domenica 12 luglio 2015
CICATRIZZAZIONE
La pelle ha, tra le sue tante funzioni, quella di “barriera epidermica” (FBE). Lo strato corneo è il principale attore di questa barriera; esso grazie alle lamelle di cheratina e ai lipidi interlamellari, forma una barriera semipermeabile. Una delle cause delle alterazioni della FBE è la diminuzione dei lipidi interlamellari. Normalmente, se avvengono delle lesioni, come ad esempio in seguito a una ferita o ad una ustione, la pelle tende a mettere in atto una complessa sequenza di azioni che rendono possibile il processo di riparazione tissutale. Si viene a formare un tessuto cicatriziale che, pur ripristinando le condizioni iniziali di barriera, presenta però una struttura diversa da quella del tessuto originario. Ma non sempre le cose vanno come dovrebbero. In alcuni casi il processo di riparazione è deficitario e in questo caso insorgono ulcere, oppure il processo è troppo accentuato e allora insorgono cheloidi. In seguito alla lesione si ha:
prima fase processi di coagulazione e infiammazione che hanno lo scopo di bloccare la perdita di sangue e richiamare nella zona diversi tipi di cellule, che agiscono nella fase successiva.
seconda fase. Qui si ha la formazione del tessuto di granulazione (è detta anche fase proliferativa).
Terza fase processo di rimodellamento tissutale, che tende a ridare al tessuto danneggiato una morfologia e una funzione il più possibile vicina a quella del tessuto originario.
Cruciale in tutti questi meccanismi è l’intervento dei leucociti, delle cellule endoteliali e dei fibroblasti, richiamati e attivati dalle citochine prodotte a cascata a partire dalle piastrine, responsabili degli eventi precoci del processo di riparazione. I macrofagi partecipano alla rimozione dei residui tissutali ma richiamano anche le cellule endoteliali e i fibroblasti. Alle cellule endoteliali sono delegati i processi di rigenerazione tissutale con la produzione di collagene e il rimodellamento della matrice extracellulare. E’ la fase del tessuto di granulazione, il vero momento di riparazione del danno tissutale, durante la quale vengono prodotte sostanze che verranno modificate nella fase successiva, quella di rimodellamento, a conclusione dell’intero processo. Il tutto orchestrato dalla produzione di citochine (molecole che permettono la comunicazione intercellulare), di enzimi e di proteine. Il fenomeno dell’ipossia accomuna i diversi tipi di ulcere ed è alla base della degenerazione tissutale e delle difficoltà di riparazione. Nei processi di riparazione sono di primaria importanza le citochine di derivazione macrofagica (come le IL1-6-8) ma anche fattori di crescita come il PDGF (platelet derived growth factor) ad attività chemiotattica e attivatrice nei confronti della neoangiogenesi e della riorganizzazione della matrice extracellulare.
L’applicazione terapeutica del PDGF nell’ulcera cutanea è già in commercio. Sono in fase di studio altre molecole come il GM-CSF (granulocyte macrophage colony stimulating factor=fattore stimolante la proliferazione di macrofagi e granulociti) che sta dando risultati incoraggianti. Nell’ambito dei cosiddetti sostituti dermici, gli autoinnesti cutanei sono già una realtà. La metodica prevede l’amplificazione in vitro di frammenti bioptici di cute del paziente e il successivo reimpianto nella zona di cute lesionata. L’impianto viene eseguito applicando prima il foglietto dermico contenente i fibroblasti al quale si sovrappone il foglietto contenente i cheratinociti.
Il nuovo tessuto si organizza non come cute integra ma come insieme di fibre collagene ed elastiche che assicurino la tenuta del tessuto e la continuità anatomica dello stesso. Più ampia è la superficie lesionata, maggiore sarà la probabilità di disomogeneità strutturale del tessuto
neo-formato, con formazione cicatriziale che sfuggirà al controllo omeostatico divenendo essa stessa causa di patologia. I processi di cheloidizzazione, in cui la spinta di formazione del tessuto è esuberante e continua anche dopo la rimarginazione della ferita, sono poco conosciuti. Dopo escissione chirurgica del tessuto cicatriziale anomalo, si assiste spesso a recidiva peggiorativa del cheloide.
I medicinali “astringenti” sono sostanze che agiscono sulle mucose e sulle ferite mediante una precipitazione delle proteine in strati superficiali e causano in tal modo una chiusura ermetica e un leggero restringimento dei tessuti.
AMAMELIDE Le preparazioni a base di amamelide sono dotate di proprietà astringenti la cui portata varia secondo la modalità di produzione. L’impiego di medicinali astringenti, come le preparazioni a base di amamelide in concentrazioni non sufficientemente alte da indurre la precipitazione delle proteine, induce una chiusura delle membrane cellulari e una riduzione della permeabilità capillare; tali effetti si traducono in un’azione antiflogistica. A concentrazioni più alte gli astringenti causano una precipitazione delle proteine che ha come effetto una condensazione delle porzioni colloidali dei tessuti, la costituzione di una membrana fluida nell’area della lesione e una leggera compressione dei tessuti cutanei immediatamente sottostanti. In questo modo viene ostacolata la penetrazione dei germi e degli agenti nocivi. La capacità di indurre una precipitazione delle proteine tipica delle proantocianidine, sembra dipendere dalla grandezza molecolare di queste sostanze. Tra gli effetti degli astringenti sulla pelle la letteratura cita l’incremento della capacità di resistenza della cute, la diminuzione dell’irritabilità dei tessuti e del riassorbimento delle sostanze tossiche. Tali effetti, sebbene appaiano plausibili, necessitano di un’adeguata conferma sperimentale. Non è accertato un effetto antibatterico diretto dell’amamelide. Sia la droga che la tintura di amamelide possiedono effetti astringenti relativamente marcati; in questo senso il materiale ricavato dalla corteccia ha dato risultati migliori di quello ottenuto dalle foglie. Il trattamento finale di aree purulente con un unguento al 20% di amamelide ha portato a una regressione della suppurazione più rapida rispetto ai controlli (trattati con H2O2), talvolta con il risultato di diminuire o arrestare totalmente la suppurazione nel giro di 24h. E’ stata evidenziata anche un’azione emostatica di questa pianta. La Commissione E riporta una monografia di cui citiamo un passo: “ campo di applicazione: ferite cutanee leggere, infiammazioni locali della pelle e delle mucose, disturbi di vene varicose”. Dosaggio. (In assenza di indicazioni diverse) uso esterno distillato in vapore acqueo (acqua di hamamelis) non diluito oppure diluito in rapporto 1:3 con acqua in qualità di impacco, dal 20 al 30% in preparazioni semisolide; preparazioni dell’estratto: in soluzioni semisolide e liquide con un contenuto della droga pari al 5-10%; droga: decozione di 5-10 grammi in circa 250 ml di acqua per impacchi e lavaggi. Uso interno (sulle mucose): supposte utilizzare da 1 a 3 volte al giorno in una quantità corrispondente a 0,1-1 g di droga di una preparazione; impiegare acqua di A non diluita o diluita in acqua. Secondo la maggior parte degli autori, oltre a quanto indicato sulla Commissione E, essa è indicata per: scottature, contusioni, slogature ,ferite aperte, punture di insetti, geloni, piaghe dei capezzoli, infiammazioni del seno, ulcere varicose dei piedi, foruncoli e carbonchio, ulcus cruris e sindrome flebostatica.
Per ottenere una più rapida guarigione delle ferite è necessario favorire le capacità rigenerative della cute, attraverso la modulazione delle reazioni infiammatorie. CALENDULA è indicata per le ferite a lenta e difficile guarigione, ustioni, eczemi. I suoi principi attivi sono carotenoidi, saponine triterpeniche (glicoli ed esteri) nonché prodotti del catabolismo dei carotenoidi
Particolarmente efficace, secondo un gruppo di ricercatori neozelandesi, sulle ferite è l’applicazione di MIELE DI MIRTO AUSTRALIANO (Leptospermum). Da qui l’immissione in commercio di bende trattate con questo miele.
Dai semi di ROSA MOSQUETA si ottiene un olio a elevato contenuto di acidi grassi polinsaturi come l’acido linoleico, linolenico e oleico. Questo olio è indicato sia per l’uso dermatologico che in campo nutrizionale. Esso ha proprietà cicatrizzanti e rigeneranti dei tessuti. Un apporto non equilibrato di acidi grassi, cioè ricco di acidi grassi saturi e trans e povero di polinsaturi, a livello della pelle determina la riduzione delle capacità di trattenere l’acqua da cui derivano disidratazione, anelasticità, esfoliazione e precoce invecchiamento. E’ indicato nel trattamento di cicatrici ipercromiche, cicatrici ipertrofiche, cicatrici retrattili originate da incisioni chirurgiche, traumi e ustioni. In campo cosmetico è usato per cheloidi, invecchiamento prematuro della pelle, attenuazione delle rughe d’espressione, macchie di vecchiaia, scottature solari. Nelle cicatrici chirurgiche viene applicato dopo l’asportazione dei punti di sutura 2 applicazioni al dì per 3 mesi e la cicatrice arriva spesso a scomparire del tutto.
Secondo Jelmini: “ l’olio d’oliva applicato sulle cicatrici per circa 1 anno fa scomparire anche le cicatrici profonde, sia internamente che esternamente. In generale ungersi è molto indicato per la donna in menopausa dove si assiste ad un rapido aumento della secchezza cutanea e quindi invecchiamento della pelle”.
MIRRA (spagirico, oppure come olio essenziale) è citato nel prontuario Astrum per gli effetti cicatrizzanti.
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Informazioni personali
- Marina Salomone
- Mi occupo di terapie olistiche dal 1983. Hobby principale il disegno: sono su Flickr sotto il nome di Marina Salomone
per chi fosse interessato a trattare questi argomenti in maniera più appofondita c' è sempre il mio sito web ufficiale: www.GurudiTamara.com
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