sabato 30 marzo 2013
DALLO SPIRITO ALLA MATERIA
DALLO SPIRITO ALLA MATERIA
riflessioni laiche in tempo di Pasqua
E’ difficile separare la filosofia di vita dalla filosofia “della salute” che “noi umani” adottiamo!
Parto da questo brano, tratto da Riflessioni sull'arte di vivere di J. Campbell, per riportare il nostro ragionamento sull’atteggiamento mentale che adottiamo nei confronti delle circostanze che governano il nostro destino riguardo soprattutto alla salute.
“Nella tradizione cristiana, la crocifissione di Cristo è un problema capitale: perché il Salvatore, invece di limitarsi a venire sulla Terra, ha dovuto essere crocifisso?
Varie sono le interpretazioni teologiche tramandate, ma ritengo che una delle più appropriate sia quella che troviamo nella lettera di san Paolo ai Filippesi, là dove egli scrive, nel capitolo 2, che Cristo non considerava la deità qualcosa cui tenersi aggrappato (e ciò dovrebbe valere anche per noi) e che, umiliandosi, assunse la natura di schiavo fino a morire sulla croce. Questa è la gioiosa affermazione delle sofferenze del mondo. L'imitazione di Cristo, allora, consiste nel partecipare alle gioie e alle sofferenze del mondo, scorgendo costantemente attraverso di esse la radiosità della divina presenza.
[...] Ecco ciò che vedo nella Crocifissione.
Di tutte le spiegazioni che ho letto, questa è la sola che abbia ciò che definirei un significato onorevole. Tutte le altre implicano un dio adirato che dev'essere placato col sacrificio di suo figlio. Che ce ne facciamo di una simile interpretazione? E' il concetto di sacrificio tradotto in un'immagine cruda. L'idea di una divinità da placare è una concretizzazione troppo sgradevole.[...]
"Non il mondo animale, né quello vegetale, né il miracolo delle sfere, ma l'uomo stesso è ora il mistero cruciale. L'uomo è quella presenza aliena con la quale le forze dell'egoismo devono confrontarsi, attraverso la quale l'Io dev'essere crocifisso e deve risorgere e secondo la cui immagine la società dev'essere riformata. L'uomo inteso però non come 'Io' ma come 'Tu': poiché gli ideali di nessuna tribù, razza, continente, classe sociale o secolo potranno mai essere la misura di quell'inesauribile, multiforme, meravigliosa vita divina che è in tutti noi."
Un brano che trovo mirabile nella sua logica oltre che per il modo in cui è stilato.
Ed ecco alcune considerazioni che questo brano mi porta a fare.
Sul piano spirituale credo che l’incarnazione del Cristo sia stata una forma di crisi cosmica rapportata all’ambiente in cui questa crisi ebbe luogo. Fino ai primi due secoli dall’evento, infatti, si parlava dei suoi discorsi e anche dei suoi miracoli solo nel bacino del Medio-Oriente e non certo in tutto il pianeta. Con il tempo e in virtù di diverse concatenazioni (di cui la cristianità non dovrebbe andare orgogliosa visto che questa gloria è costata molte vite ed imperniò e giustificò il comportamento predatorio dei paesi colonizzatori) la storia del Cristo divenne di fama mondiale e fu (ed è ancor oggi) al centro del nostro (nostro nel senso di paesi occidentali) retaggio culturale anche quando ci proclamiamo laici, nonché di grande importanza per quei popoli che vi aderiscono da tempi più recenti come i paesi del cosiddetto terzo mondo.
Ma voglio tornare ad analizzare il fenomeno crisi che vuol dire anche opportunità. Questo grande uomo portò a riflettere (anche se in realtà il frutto di questa riflessione nel genere umano arrivò un po’ di tempo dopo) e ripensare il senso della vita come veniva vissuto dai suoi contemporanei.
Poteva succedere che i suoi discorsi venissero capiti al volo e fatti propri dagli ascoltatori: in tal caso chiunque lo avesse ascoltato, compresi gli scribi e i farisei, i romani e chiunque altro, non avrebbero vissuto le sue parole come una minaccia al loro potere e/o al loro patrimonio, bensì come un input per un nuovo modo di vivere che avrebbe reso tutti più felici. Ponendo quindi il caso che tutti avrebbero capito e condiviso il suo messaggio, il genere umano si sarebbe evoluto con un enorme salto di qualità. Non ci sarebbero state le molte guerre e i molti orrori che invece non hanno mai cessato si susseguirsi in questi 2000 anni.
Poteva succedere, ed è successo, l’opposto: che la massa lo seguiva per normale fascinazione o per amore: non erano ancora pronti a capire in pieno la portata delle sue parabole. I potenti lo temevano come un sovversivo e quindi la conclusione è stata quella di un orribile martirio.
Chiunque lui fosse, uomo o Dio, di proposito o meno, è stato un test per l’umanità e in questo test l’umanità è risultata bocciata perché ha sbagliato la risposta.
Ed ha continuato a sbagliarla fino ad ora!
Le nostre sofferenze collettive derivano da cause altrettanto collettive.
L’ipotesi del sacrificio, tanto sbandierata dalla teologia ufficiale io, seguendo di buon grado il nostro J. Campbell, la respingo assolutamente. Quella ipotesi è frutto di un retaggio farisaico o ancora più arcaico, che ragiona sempre in termini di do ut des: “Io sacrifico qualcuno per un bene superiore” è un ragionamento che assomiglia tanto a quello che dice “fare la guerra per mantenere la pace”... è una contraddizione in termini. Non ha senso che per migliorare una situazione io debba fare del male a qualcuno e tanto meno a me stesso offrendomi come agnello sacrificale!!! Non voglio credere che Lui abbia fatto un simile ragionamento perché contrasterebbe con tutti i discorsi fatti nei suoi tre anni di attività! Al contrario credo che il suo ragionamento sia stato “Io vado avanti a diffondere la mia parola. Poi può succedermi qualcosa di brutto, lo so, ma spero che non succeda... in ogni caso per me è più importante attuare l’esigenza che richiede la mia anima e quindi sento che devo andare avanti sino in fondo con la mia scelta: se anche solo una persona mi capirà, ciò che faccio sarà stato utile.”
Sul piano della nostra salute questa riflessione OVVIAMENTE E PUERILMENTE IPOTETICA, si rapporta al fatto che molte nostre patologie si sviluppano a livello psicosomatico quando seguiamo il nostro piano razionale e rifiutiamo di ascoltare le esigenze del nostro piano “spirituale”.
Diceva una vecchia canzone “credere in quel che fai in fondo è facile. Fare ciò in cui credi sai, è più difficile”.
Purtroppo chi più chi meno tutti ci ritroviamo, a volte, a cercare di dare un senso a quel che facciamo piuttosto che a lottare per fare ciò che davvero è importante per noi. Nel nostro discorso interiore ci plachiamo la coscienza dicendo che è necessario, che lo facciamo per i familiari, per il quieto vivere, perché siamo “responsabili”. Ma la nostra parte più profonda non è soddisfatta di queste spiegazioni. La nostra zona di confine tra l’astratto e il concreto, tra la psiche e il sistema neuro-endocrino, comincia a sentirsi disturbata, comincia a tirare calci.
Noi per tutta risposta prendiamo dei farmaci per non sentire quei calci... e così continuiamo la nostra vita sotto tono, cercando di non dare fastidio e rinunciando del tutto alle nostre aspirazioni giovanili: è salute questa? No è certamente malattia più o meno evidente, più o meno cronica, più o meno grave.
In scala maggiore rispetto all’individuo c’è la società. La società attuale è ancor più malata e marcia di quanto riesca ad essere un singolo individuo. Com’è possibile trascorrere il 90% del proprio tempo facendo cose che non ci interessano e che molto spesso non servono o, peggio, danneggiano l’ecosistema e vivere felici? Infatti non viviamo felici. Al massimo viviamo con la speranza di un domani migliore, coltivando determinati obiettivi ... ma non si tratta altro che di fantasticherie perché se non si inverte la rotta non può essere fatto il cambiamento necessario.
E’ in questo modo che la politica, la sociologia, la filosofia e ogni altra branca che riguardi la vita collettiva risultano essere l’humus del nostro destino e perciò non le possiamo ignorare se vogliamo decidere cosa scegliere e perché.
Un detto popolare dice “a ognuno il suo mestiere” per evidenziare il fatto che quando ci si improvvisa a voler fare un’arte che non è la nostra, combiniamo solo dei guai. Giusto ma, d’altra parte, ci sono aspetti della conoscenza e della sua messa in pratica che non possono e non devono essere appannaggio di una classe di specialisti!!! Nel caso appunto in questione è importante che tutti cominciamo ad istruirci, e che chi detiene le redini del meccanismo, cominci a usare termini più comprensibili e assoluta trasparenza.
E’ chiedere troppo? E’ chiedere invano? Quasi certamente... ma se ci impegnassimo con costanza quel “quasi” ci può aiutare a fare il nostro salto di qualità.
E dopo la mia elucubrazione vi dedico i dolci del disegno con
L’ AUGURIO DI SERENA E GIOIOSA PASQUA!!!!
domenica 24 marzo 2013
Non è tutto cromo ciò che brilla
Il cromo è un metallo duro, lucido, di colore grigio acciaio; può essere facilmente lucidato, fonde con difficoltà ed è molto resistente alla corrosione.
Il cromo esavalente viene usato in campo industriale.
In questi ultimi anni è stata ampiamente dimostrata la sua tossicità, per cui sta tornando in auge la cromatura con l’utilizzo di cromo trivalente (che già si usava negli anni ’50) con un metodo più sofisticato che permette di ottenere ottimi risultati.
Ovviamente in campo alimentare il cromo presente negli integratori è quello trivalente come quello già presente in numerosi alimenti sia vegetali che animali.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stabilisce che la supplementazione con cromo non deve superare i 250 μg / giorno.
Il cromo si trova in numerosi alimenti di uso comune, quindi basta fare una dieta sufficientemente variata per stare certi che non si vada in carenza.
Il cromo contenuto negli alimenti è quello più assorbibile, con una percentuale che va dal 2-3% in quasi tutti i cibi al 5-10% per il lievito di birra.
In generale, sono buone fonti di cromo:
-- le noci del brasile che ne contengono fino a
100 mcg /100 g
-- i crostacei e di essi al primo posto le cozze. Tuttavia i crostacei sono un alimento che io sconsiglio sempre nelle diete per diversi motivi, non ultimo il fatto che provocano facilmente intolleranze.
-- la carne che consiglio di assumere comunque con parsimonia (non più di una volta alla settimana), il pesce, i cereali integrali
-- il tuorlo d’uovo con 6mcg/100
-- i datteri secchi con 29 mcg /100 g
-- le pere con 27 mcg /100g
-- i broccoli con 16 mcg
Quando negli anni 50 furono studiate le funzioni biochimiche del cromo, era stato chiamato “fattore di tolleranza al glucosio” (GTF) proprio per evidenziare che esso svolgeva un ruolo importante tra i vari cofattori che intervengono nella funzione dell’insulina.
La natura precisa del GTF e il meccanismo con il quale stimola la funzione dell’insulina nel corpo non sono ancora del tutto chiari, ma la tesi più accreditata è che esso promuove l’assorbimento di insulina nelle cellule, facilitandone il passaggio attraverso le membrane cellulari.
Nel diabete di tipo 2, nonostante il pancreas produca sufficiente insulina, le cellule muscolari e altri tessuti divengono resistenti alla sua azione; quindi l’insulina è presente ma “non funziona”. Questo determina uno scarso utilizzo del glucosio all’interno delle cellule e uno stato di iperglicemia tipico del diabete senile.
Nella dieta di un europeo adulto sono contenuti in media tra i 60 e i 160 µg di cromo al giorno.
INTEGRATORI A BASE DI CROMO
Tra i vari composti disponibili a base di cromo vi sono notevoli differenze nella biodisponibilità.
Il cromo più indicato per la supplementazione è il Cromo picolinato, con una percentuale di assorbimento simile a quella dei cibi (2-3%).
L’assorbimento avviene rapidamente, probabilmente con il cromo che si lega al recettore per la transferrina. Da qui la corretta valutazione di tutti quegli elementi che possono alterarne l’utilizzo:
aspirina, indometacina, acido ascorbico e aminoacidi ne aumentano l’assorbimento, mentre aumentati livelli di zinco, ferro, manganese, calcio e antiacidi sembrano ridurlo.
I tessuti che tendono ad assorbirlo maggiormente sono reni, fegato e muscoli.
Un nuovo supplemento di cromo, messo a punto di recente, è il Cromo istidinato e, ultimo arrivato, il complesso Cromo-fenilalanina.
APPROFONDIMENTO
Riporto un brano di un articolo del Dr Luca Pennisi tratto da Farmacia news aprile 2006:
“ Meccanismo d’azione del Cromo
Ne sono stati previsti diversi. Tra i più accreditati, un’amplificazione dell’azione dell’insulina via messaggeri intracellulari. E’ stata scoperta una sostanza legante il cromo, chiamata “ LmwCr “ (low molecular-weight chromium binding substance), composta da cisteina, glutammato, aspartato e glicina. la LmwCr è immagazzinata nel citosol delle cellule sensibili all’insulina in forma inattiva. La sua attivazione, dovuta al legame con 4 ioni cromo, porta a un aumento dei segnali insulinici tramite mantenimento della stimolazione della tirosina proteinchinasi. Tale aumento è valutato in circa 8 volte.
Un’altra teoria, vuole che il Cromo attivi la circolazione di un trasportatore del glucosio, il Glut4, e ne aumenti il suo trasporto solo in presenza dell’insulina. Tale funzionamento non sembra implicare l’attivazione dei già noti meccanismi di segnalazione. L’attivazione del glut4 sulla membrana plasmatica amplifica l’uptake cellulare del glucosio. Tale effetto sembra legato, anche, all’aumento della fluidità di membrana tramite una diminuzione del colesterolo, senza effetti avversi sulla membrana o sulla cellula stessa. L’amplificazione del trasporto del glucosio insulino-stimolato è di circa il 30-40% .Tale evento sembra confermato dal fatto che nelle donne in sovrappeso insulino-resistenti, la composizione della membrana cellulare è significativamente alterata dalla maggior presenza di sfingomielina e colesterolo. La perdita di peso porta ad un miglioramento della composizione della membrana cellulare e a una maggior sensibilità all’insulina.
Tossicità e sicurezza
esistono ancora controversie sulla sicurezza del Cromo. Fino a qualche anno fa si credeva che il cromo trivalente fosse assolutamente sicuro.
Ma anche sul trivalente alcuni studi in vitro sembrano indicare una potenziale azione clastogenica (= rottura dei cromosomi) in presenza di agenti riducenti. Questi agenti, come il perossido d’idrogeno, in combinazione con il cromo trivalente, attraverso una reazione simil-Fenton, possono produrre forti quantitativi di Ros, danneggiando il DNA. Questo accadrebbe proprio con il cromo picolinato e non con il cromo cloruro o il cromo glicinato. E’ anche vero che per ottenere l’effetto clastogenico si debbono usare dosaggi difficilmente raggiungibili nella pratica: la supplementazione con 200 mcg /die porta a un incremento della concentrazione serica a 16 nM, molto lontano da quella necessaria per avere un danno al DNA (7 volte maggiori) o per ottenere l’effetto clastogenico (circa 3000 volte superiori).
Ma uno studio del 2003 sembra aver dimostrato in vivo che il Cromo picolinato, su drosophila, alle dosi di 260 mcg/Kg di cibo, è stato in grado di arrestare lo sviluppo delle pupe, portando all’apparizione di mutazioni letali e con sterilità femminile dominante.
Cromo e resistenza insulinica
Visto che la sua azione principale è di aumentare l’attività insulinica, il cromo è stato diffusamente sperimentato su animali predisposti al diabete, in cui il diabete è stato provocato, e su pazienti diabetici sia di tipo 1 che 2. E’ soprattutto nelle persone affette da diabete di tipo 2 che si sono concentrate le ricerche. In genere si ottengono miglioramenti su tutti i parametri alterati: glicemia, insulinemia, emoglobina glicosilata. I miglioramenti sembrano legati, per quello che riguarda il Cromo, sia alla sua formulazione, sia ai suoi dosaggi. Se la supplementazione media raccomandata è di 200 mcg al giorno, per ottenere dei miglioramenti netti nel diabete di tipo 2 occorre salire fino a 1000 mcg. Questa dose ha consentito di abbassare i livelli di glucosio, in 180 cinesi diabetici, già a partire dal secondo mese di terapia, cosa che non si è ottenuta nel gruppo trattato con 200 mcg. A questo dosaggio, tra l’altro, si ottiene anche un abbassamento del colesterolo. Una ricerca simile, condotta su indiani affetti dallo stesso tipo di diabete, ha portato a risultati analoghi: in questo studio sono stati somministrati 400 mcg al giorno. I miglioramenti sono stati significativi nel controllare la glicemia e, sempre significativi, anche nell’abbassare il colesterolo Ldl.
Spesso l’aumentata resistenza all’insulina è legata all’età; la somministrazione di Cromo picolinato (a un gruppo di pazienti di 73 anni ) alla dose di 400 mcg al giorno per un periodo di sole 3 settimane, ha portato comunque a dei risultati soddisfacenti, con abbassamento della glicemia, dell’emoglobina-glicata e del colesterolo.
Cromo e depressione=
Le sue azioni antidepressive si esplicano probabilmente attraverso un aumento del trasporto di alcuni aminoacidi al cervello. In uno studio sui ratti, si è visto che il cromo picolinato aumenta i valori serici di triptofano, acidi grassi non esterificati, nonché ormoni e neurotrasmettitori quali corticosterone, serotonina, noradrenalina (NA) e melatonina. Negli umani tali risultati non sono sovrapponibili, ma sembra accertato che il Cromo possa modificare la funzionalità dei recettori per il 5-idrossitriptofano, e quindi renderli più sensibili alla serotonina. Sono stati fatti alcuni studi su pazienti con depressione atipica e depressione maggiore. Il trattamento prevedeva 600 mcg di cromo elemento sotto forma di Cromo picolinato per 8 settimane, verificando i risultati attraverso la Ham-D-29. Tra i parametri presi in considerazione, i pazienti trattati hanno mostrato un miglioramento dell’aumento dell’appetito, minor desiderio compulsivo di carboidrati, variazioni diurne dell’umore”.
NOTA
La prima immagine è un mio gioco di fotomanipolazione e disegno;
la seconda immagine è tratta dalla rete.
La terza è una suggestiva opera di Zafina Vasa dal titolo Omaggio a Gjorgj Kastrioti (un eroe dell’antica Albania) . Se volete visitare una sua interessante galleria la trovate sul blog La vostra arte di Carla Colombo.
domenica 17 marzo 2013
Quanto siamo acidelli
QUANTO SIAMO ACIDELLI
Il pH
è la misura del grado di acidità o alcalinità di una soluzione. Ovviamente i liquidi dell’organismo sono tutti soluzioni piuttosto complesse.
Il pH sanguigno viene mantenuto sempre costante.
Lo è di meno quello di altri sistemi corporei.
Sia il pH tissutale (che comprende i liquidi extracellulari e le cellule, nei quali è vicino a 7) che quello urinario e salivare, subiscono delle variazioni maggiori, secondo il tipo di alimentazione e secondo ritmi circadiani.
Il pH urinario è uno degli indicatori più affidabili per verificare la presenza o meno di un’iperacidosi tissutale.
Le cause più importanti di un’iperacidosi sono:
-- metabolica
--respiratoria (ipoventilazione)
--alimentare
--diarrea
--vomito
--uso di alcuni diuretici
--malattie come ad esempio diabete, morbo di Addison ed altre
La causa più comune di acidosi, in assenza di malattie, è l’acidosi derivante dall’alimentazione.
Sull’importanza del cibo come causa o cura dell’iper-acidosi, si sono soffermati diversi medici tra i quali la più famosa è la Dr. Kousmine.
Bisogna innanzitutto distinguere tra cibi acidi ed acidificanti.
Molti cibi e bevande che risultano acide al pH neutro, nell’organismo portano invece alla formazione di sali alcalini.
Questo si verifica quando nei cibi sono presenti degli acidi deboli, come quelli della frutta (citrico, malico, tartarico) che nella digestione vengono ossidati, formando dei carbonati di potassio, sodio e calcio. Un succo di arancia commerciale può avere un pH di 4,5, mentre una spremuta fresca può arrivare facilmente a 3,60. Tali valori sono considerati alcalinizzanti.
Va però detto che alcuni soggetti metabolizzano male questi acidi deboli, in particolare al mattino e nella stagione fredda. In Francia vengono definiti neuro-artritici e corrispondono grosso modo alla costituzione fluorica e fosforica. Tali soggetti, non riuscendo a metabolizzare correttamente gli acidi deboli della frutta vanno incontro ad un aggravamento dell’acidosi. Meglio quindi per loro assumere frutta acida al pomeriggio, riducendone l’uso nei mesi freddi. Per combattere l’iperacidosi si devono consumare quindi soprattutto alimenti alcalinizzanti.
Se volete fare una scelta di questi alimenti potete consultare la tabella riportata qui:
La maggior parte dei cibi ha una reazione acidificante, tanto che anche vegetariani e macrobiotici possono andare incontro ad iperacidosi. Per essere sicuri di avere una alimentazione non acidificante bisogna introdurre notevoli quantità di frutta e verdura più volte al giorno.
Un’iper-acidosi tissutale e urinaria può coinvolgere più o meno direttamente tutti gli apparati con:
MANIFESTAZIONI NERVOSE:
irritabilità, palpitazioni, ansia, cefalee ed emicrania, aggressività, ipercinesia, risvegli notturni frequenti.
MANIFESTAZIONI CUTANEE:
seborrea, iperidrosi, eczemi, micosi frequenti, mucose arrossate, unghie e capelli fragili.
MANIFESTAZIONI GASTRO-INTESTINALI:
pirosi, iperacidità, dispepsia, gastrite, litiasi biliare, sonnolenza postprandiale.
MANIFESTAZIONI OSTEO-ARTICOLARI:
artrosi, osteoporosi, dolori migranti, mialgie, crampi.
MANIFESTAZIONI ENDOCRINE E DISMETABOLICHE: ipertiroidismo, diabete, irregolarità mestruali, sterilità, candidosi, ipercolesterolemia, gotta, iperuricemia.
MANIFESTAZIONI VARIE:
deficit immunitari, facili infiammazioni oculari, genitali, ORL, carie, alitosi, parodontosi, varici, stipsi, freddolosità marcata.
L’iper-acidosi potrebbe ad esempio spiegare perché alcune terapie, anche se ben condotte, non portino ai risultati sperati o perché molte persone pur mangiando normalmente non riescono a perdere peso. La maggior parte delle reazioni enzimatiche necessita infatti di un pH ben preciso, tanto più questo è lontano dai giusti valori, tanto meno efficiente sarà il rendimento ottenibile.
CORREZIONE DEL PH
i meccanismi fisiologici funzionano perfettamente se esistono sufficienti basi per tamponare la formazione di scarti metabolici acidi; in caso di ridotta disponibilità di bicarbonati, l’organismo deve far ricorso a sali che normalmente hanno altre funzioni, in particolar modo ai fosfati ed al calcio presente nelle ossa. Da notare che il fosfato calcico, un componente fondamentale dello scheletro, si rende maggiormente solubile a pH acido. L’acidosi quindi facilita l’impiego d’emergenza di questi sali: il risultato, facilmente intuibile, è la demineralizzazione ossea.
Il mantenimento del corretto pH è di importanza primaria per l’organismo, che per questo scopo è disposto a sacrificare apparati o organi relativamente meno importanti, privandoli dei sali necessari per tamponare l’iperacidosi. Tanto più questa si cronicizza e diventa importante, tanto più si impoverisce il tessuto osseo dei suoi componenti essenziali. La migliore cura, o meglio prevenzione, delle patologie degenerative dello scheletro risiede dunque nel mantenere intatte le riserve alcaline dell’organismo. La misurazione ripetuta nel tempo del pH ci può dare tutte le informazioni necessarie per controllare lo stato di queste scorte. Aumentare l’assunzione di verdura e frutta è importante, ma lo è altrettanto la riduzione degli alimenti iperacidificanti, in primis le proteine animali, come ad esempio la carne. Solo riducendo gli alimenti acidificanti e aumentando quelli alcalinizzanti è possibile ridurre o arrestare i fenomeni di impoverimento tissutale. Sia per questioni psicologiche che fisiologiche -- un radicale cambiamento potrebbe rimuovere eccessive quantità di tossine in breve tempo, potendo portare ad un peggioramento temporaneo-- è consigliato un passaggio graduale a un’alimentazione alcalinizzante e quindi prevalentemente vegetariana. Particolare attenzione andrà posta nel valutare l’alimentazione nella sua globalità, per non incorrere in altre carenze o errori, come ad esempio l’impiego di verdure ricche di acido ossalico o l’eccessivo uso di frutta acida in soggetti fosfo-fluorici.
Altro sistema interessante, e dai risultati più rapidi, è l’impiego di centrifugati. Tale soluzione apporta notevoli vantaggi per i soggetti che non possono permettersi di sovraccaricare l’organismo con le fibre ( gonfiori, irritazioni del colon, flatulenza, intestino atonico). Il centrifugato va preparato e bevuto all’istante.
Il centrifugato di carota e mela ha mostrato di portare miglioramenti fin dal primo giorno di uso e dopo una settimana il pH è arrivato al range ottimale.
In caso di pH urinario=5
i tempi di ripresa necessari possono variare da molti mesi a un paio di anni.
Ulteriore scelta disponibile, la supplementazione tramite polveri (tipo Basenpulver) da sciogliere in acqua.
I risultati migliori si ottengono con i citrati e i bicarbonati.
Io consiglio un limone spremuto con l’aggiunta di pari quantità di acqua da bere al mattino 15 minuti prima di colazione, oppure un cucchiaio di aceto di mele in mezzo bicchier d’acqua sempre al mattino;
un noto prodotto economico e gustoso è la classica Citrosodina.
Si assume l’alcalinizzante una volta al giorno con una dose di circa 5-6 g (un cucchiaino da te in poca acqua tiepida).
il pH ritenuto ottimale da noi è tra 6,4 e 6,8 nell’urina del mattino
Nel corso della giornata può arrivare alla neutralità (7,28 max). Il vantaggio dell’impiego dei citrati rispetto ai centrifugati risiede nella semplicità e velocità, nel fatto che è assumibile anche da chi ha molte intolleranze alimentari (esempio la mela è una delle fonti più comuni di intolleranza tra i vari frutti).
Nelle iperacidosi croniche, con pH urinario mattutino attorno a 5, una supplementazione di citrati per diverso tempo (almeno 1 mese), consente una importante ricarica per i sistemi tampone dell’organismo, apportando numerosi benefici alla persona. Tra gli effetti più comunemente riscontrati:
--miglioramento di sfoghi cutanei ribelli alle cure
--diminuzione dell’aggressività o irritabilità
--miglior rendimento fisico
--miglioramento di alcuni parametri di laboratorio, come ad esempio l’acido urico
--sparizione di alcune cistalgie abatteriche sine causa.
Tale correzione è probabilmente il fattore più importante per controllare e prevenire le patologie degenerative dello scheletro.
Le controindicazioni assolute sono poche e cioè:
--insufficienza renale
--scompenso cardiaco grave.
Quelle relative sono :
--cistiti in corso
--assunzione di determinati farmaci (per esempio con una alcalinizzazione eccessiva si può ridurre la distribuzione di fenobarbital nel cervello)
-- alcune malattie metaboliche come ad esempio l’iperaldosteronismo.
NOTA 1
ringrazio il Dr Luca Pennisi per l’articolo su Farmacia News del 1995 che descrive particolarmente bene la regolazione del pH secondo i principi del metodo Kousmine.
NOTA 2
Ringrazio Mario Piana per l’opera Interno con natura morta.
Potete visitare il suo ricchissimo blog Watercolor ma non solo a questo link:
http://mariopiana.blogspot.it/
NOTA 3
Nella prima immagine ho “osato” manipolare la foto, trovata in rete, di un’opera del grande pittore HERBERT DAVIS RICHTE
... per mostrare due classici piatti acidificanti: carne e pancetta con cipolle :-)
sabato 9 marzo 2013
INSUFFICIENZA RENALE
INSUFFICIENZA RENALE
L’insufficienza renale è una sindrome caratterizzata dall’incapacità dei reni di espletare le proprie funzioni peculiari: escretrice, secretrice, endocrina. In conseguenza di questo deficit funzionale, le sostanze non adeguatamente espulse con l’urina si ritrovano in circolo nel sangue e vengono rilevate quindi anche con le comuni analisi.
Nel sangue ci saranno alti valori di urea e creatinina; nell’organismo la modificazione dell’equilibrio idroelettrolitico e acido-base, l’alterazione dell’eritropoiesi (cioè la formazione dei globuli rossi ), l’alterazione del metabolismo minerale-osseo, lipidico e proteico nonché del normale valore della pressione arteriosa.
L’insufficienza renale può avere un inizio acuto oppure una progressione cronica; nel primo caso la rapida perdita funzionale si accompagna ad una ridotta produzione di urina e a un repentino incremento plasmatico dei cataboliti normalmente eliminati, mentre nell’insufficienza renale cronica la perdita funzionale si sviluppa in modo lento e progressivo. Quando si arriva ad una situazione grave, sebbene nessun apparato risulti risparmiato, sono più coinvolti il sistema cardiovascolare, il tratto digerente, l’apparato respiratorio, il SNC e periferico, il sistema muscolo-scheletrico e quello emopoietico.
Segni e sintomi caratteristici: stanchezza, vista sfocata, diminuzione della diuresi, dolori di schiena dall’alto al basso, prurito, nausea; se coesistono siamo di fronte a insufficienza renale. Nell’insufficienza renale acuta il paziente urina meno del solito mentre in quella cronica urina di più.
Ovviamente la cura di questa patologia va fatta sotto lo stretto controllo del medico. A mio parere è particolarmente utile rivolgersi ad un medico naturopata o ad indirizzo olistico per poter affiancare ai farmaci o attuare fin dall’inizio una terapia non invasiva.
FATTORI DI RISCHIO
Tra i vari fattori scatenanti l’insufficienza renale c’è il fumo di tabacco.
Un importante fattore di rischio dell’insufficienza renale è tuttora rappresentato dall’ipertensione essenziale, che ha sul rene un’azione diretta, con induzione di nefroangiosclerosi, o indiretta, con lo sviluppo di aterosclerosi aortica o renale. Altra condizione di rischio è l’edema; l’edema sistemico caratterizzato dalla ritenzione di grandi volumi di liquido extracellulare, si sviluppa generalmente quando il rene non riesce a ripristinare la normale volemia (cioè il volume del sangue che deve mantenersi costante) o il corretto bilancio idrosalino. Nel caso di edema sistemico (non localizzato) il rene svolge sempre un ruolo patogenetico. Vengono trattenuti circa 5 litri di acqua/70 Kg di peso corporeo. L’edema sistemico indica sempre la presenza di un eccesso di sodio.
ALIMENTAZIONE
E’ consigliata una dieta ipoproteica e povera di K, perciò sono da evitare: pomodori, banane, albicocche, uva; deve anche essere modesta la quantità di fosforo per cui vanno evitati anche latticini, cereali integrali, uova e frutta secca.
FITOTERAPIA
Una pianta molto diffusa, che cresce nel nostro habitat mediterraneo è BERBERIS (Crespino) e la troviamo facilmente in farmacia sia come fitoterapico che come rimedio omeopatico. Questa è la pianta che consiglio come prima scelta ai soggetti “a rischio”.
CORDYCEPS SINENSIS è un fungo diffuso in Tibet. Numerosi studi indicano che il trattamento con cordyceps riduce la nefrotossicità, promuove un rapido ripristino del consumo di O2 renale, favorisce la rimozione di inulina, e favorisce l’assorbimento di sodio.
Tra i possibili meccanismi di azione di cordyceps sulla nefrotossicità, sono stati indicati l’accelerazione della rigenerazione delle cellule tubolari, il mantenimento della pompa del sodio e la riduzione della funzione dei lisosomi, la riduzione della perossidazione dei lipidi che occorre come risposta alle alterazioni causate dalla tossicità, e la riduzione del contenuto di Ca++. L’effetto protettivo di cordyceps sulla nefrotossicità è stato osservato anche negli anziani.
RABARBARO
(Rheum Palmatum) è un altro rimedio cinese per i disturbi renali. In presenza di danni renali indotti dall’adenina gli estratti di radice di rabarbaro hanno mostrato una diminuzione dell’azoto ureico nel sangue, della creatinina serica e un miglioramento dell’ipocalcemia e dell’iperfosfatemia. Diversi esperimenti dimostrano che l’impiego del medesimo estratto diminuisce la proteinuria e la glomerulosclerosi, senza però miglioramenti significativi sulle lesioni tubulointerstiziali. Gli studi clinici disponibili stranamente non fanno menzione di reazioni avverse note come diarrea e anemia.
ASTRAGALUS MEMBRANACEUS ha azione protettiva contro la tossicità da gentamicina, probabilmente per effetto antiossidante e per la sua capacità di modificare la chinasi renale; è stato osservata anche una buona azione diuretica. Alcuni rimedi cinesi, oltre all’Astragalo contengono anche Angelica sinensis
SALVIA MILTIORRHIZAE
Nella medicina tradizionale cinese la Salvia Miltiorrhizae è utilizzata per la cura di disturbi renali di media entità. La radice di questa pianta contiene almeno 6 composti fenolici con forte azione antiossidante, dei quali il magnesio lithospermate B, ha la capacità di diminuire le proteine urinarie e la sclerosi glomerulare. Un’altra sostanza sempre presente nella Salvia, LSB, ha mostrato di possedere effetti protettivi sulla insorgenza di lesioni glomerulari e tubulari, in casi di ischemia renale bilaterale.
RIMEDI OMEOPATICI
E’ inutile e fuorviante indicarvi dei rimedi omeopatici che servano in generale a curare questa patologia: infatti mai come in questo caso occorre che ve li indichi un omeopata che ha potuto valutare il vostro quadro in modo personalizzato. Voglio però aggiungere un breve elenco dei più prescritti:
DIGITALIS, GLONOINUM, KALIUM MURIATICUM, MERCURIUS SOLUBILIS.
NOTA
Ringrazio Giovanni Ambrosioni (che trovate sempre su Flickr) per le due opere: Estate e Caronte a Livorno non si sente che ho trovato particolarmente adatte a descrivere questa patologia.
sabato 2 marzo 2013
DEMENZA SENILE
STRESS OSSIDATIVO
“Lo stress ossidativo è una condizione causata dalla rottura dell'equilibrio fisiologico, in un organismo, fra la produzione e l'eliminazione, da parte dei sistemi di difesa antiossidanti , di specie chimiche ossidanti. Responsabili dello stress ossidativo non sono solo i radicali liberi dell'ossigeno. Possono provocare questa patologia specie sia radicali che non radicali.”
Questa è, molto riassuntivamente, la definizione ben fatta e riportata su Wikipedia.
Vi risparmio le spiegazioni di biochimica per arrivare al nocciolo del problema: lo stress ossidativo a carico dell’endotelio (che è la parete più interna dei vasi--arterie e vene-- a diretto contatto con il sangue) è una diffusa causa di parecchie patologie, e va ad aumentare con il crescere dell’età. Questo non è un destino ineluttabile, ovviamente. Tuttavia è la cosa che accade con maggior frequenza se un soggetto non conduce un sano stile di vita ed alimentazione.
La lesività dello stress ossidativo nei confronti dell’endotelio è un fenomeno ampiamente dimostrato. La sua manifestazione più acuta risiede nelle cosiddette ischemie da riperfusione, in cui, quando ad esempio in ambito farmacologico, viene dis-ostruito un vaso coronarico, l’improvviso apporto di O2 genera, da parte del tessuto vitale peri-ischemico una quantità massiva di ROS (=specie reattive dell’O2) che ossidano i biopolimeri circolanti causando un’attivazione delle cellule reattive e la precipitazione di un episodio trombotico.
DEMENZA SENILE
Molto più frequentemente, la lesione endoteliale da ROS presenta andamenti più silenti come avviene, ad esempio, per la demenza senile. Infatti, la demenza senile, anche nella forma tipica di malattia di Alzheimer, presenta una componente vascolare molto pronunciata e precoce rispetto alla lesione del tessuto cerebrale. Considerando la contiguità dei vasi capillari cerebrali e le cellule cerebrali è facile intuire come una lesione endoteliale sia già, in effetti, una lesione cerebrale. La differenza clinica tra una lesione endoteliale cardiaca ed una cerebrale, risiede nel fatto che il cuore è un sincizio, in cui le cellule muscolari contigue a quella lesa riescono a compensare la perdita di funzione; nel cervello la perdita di funzionalità di una cellula cerebrale non è compensata da quelle vicine ma deve essere “riappresa”.
Ciò indica, purtroppo, che clinicamente si possa diagnosticare la malattia cerebrale solo quando ormai le lesioni sono già troppo avanzate.
Lo stress ossidativo è una componente della demenza senile nella sua forma più comune: la malattia di Alzheimer.
Si deve però considerare che l’Alzheimer è caratterizzato sia da un’alterazione del microcircolo cerebrale che da un processo infiammatorio coinvolgente la cascata del complemento. Entrambi questi fenomeni convergono nella produzione reattiva di ROS, che tende a mantenere e amplificare la lesione. Si genera pertanto un circolo vizioso tipico della demenza senile. La concomitante presenza in molti pazienti di diabete mellito ed ipertensione è certamente un fattore aggravante lo stress ossidativo, in quanto entrambe queste patologie sono caratterizzate dall’aumento della produzione di ROS. Non si deve escludere a livello del microcircolo un rimbalzo continuo di ipoperfusione-riperfusione, con conseguente fluttuazione dannosa di ROS a livello periferico. In questi casi lo stress ossidativo può essere generalizzato a tutto l’endotelio, con conseguente interessamento della barriera ematoencefalica, in particolare della sua membrana basale.
Sarebbe errato pensare che sia nel cervello che a livello periferico la produzione di ROS avvenga con finalità distruttive.
Di fatto, questa reattività ha una componente rivolta alla rigenerazione, che, tuttavia, non riesce ad essere armonizzata al fine riparativo.
RIMEDI e INTEGRATORI
Ecco un elenco di sostanze che è utile cercare da sole o combinate nei vari integratori, con effetto “antiossidante di membrana”:
-- Vitamina A
-- Vitamina E
-- Beta-carotene
-- Vitamina C
-- Bioflavonoidi
-- Coenzima Q10
-- Zinco
-- Selenio
-- L-cisteina.
Esiste poi un complesso già in commercio, credo della GUNA, che contiene tutto il mix nelle debite proporzioni.
In un importante studio riportato sulla rivista La medicina biologica, è stato osservato che un mese di trattamento con questa associazione ha ridotto in modo significativo l’entità dello stress ossidativo nei pazienti affetti da demenza senile. L’armonizzazione del sistema antiossidante dell’organismo avviene con la costanza delle basse dosi, piuttosto che con l’aggressività e estemporaneità degli alti dosaggi. L’importante è che i bassi dosaggi siano bilanciati tra loro.
NOTA
Ringrazio Thaline per il bellissimo acquerello intitolato
“ La Bise” : una bravissima pittrice che potete visitare su flickr.
NOTA
Ringrazio Thaline per il bellissimo acquerello intitolato
“ La Bise” : una bravissima pittrice che potete visitare su flickr.
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Informazioni personali

- Marina Salomone
- Mi occupo di terapie olistiche dal 1983. Hobby principale il disegno: sono su Flickr sotto il nome di Marina Salomone
per chi fosse interessato a trattare questi argomenti in maniera più appofondita c' è sempre il mio sito web ufficiale: www.GurudiTamara.com