ANORESSIA parte seconda
Riprendiamo l’argomento con un brano preso da qui:
http://www.iobenessereblog.it/anoressia-sintomi-fisici-e-psicologici-l-anoressia-e-una-malattia-psicosomatica-come-riconoscere-l-anoressia/2009
La fonte è ancora il dottore Marco Baranello:
“CHI SOFFRE DI ANORESSIA CERCA CONTINUAMENTE L’ APPROVAZIONE DEGLI ALTRI
L’ anoressia porta a una sorta di autodistruzione fisica e psicologica della persona che ne soffre; in realtà la ricerca accanita della magrezza è solo un tentativo di camuffare problemi di personalità nascosti.
L’ anoressica soffre di una profonda insoddisfazione riguardo a se stessa e alla propria vita; insoddisfazione che, mediante un meccanismo di spostamento, l’anoressica riversa su quell’unico spazio che è sicura di poter controllare, disciplinare, dominare: il suo corpo.
A guidare il comportamento di chi soffre di anoressia è una profonda mancanza di autostima: l’ anoressica è convinta di avere dentro di sé qualcosa di imbarazzante e malvagio che le preclude l’ accesso alle “cose belle della vita”.
Chi soffre di anoressia spesso pensa di essere inadeguato, mediocre, inferiore e disprezzato dagli altri. L’anoressica avverte che la gente intorno a lei la guarda dall’alto in basso con disapprovazione, pronta a criticarla appena possibile.
Tutti gli sforzi che l’ anoressica fa per raggiungere il “peso perfetto” servono solo a nascondere la sua inadeguatezza di fronte al mondo.
Chi soffre di anoressia sente che, per ottenere
l’ approvazione degli altri, deve sempre assecondarne le richieste, anche quando queste sono in netto contrasto con le sue aspirazioni e le sue necessità. L’ anoressica si mostra seria, responsabile, servizievole, studiosa: è la classica “brava ragazza”.
I pensieri e i progetti di un’ anoressica sono continuamente influenzati da domande tipo: “Come la prenderanno gli altri ? Cosa si aspettano che io faccia ?“.
Chi soffre di anoressia ha bisogno che i suoi sentimenti siano confermati da altre persone per poter sapere che li sta provando. L’ anoressica fa esperienza di se stessa solo come riflesso di ciò che gli altri vedono in lei, continuando a sentirsi “vuota”, un “niente”, fino a diventare una marionetta nelle mani degli altri. Tutta la vita di un malato di anoressia è volta a soddisfare solo i desideri e i bisogni degli altri.
Nella vita di tutti i giorni, l’anoressica mostra un volto sorridente e compiacente agli altri, ma nasconde una dolorosa infelicità sotto una facciata artificiale. Dato che i bisogni di un malato di anoressia passano sempre in secondo piano, un’anoressica non si sente mai amata, compresa, desiderata. E non riesce ad acquistare fiducia in se stessa.”
Credo che questo articolo descriva bene la situazione.
D’altra parte ci sono anoressici con personalità completamente diverse, così come ce ne sono alcuni nei quali la malattia è somato-psichica invece che psico-somatica.
Secondo me la patologia si può interpretare anche al contrario: il paziente anoressico in realtà è un ipotiroideo che quando si accorge che mangiando secondo la sua fame ingrassa troppo, decide di mangiare di meno, ma così facendo va in denutrizione. E’ come se il meccanismo della sua fame non fosse calibrato al reale fabbisogno nutritivo; d’altra parte trovare l’equilibrio metabolico in un paziente dove il fat-point è falsato è molto difficile perciò egli sarà più spesso sovrappeso e quando ha un forte rifiuto del sovrappeso sarà anoressico. L’anoressico che guarisce sarà di nuovo sovrappeso. Infine le caratteristiche psichiche dei due sono molto simili. Continuo a sostenere che l’anoressia non è una malattia psichiatrica ma metabolica, cui poi , come del resto nel diabete e in altre innumerevoli patologie, si sovrappone un disturbo psichico e nel peggiore dei casi psicotico.
Anche certe restrizioni nel sistema craniosacrale possono causare sintomi di anoressia e viceversa, per cui senza sapere se è nato prima l’uovo o la gallina , mi sento di consigliare come supporto anche la terapia cranio sacrale.
Ed ecco un altro brano che aggiunge nuovi “indizi”
“I soggetti anoressici sono cresciuti spesso in famiglie con forte tendenza alla ricerca del successo e grande cura delle apparenze esterne. Dietro un atteggiamento generalmente positivo, questi soggetti provano di solito sentimenti di debolezza e indegnità e si sentono obbligati a corrispondere a quanto percepiscono come una richiesta incessante di perfezione.
Il periodo in cui più tipicamente emerge l’anoressia è dopo la pubertà, quando le esigenze dell’adolescenza mettono l’individuo di fronte alla necessità di maggior indipendenza, alla sfida delle relazioni sessuali e al bisogno di perseguire obiettivi e attività autonome. Questa situazione tende ad aggravare un già profondo senso interiore di dubbio e di spregio di sé.
L’anoressia nervosa ha inizio spesso con una dieta, che all’inizio non è diversa da analoghi tentativi di perdere peso in altri adolescenti. Data però la particolare vulnerabilità della condizione dell’anoressica, il fatto di sottoporsi a una dieta genera un forte senso di autocontrollo che ha basi sia interiori che sociali; interiori, perché dà un senso di padronanza e di euforia a un individuo che in precedenza si sentiva non solo debole ma anche depresso e vuoto; sociali, perché in una cultura che valorizza la magrezza, il raggiungimento di una tale forma corporea costituisce un trionfo.
L’anoressica, inoltre, ricava una soddisfazione secondaria dal potere di manipolazione che i suoi sintomi le danno all’interno della famiglia: in una situazione in cui potrebbe sentirsi depressa, il rifiuto del cibo richiama negli altri una risposta intensa, afferma la sua presenza in un modo che non può essere ignorato.
Una volta in corso, l’anoressia, ha uno sviluppo caratteristico.
Quando la dieta si trasforma in digiuno e riduce infine alla “fame” vera e propria, l’anoressica tende ad accantonare le sue solite attività e relazioni personali, a intensificare un già eccessivo regime di esercizio fisico e può per un certo periodo, raddoppiare gli sforzi indirizzati all’ottenimento del successo. È ossessionata dal pensiero del cibo, da particolari farmaci dietetici, dai calcoli delle calorie, e dalla propria immagine riflessa nello specchio.
Nelle prime fasi della malattia, le anoressiche sperimentano spesso una sorta di euforia, generata dai risultati esteriori della restrizione alimentare e da un aumentato senso di autocontrollo. Queste esperienze sono comunque brevi: più cresce il periodo di astensione dal cibo, più è probabile che intervenga e diventi dominante un senso di depressione.
Giunta ad un certo punto della malattia, la paziente anoressica che ha perduto una rilevante quantità di peso, tenderà a giustificare la sua condizione con ogni mezzo a sua disposizione, tra cui diverse strategie di inganno e menzogna per le quali queste pazienti sono famose. Ricorrono a metodi ingegnosi per eliminare il cibo o per nascondere spaventosi livelli di dimagrimento sotto vestiti comodi. L’anoressica non si limita a ingannare gli altri, ma in una certa misura è capace di convincere sé stessa che “va tutto bene” e che non si è mai sentita meglio. Probabilmente nessun altro disturbo, tranne l’alcolismo, è tanto invariabilmente accompagnato dalla negazione della propria condizione.
Quando la paziente giunge davanti al medico, la malattia è di solito in una fase piuttosto avanzata; e ciò accade perché i familiari sperano sempre che il disturbo sia passeggero.
Sebbene in qualche caso questo possa essere effettivamente vero, e l’anoressica alle prime fasi della malattia riesca da sola a uscire dalla situazione in cui è incappata, nella maggioranza dei casi la famiglia resta intrappolata in una spirale di negazione e collusione involontaria, in quanto tende ad essere orientata verso l’esterno ed è quindi portata a negare l’esistenza dei problemi.
Quando l’anoressica si trova al punto in cui il disturbo è identificato clinicamente, è già coinvolta in una complessa rete di atteggiamenti psicologici e di conseguenze fisiologiche associate alla prolungata denutrizione. Una paziente anoressica che presenta ad esempio sintomi di deperimento quali pallore e fatica muscolare, crescita di peluria sul corpo e amenorrea, tenderà a mostrare delle irregolarità del battito cardiaco, insieme ad un complesso squilibrio associato alla cattiva nutrizione. Se la perdita di peso è stata notevole si è creata una situazione medica di emergenza che ha portato alla ospedalizzazione.
L’anoressia ha un esito fatale in un numero variabile tra il 5 e il 10% dei casi diagnosticati, proporzione questa più elevata di quella di ogni altro disturbo psichiatrico.
Non c’è dubbio che una volta che la condizione si stabilizza, l’anoressia implica squilibri fisiologici complessi e a volte incurabili che a loro volta contribuiscono ad aggravare la già alterata condizione mentale della paziente. Numerose ricerche hanno rilevato anomalie fisiologiche, che vanno da una perdita dell’equilibrio endocrino, a deficienze a livello dei neurotrasmettitori, a meccanismi anormali di nutrizione e digestione. Più specificamente è stato dimostrato che le anoressiche mostrano:
a) livelli degli estrogeni (testosterone nei maschi) inferiori alla norma;
b) livelli superiori alla norma degli ormoni della crescita;
c) livelli ridotti di neurotrasmettitori (adrenalina, serotonina, dopamina);
d) anomalie nel metabolismo dei carboidrati;
e) anomalie nella regolazione della temperatura corporea;
f) ritardi nello svuotamento gastrico.
Alcune funzioni fisiologiche ritornano per la massima parte ai livelli normali quando si sono ripristinati un peso e un’alimentazione normale. Comunque anche dopo che il soggetto si è ripreso, possono restare danni permanenti (ad es. anomalie mestruali o riproduttive e, osteoporosi), ma queste devono essere considerate conseguenze e non cause del disturbo.
Nonostante le implicazioni di carattere fisiologico, ciò che inizialmente innesca il disturbo risiede nella storia evolutiva del soggetto, che si esprime in un contesto culturale. Le attuali conoscenze sembrano deporre a favore dell’importanza cruciale di fattori psicologici e sociali nell’insorgere del disturbo.
Per questo l’intervento sull’anoressia è ancora un tema fortemente discusso.
In generale, non si discute sulla necessità di affrontare tanto gli aspetti fisiologici che quelli psicologici del disturbo mediante la combinazione di riabilitazione nutritiva, recupero del peso corporeo e psicoterapia a lungo termine. C’è però una profonda differenza di opinioni su come il trattamento debba procedere. Il processo di recupero tende ad essere difficile, comportando a volte alcuni periodi di permanenza in ospedale e un certo numero di insuccessi della psicoterapia.
I risultati di alcuni studi indicano che circa il 75% dei soggetti anoressici mostra qualche miglioramento sul lungo periodo se ci si limita a considerare il recupero del peso. I risultati sono però molto meno eclatanti se si considerano fattori quali la forma corporea, la preoccupazione per il cibo, e le difficoltà di adattamento sociale e sessuale. Un numero consistente di ex anoressici ha questi problemi anche dopo che ha recuperato peso.
Le anoressiche sono notoriamente pazienti difficili, che oppongono spesso forte resistenza al trattamento.”
ASPETTI FISICI E ORGANICI
...per addetti ai lavori
Non è stata evidenziata alcuna causa organica della malattia. Sebbene esistano evidenze del possibile ruolo patogenetico delle alterazioni ipotalamiche, queste potrebbero essere adattamenti ad un insulto iniziale di natura psicologica. Generalmente i pazienti anoressici sono molto remissivi, insicuri, eccessivamente dipendenti, ansiosi e perfezionisti. Le loro famiglie vengono spesso descritte come esigenti, protettive e fagocitanti, vale a dire che i genitori e figli tendono ad essere esageratamente coinvolti nelle reciproche esistenze.
La maggior parte delle complicanze mediche dell’anoressia è direttamente causata dal digiuno. Al medico spetta non solo il compito di trattare queste complicanze, ma anche quello di controllare l’intervento nutrizionale prescelto per il recupero del peso. Tale controllo è fondamentale, poiché pochi organi sono risparmiati dal progressivo deterioramento che contraddistingue il decorso clinico dell’anoressia.
Condizioni e complicanze dermatologiche Contrariamente al paziente bulimico, il cui aspetto fisico può essere non significativo, il paziente anoressico è tipicamente emaciato e spesso presenta una cute secca, giallastra; il colore giallo è causato dall’ipercarotenemia, la cui causa è ignota. I pazienti anoressici presentano livelli esageratamente alti di retinolo e di esteri retinilici, che possono essere il risultato della conversione ridotta del beta-carotene in vitamina A. Inoltre, le lipoproteine a bassa densità costituiscono le principali portatrici di beta-carotene, concentrazioni ematiche elevate di betacarotene possono essere associate all’ipercolesterolemia che viene spesso riscontrata nell’anoressia. Come spiegazione degli elevati livelli plasmatici di carotene riscontrati in tali ppazienti è stata proposta anche la ridotta capacità di deposito tissutale. Nel 40% circa dei soggetti si può notare una corta, lanuginosa peluria ai lati del viso, o sulla schiena, braccia e gambe; la causa è ignota, ma tale peluria non è un segno di virilizzazione. Il prurito associato al digiuno è causato in parte dalla ridotta attività delle ghiandole sebacee; si riscontrano spesso anche perdita di capelli e fragilità delle unghie.
Condizioni e complicanze cardiache. Ipotensione, bradicardia, ridotto volume ventricolare sx, prolasso mitralico, alterazioni multiple dell’ECG . Le complicanze cardiache costituiscono la più comune causa di morte; nella maggior parte dei casi la morte è improvvisa. Tuttavia, alcune delle anomalie cardiache associate all’anoressia sono in realtà normali adattamenti al digiuno. In particolare, la bradicardia sinusale e la riduzione della pressione sistolica a livelli di 60 mmHg si riscontrano tipicamente nei soggetti più gravemente colpiti. Tali cambiamenti sono legati ad una riduzione del tasso metabolico basale, indirizzata al risparmio energetico. Si tratta di modificazioni fisiologiche che si verificano insidiosamente, e non sono letali, in quanto il diminuito fabbisogno di perfusione viene regolarmente soddisfatto. Le anomalie cardiache associate all’anoressia comprendono una riduzione della capacità di lavoro massimale e l’attenuazione della risposta pressoria all’esercizio. Sono stati individuati: irregolarità nel movimento della valvola mitrale, assottigliamento del setto, ridotti indici cardiaci e ridotta massa ventricolare sx con conseguente alterazione del riempimento del ventricolo sx; prolasso della valvola mitrale; anomalie elettrocardiografiche, che comprendono ridotto potenziale, inversioni dell’onda T e depressione aspecifica del tratto ST; più raramente si ha un allungamento del tratto QT. Questi pattern emodinamici forniscono una spiegazione per la sindrome da rialimentazione, una complicanza potenzialmente catastrofica che si può verificare durante il trattamento iniziale di pazienti gravemente anoressici. La sindrome è stata descritta per la prima volta nei sopravvissuti ai campi di concentramento della seconda guerra mondiale, alcuni dei quali morirono entro breve tempo a seguito dell’introduzione di alimenti con un elevato contenuto di carboidrati, offerti loro dai liberatori pieni di buone intenzioni. L’autopsia riscontrò dimensioni cardiache ridotte con atrofia miofibrillare ed edema interstiziale. La sindrome da rialimentazione presenta un’eziologia multifattoriale. Generalmente viene ritenuta la conseguenza del ripristino del volume circolatorio (attraverso la rialimentazione) mentre la massa ventricolare sx è ancora ridotta. Praticamente, le richieste del sistema circolatorio congestionato ad una ridotta massa cardiaca portano al collasso cardiovascolare.
Inoltre, alla patogenesi della sindrome da rialimentazione contribuisce il potenziamento della ipofosfatemia, dell’ipokaliemia e dell’ipomagnesiemia. Un prudente apporto nutrizionale insieme ad uno stretto controllo degli indici di laboratorio riduce il rischio della sindrome da rialimentazione, a prescindere dal tipo di alimentazione: orale, enterale o parenterale. Sebbene la rialimentazione orale sia preferibile anche nei pazienti gravemente anoressici, nelle forme gravi di anoressia deve essere considerata la via enterale o parenterale quando siano risultati vani gli sforzi congiunti di rialimentazione orale e recupero del peso. Inizialmente l’apporto calorico è di 600-1000 kcal, quindi viene fatto un tentativo di aumentare l’assunzione mediante incrementi di 200-300 kcal ogni 3-4gg, finchè non vengono raggiunti livelli calorici adeguati.
Condizioni e complicanze dell’apparato digerente.
Svuotamento gastrico ritardato e ridotta motilità intestinale, che producono sensazione esagerata di gonfiore postprandiale, sazietà precoce, dolore addominale e stitichezza. Le alterazioni della motilità antrale, che sono state ritenute responsabili dello svuotamento gastrico ritardato, sembrano risolversi con l’aumento ponderale. La sensazione di gonfiore postprandiale può frustrare i tentativi iniziali di recupero di peso. Durante l’iniziale fase di rialimentazione di pazienti gravemente anoressici è stata anche riportata dilatazione gastrica acuta, talvolta accompagnata da dilatazione duodenale. La dilatazione gastrica è caratterizzata dalla comparsa rapida di nausea, vomito, dolore e distensione addominale.
In altri casi, invece, il volume dello stomaco è ridotto, con ptosi e svuotamento ritardato. Un altro sintomo spesso riportato è la stitichezza cronica. In assenza di una storia di abuso di lassativi, questa complicanza è tipicamente causata da un ipofunzionamento riflesso del colon derivante da un’inadeguata assunzione alimentare. Raramente, per ragioni simili si possono formare fecalomi in sede rettale. Nel colon possono esservi atrofia, ulcere, cisti. Generalmente questi problemi possono essere risolti con pazienza e con l’introduzione di alimenti ad alto contenuto di fibre nella dieta. Inoltre, per migliorare le contrazioni del colon può essere utile il trattamento provvisorio con un procinetico. Le alterazioni del pancreas sono rare, sebbene la malnutrizione proteica possa precipitare anomalie funzionali e strutturali della ghiandola. Epatomegalia con steatosi e deficit enzimatici multipli. Atrofia pancreatica con fibrosi, calcificazioni, dilatazione cistica dei dotti.La pancreatite da rialimentazione, che generalmente si verifica durante i primi stadi del processo di rialimentazione, è la complicanza più frequentemente riportata; sono stati suggeriti come possibili fattori la dilatazione duodenale con stasi e reflusso del contenuto duodenale nel dotto pancreatico. Non è mai stata definita una chiara associazione tra malattie pancreatiche e anoressia. Leggeri aumenti delle transaminasi possono indicare che la rialimentazione deve essere rallentata; generalmente tali aumenti sono reversibili.
Condizioni e complicanze endocrine. Spesso vengono alterati il metabolismo del glucosio e la secrezione di insulina. Una leggera ipoglicemia è la regola.
Una forte ipoglicemia assume un valore prognostico negativo; per esempio è associata a morte improvvisa.
La patogenesi dell’ipoglicemia è multifattoriale: tra le cause, lo stato di digiuno che si aggiunge ad una condizione di cronica malnutrizione, eccessivo esercizio, riduzione dei depositi di glicogeno epatico e dei substrati gluconeogenici e diminuzione delle riserve di glucagone. Tutti questi fattori compromettono gluconeogenesi e glicogenolisi. Nei pazienti la sensibilità insulinica è variabile. I disturbi mestruali sono frequenti. L’amenorrea ha una patogenesi incerta, associata a diversi tipi di alterazioni ormonali. Tra questi spiccano i bassi livelli circolatori delle gonadotropine ipofisarie, associati a bassi livelli di estrogeni. Queste anomalie fanno parte di una generale disfunzione ipotalamica nella quale si assiste ad una risposta di tipo
pre-menarcale dell’ormone luteinizzante (LH) e del follicolostimolante (FSH) al fattore di rilascio delle gonadotropine. La risposta rispecchia i pattern prepuberali della secrezione di LH e la mancanza assoluta di estrogeni; il sanguinamento da sospensione del progestinico non si verifica e la mucosa vaginale mostra alterazioni di tipo atrofico. Gli uomini affetti da anoressia, oltre a ridotti livelli di LH e FSH, presentano ipogonadismo, diminuiti livelli di testosterone e calo della libido. Un’ulteriore conferma della disfunzione dell’ipotalamo nell’anoressia è la compromissione della termoregolazione, rivelata dalla frequente segnalazione di una diminuita tolleranza al freddo. Poiché spesso l’amenorrea precede il calo ponderale e può persistere anche dopo che è stato riguadagnato peso, nella sua patogenesi sembrano essere coinvolti fattori indipendenti dalla perdita di peso, compreso stress emotivo ed esercizio fisico. L’amenorrea che persiste nonostante il trattamento può essere associata a rituali alimentari anomali, psicosi affettive, o ad un disturbo alimentare latente che si protrae nonostante il recupero del peso. Sono attualmente oggetto di studio altre possibili cause dell’amenorrea nell’anoressia, tra le quali le alterazioni dei sistemi serotoninergico, dopaminergico ed oppioide.
Vari studi hanno dimostrato che le mestruazioni riprendono nel 30-90% delle donne che riacquistano il peso ideale.
Più del 50% delle donne adulte anoressiche presenta osteopenia associata ad amenorrea. Nei casi gravi tale osteopenia può portare a fratture. Le ossa trabecolari sembrano essere meno colpite rispetto alle ossa corticali. Non soltanto alla malattia è associata una accelerata perdita di tessuto osseo ma, quando la malattia si manifesta nell’adolescenza, è compromessa anche la normale crescita delle ossa. Perciò quando l’anoressia compare nell’adolescenza, la perdita ossea è più consistente. L’osteopenia è strettamente legata all’età in cui compare l’amenorrea, il che suggerisce un ruolo causale della disfunzione steroidea gonadica.
Altri fattori che possono contribuire alla ridotta densità ossea comprendono ipercortisolismo, elevati livelli di interleuchina 6 e produzione diminuita di IGF1 (fattore di crescita insulinosimile). Non sembrano essere coinvolti fattori nutrizionali: le biopsie ossee di pazientianoressici non mostrano evidenze di osteomalacia o iperparatiroidismo. La densità minerale ossea sembra aumentare con il recupero del peso corporeo e la ripresa del mestruo, ma non raggiunge il livello precedente la comparsa della malattia.
Non sono stati definiti approcci ottimali per prevenire l’osteopenia e ripristinare la massa ossea nei pazienti anoressici. Non è stato dimostrato il beneficio della terapia estrogenica sostitutiva, dell’aggiunta di Ca nella dieta e dell’esercizio fisico. Inoltre, si teme che nei pazienti adolescenti la terapia estrogenica possa indurre la chiusura prematura dell’epifisi ossea. In realtà, nei pazienti affetti da forme gravi di anoressia, l’alterato profilo ormonale comprendente elevati livelli di cortisolo e ridotti livelli di IGF 1, non può essere corretto dalla terapia ormonale. Altre complicanze endocrine comprendono concentrazioni plasmatiche di cortisolo elevate, risultati anomali del test di soppressione con desametasone ed elevate concentrazioni endoliquorali del fattore di rilascio corticotropinico (CRF). Tali risultati derivano in parte da una ridotta clearance del cortisolo. Ridotti livelli di arginin-vasopressina causano diabete insipido neurogeno parziale e aumento della diuresi nel 40% dei pazienti. Bassi livelli di IGF sono spesso accompagnati da livelli elevati di GH . La maggior parte dei pazienti anoressici presenta la cosiddetta “euthyroid sick syndrome”, identificata da bassi livelli di T3 e alti livelli di T4-reverse con normali livelli di TSH (cioè alterata risposta del TSH allo stimolo con TRH); il quadro dei pazienti anoressici ricorda quello dei pazienti ipotiroidei. Ciò può riflettere un meccanismo protettivo per conservare calorie preziose.
Effetti su altri sistemi. Sul sistema ematologico si può avere la pancitopenia reversibile in 1/3 dei pazienti. Altra complicanza è quella di avere bassi livelli sierici dei fattori del complemento, una ridotta attività battericida dei granulociti, una diminuita adesività dei granulociti, anomalie dell’immunità cellulomediata e bassi livelli di cellule CD4 e CD8. Si è ipotizzato che questi risultati immunologici siano conseguenza dell’ipercortisolismo. Tali condizioni, ovviamente, espongono alle infezioni; la ves è più bassa e spesso mancano i tradizionali indici di infezioni (es leucocitosi, VES elevata, febbre). Occorrono quindi forti elementi per sospettare un’infezione. Ridotta velocità di filtrazione glomerulare, reversibile col ritorno al peso giusto. Dalla TAC sono stati evidenziati ventricoli e solchi cerebrali ingranditi rispetto a quelli dei soggetti normali. Sebbene il trattamento acuto del paziente ottenga generalmente buoni risultati, sono frequenti le ricadute. Il 50% dei pazienti non risponde completamente al trattamento acuto. L’apparato muscolare è atrofico. A carico del SNC si osserva atrofia corticale, dilatazione dei ventricoli, alterazioni EEG tipiche. Il sistema immunitario presenta svariate alterazioni di tipo deficitario. Sono poi presenti ipopotassiemia, ipocalcemia.
STOP
Nessun commento:
Posta un commento
Solo commenti in italiano