episodio attuale di anoressia nervosa il soggetto ha presentato regolarmente abbuffate o condotte di eliminazione.
Per esperienza clinica abbiamo notato che i soggetti anoressici restrittivi ovvero le persone, soprattutto donne, che rifiutano il cibo, nonostante la sensazione di fame (è proprio la resistenza alla fame che dà la prima sensazione di euforia, di capacità di controllo ed è spesso proprio questa sensazione quella patogenetica) presentano sintomi, tratti o disturbi di personalità conclamati soprattutto del gruppo "ansioso" e nello specifico disturbo ossessivo-compulsivo di personalità.
Le anoressiche, soprattutto se restrittive, tendono a presentarsi come persone estremamente dotate, intelligenti, capaci. A scuola ottengono generalmente buoni se non ottimi risultati. Quando questo accade l'ipotesi di un disturbo ossessivo-compulsivo di personalità sottostante è da tenere maggiormente in considerazione.
In realtà il paziente con diagnosi di anoressia è probabile che non abbia potuto sperimentare e sviluppare un controllo interpersonale nei confronti delle figure significative di riferimento (in particolare i genitori). Significa che non c'è stata la possibilità, soprattutto nelle prime fasi dello sviluppo psicologico, di sperimentare quello che in psicologia viene definito “senso di volizione” ovvero la sensazione di essere noi, con comportamenti e pensieri, a condizionare gli eventi.
Questo porta il paziente anoressico a rivolgere il proprio controllo su se stesso e sul proprio corpo.
Non mangiare significa per il paziente con diagnosi di anoressia sentire che agisce un controllo volontario superiore ad una spinta "fisiologica" dell'organismo. Questo offre sensazione di potere. In genere nelle prime fasi dello sviluppo patologico c'è un picco di euforia che scaturisce proprio dalla sensazione di gestione e controllo.
Poi si passa inesorabilmente vero una fase più cupa in cui tutta l'attenzione sarà posta sull'essere malati, sul sentirsi malati. Non tanto perché ci si può rendere conto di essere anoressici, ma quanto perché sono gli altri, familiari e partner in testa, che ce lo ricordano costantemente.
La paura per un processo che tende verso la cronicizzazione e l'irreversibilità porta chi ci sta intorno a cercare di fare qualcosa per aiutare a risolvere un problema che, però, per l'anoressica non è così grave come sembra agli altri.
A questo punto c'è una lotta che si crea tra il paziente e gli altri. Il sintomo per il paziente è una conquista e più si andrà contro tale conquista anche se patologica e disfunzionale, maggiore sarà la possibilità che il sintomo si cronicizzi.
Quando il paziente con anoressia è un adolescente l'intervento psicologico parallelo sul paziente e sui genitori è auspicabile. Si chiede però al genitore uno sforzo nell'accettare a volte indicazioni che possono sembrare contrarie al senso comune.
L'intervento psicologico è mediamente breve. Nei casi di pazienti fino ai 30 anni in genere la durata media è di 15-20 sedute più un breve processo di mantenimento.
L'intervento psicologico è valido finché il paziente non abbia raggiunto il limite di peso sotto il quale è necessario il ricovero ospedaliero. La terapia psicologica è un trattamento non farmacologico.
Ricordiamo che la presenza di reflusso gastro-esofageo peggiora la prognosi.”
IMPORTANTE CARATTERISTICA-CHIAVE CHE A MIO PARERE DEFINISCE E DELIMITA IL PROBLEMA:
La persona anoressica ha una distorta immagine corporea. Essa si vede notevolmente “più grassa” di quanto non sia in realtà. Ci troviamo di fronte ad un’errata autopercezione. Si può obiettare che la percezione è sempre soggettiva e quindi è difficile stabilire il limite tra quella corretta e quella errata.
Mi spiego meglio: è come se il soggetto anoressico fosse consapevole di essere un potenziale obeso e per questo motivo cerca ossessivamente di tenere sotto controllo il suo peso, a costo di sfociare nella condizione opposta. Si tratta in questo caso, a mio parere, di un soggetto misto orale-schizofrenico secondo la classificazione bioenergetica. Come se due soggetti coabitassero nello stesso corpo: uno tende ad enfatizzare le sue pulsioni orali e l’altro tende a tenere a bada il primo...solo che non si sa chi dei due sarà più pernicioso. Guardando poi la situazione dal punto di vista dell’entità schizoide, se il soggetto tornasse al peso normale chi gli garantisce che potrà gestire tutta la violenza repressa di cui ha accantonato l’energia? Forse per lui il male minore è un dignitoso autolesionismo con cui può anche punire i suoi “vessatori”. Nell’economia dell’equilibrio di un soggetto il terapeuta può intervenire credendo di far bene e creando disastri. Per questo motivo mi sembra che il percorso di cura debba essere ragionevolmente lento e “patteggiato” con il paziente, senza la pretesa di farlo arrivare al peso-forma: basta un peso compatibile con la salute (a mio parere è accettabile un peso pari a circa 10 Kg in meno rispetto al peso forma.... così come quando si attua una dieta per l’obeso ci si può accontentare di lasciarlo in una condizione di accettabile sovrappeso pari a circa gli stessi 10 Kg... ho indicato i Kg per semplificare la comprensione...in realtà per un peso accettabile bisogna calcolare per ognuno l’indice di massa con un paio di punti più del massimo e un paio di punti meno del minimo se in queste condizioni il soggetto non soffre di alcun disturbo).
STOP
Il dott. Baranello non utilizza la psicologia comportamentale ma un nuovo paradigma teorico, molto innovativo, noto come psicologia emotocognitiva (www.srmpsicologia.com/baranello)
RispondiEliminaGrazie mille per la precisazione, i miei appunti in proposito erano, a quanto vedo, inesatti... vado a evidenziare il messaggio!
RispondiEliminaNon entro nel tua specificità, (non sono all'altezza), ma ti faccio i miei complimenti per quanto esposto a tutti noi, forse un po' ignoranti al riguardo.
RispondiEliminaciaoooo
grazie Carla, il tema è scottante in questa nostra epoca in cui l'immagine viene messa al primo posto...mi sembra doveroso almeno introdurlo :-)
RispondiElimina