domenica 26 luglio 2015
ENZIMI
Gli enzimi sono delle sostanze (molecole) che si inseriscono in una reazione chimica dell’organismo che avviene tra altre sostanze senza diventare essi stessi il prodotto della reazione. Per le loro azioni essi vengono definiti “catalizzatori”. In pratica si comportano come un mediatore che permette o facilita una transazione in un affare economico: nella compravendita egli non ha né venduto né acquistato e alla fine della transazione è pronto per occuparsi di un nuovo affare tra altri due nuovi clienti. Allo stesso modo, dopo che la reazione è avvenuta, gli enzimi non risultano modificati e sono pronti per catalizzare la successiva. Gli enzimi sono indispensabili per un grandissimo numero di reazioni, in quanto senza il loro intervento queste non potrebbero avvenire; in altri casi invece essi permettono solo alla reazione di svolgersi molto più velocemente.
Gli enzimi sono composti da due parti: l’apoenzima e il coenzima. La prima rappresenta la struttura principale, al centro della quale si colloca il coenzima, in genere una vitamina o uno ione metallico, necessario affinché l’enzima possa attivarsi ed espletare le proprie funzioni. Per questo quando non riforniamo adeguatamente il nostro corpo di vitamine e minerali, molti enzimi non possono svolgere il loro lavoro, e le funzioni vitali che da essi dipendono sono compromesse. L’organismo sintetizza da sé quasi tutti gli enzimi di cui ha bisogno grazie al DNA. Il DNA è diviso in 24 sezioni dette geni. In alcuni geni (a parte quelli con le caratteristiche morfologiche del soggetto) sono contenute le informazioni per la corretta esecuzione dei processi che si svolgono nell’organismo, come ad esempio la costruzione delle proteine. Ogni cellula, per compiere lo specifico incarico che deve svolgere, copia la parte di DNA che contiene l’istruzione relativa al compito sull’RNA. per la costruzione delle proteine l’RNA viene trasportato nel ribosoma, una specie di laboratorio chimico all’interno della stessa cellula, dove le istruzioni vengono eseguite e la proteina richiesta viene assemblata. Molte di queste proteine sono enzimi. Quando è pronta deve raggiungere il suo “posto di lavoro”, che può essere all’interno della stessa cellula o anche molto lontano in altre parti del corpo. In questo secondo caso passa attraverso la membrana cellulare ed entra nella circolazione sanguigna o linfatica.
Gli enzimi partecipano a tutti i processi vitali basilari: all’interno della cellula, e precisamente nei mitocondri, il glucosio viene convertito in energia grazie all’ossigeno e agli enzimi. Se l’energia prodotta è in esubero, altri enzimi si occupano di immagazzinarla. Alcuni, come la pepsina o la papaina, sono coinvolti nel processo digestivo. Essi scindono le macromolecole alimentari nei loro costituenti di base, in modo da renderle assimilabili. Di nuovo è necessario l’intervento degli enzimi: grazie a loro le molecole passano attraverso le pareti dell’intestino nella circolazione sanguigna. Incredibilmente varia è la quantità di compiti che gli enzimi assolvono, ciascuno essendo estremamente specializzato nel catalizzare uno e un solo tipo di reazione, a differenza dei catalizzatori inorganici. Per questo non ci sono praticamente conflitti, e l’attività di ciascuno non intralcia quella degli altri. La loro elevatissima specificità è dovuta al fatto che il sito attivo interagisce con i reagenti in modo stereospecifico, cioè è sensibile anche a piccolissime differenze della struttura tridimensionale.
Oltre alla mancanza del coenzimi, altri fattori possono ostacolare o inibire la funzionalità enzimatica: ad esempio può verificarsi una carenza di substrato, cioè della materia che gli enzimi dovrebbero modificare, o le stesse cellule potrebbero non essere in grado di produrre enzimi a sufficienza. Ciò avviene in genere a causa di una mutazione del gene corrispondente, quando cioè parte del codice genetico è corrotto. Gli enzimi sono inoltre molto sensibili alle variazioni di temperatura: il freddo rallenta sensibilmente la loro attività. Questa caratteristica viene sfruttata quando si congelano gli alimenti per conservarli: si arrestano così i processi biologici che li porterebbero alla decomposizione. Al contrario temperature elevate, ma al di sotto dei 50°C, li stimolano: è quello che succede quando abbiamo la febbre: per fronteggiare rapidamente e con efficacia l’aggressione gli enzimi si mettono a fare gli straordinari!
NOTA
Tratto da: Il grande libro della papaya di Viviana Fontanari e Carlo Delucca
domenica 19 luglio 2015
Strategie di bisogno e potere
Le nostre strategie per difenderci dallo stress e per ottenere la soddisfazione, o almeno una parvenza di soddisfazione, delle nostre principali istanze, contribuisce a forgiare e viene forgiata dalla nostra struttura fisica.
Ecco perché per un operatore sanitario può essere importante non trascurare l’analisi morfologica di un soggetto che si affida alle sue cure.
Jader Tolja e Francesca Speciani, su questa materia che unisce la fisiognomica alla psicologia e ad altre discipline affini a queste prime due, hanno scritto un magnifico testo molto apprezzato, “Pensare col corpo”, che vi consiglio di leggere e del quale riporto un breve brano riguardo alle strategie di bisogno e quelle di potere.
AUTONOMIA E DIPENDENZA
nel corpo e nella personalità
una persona in contatto solo con il proprio bisogno prova facilmente la sgradevole sensazione di essere alla mercè degli altri. D’altra parte, chi è in contatto solo con il proprio potere è deprivato dell’esperienza emotiva data dal provare un reale e profondo desiderio e quindi anche del significato che questo darebbe alla sua vita. Vediamo quindi un po’ più in dettaglio cosa comportano queste due organizzazioni a
livello fisico. Che cosa succede quando un soggetto basa tutta la propria strategia sul bisogno? In natura, la visione di un cucciolo o di un bambino piccolo stimola sentimenti di protezione. E’ facile accorgersi che un soggetto sta usando una strategia fisica e psicologica basata sul bisogno ogni volta che in sua presenza ci si sente particolarmente forti, capaci, illuminati, intelligenti, scaltri, coraggiosi. Ovvero quando insieme a lui ci si sente molto potenti. Chi adotta inconsapevolmente la strategia del bisogno è esattamente il tipo di soggetto di cui si circondano volentieri le persone con una polarità complementare, ovvero quelle che applicano (altrettanto inconsapevolmente) una strategia basata sul potere. Tra queste ultime si trovano di frequente insegnanti, medici, guru, militari e chiunque rivesta posizioni di responsabilità, davanti alle quali ci si sente facilmente piccoli, incapaci, impediti, infantili e ignoranti. A questo tipo di rapporto si ispirano spesso coppie di attori comici che rappresentano in modo caricaturale l’attrazione reciproca esistente nella vita reale tra persone che interpretano sempre il ruolo di chi ha bisogno, di chi non ce la fa senza aiuto, e persone che offrono l’illusione di poter soddisfare questo bisogno di dipendenza, assumendosi anche la capacità e il potere dell’altro. Così pure singoli attori che , come Jerry Lewis nel ruolo dell’incapace o John Wayne nel ruolo del duro che protegge i deboli, recitano ruoli sempre uguali a se stessi, circondati da personaggi minori caratterizzati dalla polarità complementare. In realtà qualsiasi guru non è poi molto differente da Ollio se non nel fatto che ai nostri occhi e a quelli di un certo numero di persone sfugge il simpatico aspetto di farsa così ben delineato dall’attore. Alla lunga, anche nei “duri” alla John Waine emerge l’aspetto ripetitivo e quasi caricaturale che però, per coloro che ne subiscono il fascino, rimane ben celato da aspetti emotivi quali timore, bisogno di protezione, fantasie di inferiorità o di ricompensa. Ma non sfugge a occhi lucidi, come ad esempio quelli di Fritz Perls, uno dei più geniali e provocatori rinnovatori della psicologia, che così descriveva il suo incontro con un guru indiano: “ La sua storia era uno stereotipato entrare in contatto con l’infinito... tuttavia ha dei begli occhi e delle bellissime mani. Io personalmente penso che lui sia un disastro e non mi metterei a fare il santo per tutta la fama e l’oro del mondo. Il suo gioco e il suo ruolo sono congelati, sebbene sospetto che ci siano situazioni dove potrebbe essere capace di rivestire altri ruoli” .
Da un punto di vista psicologico i soggetti che basano la loro strategia sul bisogno mostrano in genere uno stato di dipendenza. Per contro, da una persona spinta fin dalla più tenera età a identificarsi esclusivamente con la propria autonomia per sopravvivere alle richieste implicite ed esplicite dell’ambiente familiare ci si può facilmente aspettare una vita coerente con l’idea di fondo che non sia possibile essere amati se non si ha potere. Evento che, fintanto che tale convinzione rimane indiscussa, puntualmente si verifica nella sua realtà.
L’individuo che funziona sul bisogno rinuncia a esprimere la sua potenza, incarna molto bene la fase orale dell’evoluzione. Per questo accanto a una persona che ha potere cerca di mettersi in una posizione di complicità e di indifferenziazione: la sua sopravvivenza è legata all’identificazione con la persona che segue e con cui diventa tutt’uno. Il suo obiettivo primario è non crearle problemi. In certi ambienti, questi soggetti diventano facilmente i favoriti, ma in alcuni casi più per la loro adattabilità e innocuità che per sentimenti di stima o affetto. Quindi senza ricevere rispetto e riconoscimento perché, da parte sua, la persona che basa la sua strategia sul potere, più che di individui con cui confrontarsi, ha bisogno di complicità.
Per essere innocue, per non sentire un senso di separazione, di frustrazione quando fanno quello che gli viene chiesto, le persone centrate sul bisogno si illudono di ricevere più di quello che danno, mentre la rinuncia alla propria forza e l’assoggettarsi alla complicità sono di fatto il prezzo che pagano anche fisicamente. Per poter aderire a un’immagine meno sana e capace di quella che sarebbe consona e naturale per la loro età, anche il loro corpo si presenta spesso minuto e privo di potenza, con un’energia trattenuta all’interno perché non si manifesti all’esterno, causa di una continua tensione nervosa. Appoggiati su gambe che non esprimono forza e consistenza, hanno torace e spalle più stretti di quanto ci si possa aspettare in persone della loro età. L’atteggiamento fisico è di tipo concavo; il respiro è corto, più scarso del suo potenziale: il mantenimento della strategia basata sul bisogno richiede infatti di non riempirsi adeguatamente. Lasciarsi nutrire e riempire, apprezzare quello che si riceve, infatti, porta a crescere, a espandersi a mobilitare gli organi addominali (fonte di potenza), e tutto questo non è compatibile con la strategia adottata.
Per contro, chi basa la sua strategia sul potere si presenta con una postura più eretta e una struttura più espansa rispetto a una condizione neutra. Ha un respiro particolare, come se il polmone avesse difficoltà a lasciar uscire tutta l’aria inspirata. Di conseguenza il torace è molto espanso e il diaframma ha un’escursione ridotta così che non può massaggiare con il suo ritmico contrarsi e distendersi tutto il contenuto della cavità addominale, che risulta quindi meno mobile di quanto potrebbe essere. La parte bassa della schiena e gli arti inferiori sono in uno stato di tensione permanente e ricevono poca energia perché la persona, col proprio respiro, con l’attenzione e con la circolazione favorisce, inconsapevolmente ma regolarmente, la parte superiore e anteriore del corpo, cioè quelle che danno una sensazione di potere e di forza più immediate a livello visivo. Psicologicamente, questa persona crede di non avere alternative e quindi cerca di ottenere ciò che gli serve dal potere che ha. E lo fa scoprendo su quali aspetti siano più vulnerabili o ricattabili le persone che lo circondano. Ha una fantasia di essere generoso , ma difficilmente si rende conto che la sua generosità spesso finisce per sottrarre all’altro l’autostima, la capacità di fare da solo, l’autonomia. E per corazzare il proprio nucleo interno --che è fonte di emozioni, di sentimenti, di piacere e quindi in contraddizione con l’esercizio del potere-- ispessisce e carica la parte esterna del corpo, che così diventa più dura (e non di rado molto pelosa). Le differenze fisiche delineate sono la conseguenza della strategia che ognuno di questi personaggi adotta --più o meno consapevolmente-- per sopravvivere. Le persone che fondano la loro strategia sul bisogno e sul potere viaggiano spesso in coppia in quanto rappresentano modi archetipici di essere molto specifici e complementari, una coppia di polarità tra le più diffuse e conosciute, sul palcoscenico della vita.
BISOGNO, POTERE E MALATTIA
non è pensabile che due persone con corpi e strategie così differenti si ammalino nello stesso modo. Se un soggetto tiene costantemente il torace in inspirazione per sentirsi più potente, più facilmente andrà soggetto a malattie quali asma o enfisema. D’altra parte, se lo tiene in una condizione di costante svuotamento, la sua debolezza polmonare si rifletterà in un tipo diverso di disturbi, quali ad esempio frequenti bronchiti. L’escursione limitata del diaframma e la scarsa mobilità degli organi di una persona del primo tipo, spesso accompagnati da eccessi alimentari e in particolare di zuccheri (necessari per nutrire le ghiandole surrenali che in questa situazione lavorano molto), rendono più esposti a malattie metaboliche quali il diabete. L’eccessiva tensione, contrazione e implosione di chi basa la sua strategia sul bisogno (con tutto il corredo di frustrazioni) porterà invece più facilmente a malattie quali la gastrite o l’ulcera. Anche la pressione arteriosa dei due personaggi sarà certamente differente. Se consideriamo che questo valore esprime la forza interna necessaria a contrastare una pressione esterna -- non solo fisica ma anche psicologica--, la responsabilità che grava su una persona può essere interpretata in modo analogo al peso della vettura su un pneumatico. Come tutti sappiamo, se la vettura è pesante, la pressione delle due o più persone, il limite della situazione potrebbe essere, per chi vi è coinvolto, la difficoltà di muoversi tra aspetti diversi della sua personalità che, quando coesistano in modo equilibrato-- consentono una maggiore possibilità di scelta nelle diverse situazioni che si trova ad affrontare.
Ovviamente non esistono solo queste due strategie del potere e del bisogno. In realtà le strategie sono numerose tanto quanto le persone dato che anche nelle grandi linee di una strategia ci sono altrettante sfumature assolutamente individuali. Questi esempi ci servono però come traccia per analizzare i corpi dei soggetti che rientrano nelle più comuni strategie di comportamento. Oltre a bisogno e potere sono state definite in modo ampio anche le seguenti:
--negazione del bisogno
--resistenza--distacco
--seduzione
--azione
--mimetismo
...che esamineremo nel prossimo capitolo.
mercoledì 15 luglio 2015
domenica 12 luglio 2015
CICATRIZZAZIONE
La pelle ha, tra le sue tante funzioni, quella di “barriera epidermica” (FBE). Lo strato corneo è il principale attore di questa barriera; esso grazie alle lamelle di cheratina e ai lipidi interlamellari, forma una barriera semipermeabile. Una delle cause delle alterazioni della FBE è la diminuzione dei lipidi interlamellari. Normalmente, se avvengono delle lesioni, come ad esempio in seguito a una ferita o ad una ustione, la pelle tende a mettere in atto una complessa sequenza di azioni che rendono possibile il processo di riparazione tissutale. Si viene a formare un tessuto cicatriziale che, pur ripristinando le condizioni iniziali di barriera, presenta però una struttura diversa da quella del tessuto originario. Ma non sempre le cose vanno come dovrebbero. In alcuni casi il processo di riparazione è deficitario e in questo caso insorgono ulcere, oppure il processo è troppo accentuato e allora insorgono cheloidi. In seguito alla lesione si ha:
prima fase processi di coagulazione e infiammazione che hanno lo scopo di bloccare la perdita di sangue e richiamare nella zona diversi tipi di cellule, che agiscono nella fase successiva.
seconda fase. Qui si ha la formazione del tessuto di granulazione (è detta anche fase proliferativa).
Terza fase processo di rimodellamento tissutale, che tende a ridare al tessuto danneggiato una morfologia e una funzione il più possibile vicina a quella del tessuto originario.
Cruciale in tutti questi meccanismi è l’intervento dei leucociti, delle cellule endoteliali e dei fibroblasti, richiamati e attivati dalle citochine prodotte a cascata a partire dalle piastrine, responsabili degli eventi precoci del processo di riparazione. I macrofagi partecipano alla rimozione dei residui tissutali ma richiamano anche le cellule endoteliali e i fibroblasti. Alle cellule endoteliali sono delegati i processi di rigenerazione tissutale con la produzione di collagene e il rimodellamento della matrice extracellulare. E’ la fase del tessuto di granulazione, il vero momento di riparazione del danno tissutale, durante la quale vengono prodotte sostanze che verranno modificate nella fase successiva, quella di rimodellamento, a conclusione dell’intero processo. Il tutto orchestrato dalla produzione di citochine (molecole che permettono la comunicazione intercellulare), di enzimi e di proteine. Il fenomeno dell’ipossia accomuna i diversi tipi di ulcere ed è alla base della degenerazione tissutale e delle difficoltà di riparazione. Nei processi di riparazione sono di primaria importanza le citochine di derivazione macrofagica (come le IL1-6-8) ma anche fattori di crescita come il PDGF (platelet derived growth factor) ad attività chemiotattica e attivatrice nei confronti della neoangiogenesi e della riorganizzazione della matrice extracellulare.
L’applicazione terapeutica del PDGF nell’ulcera cutanea è già in commercio. Sono in fase di studio altre molecole come il GM-CSF (granulocyte macrophage colony stimulating factor=fattore stimolante la proliferazione di macrofagi e granulociti) che sta dando risultati incoraggianti. Nell’ambito dei cosiddetti sostituti dermici, gli autoinnesti cutanei sono già una realtà. La metodica prevede l’amplificazione in vitro di frammenti bioptici di cute del paziente e il successivo reimpianto nella zona di cute lesionata. L’impianto viene eseguito applicando prima il foglietto dermico contenente i fibroblasti al quale si sovrappone il foglietto contenente i cheratinociti.
Il nuovo tessuto si organizza non come cute integra ma come insieme di fibre collagene ed elastiche che assicurino la tenuta del tessuto e la continuità anatomica dello stesso. Più ampia è la superficie lesionata, maggiore sarà la probabilità di disomogeneità strutturale del tessuto
neo-formato, con formazione cicatriziale che sfuggirà al controllo omeostatico divenendo essa stessa causa di patologia. I processi di cheloidizzazione, in cui la spinta di formazione del tessuto è esuberante e continua anche dopo la rimarginazione della ferita, sono poco conosciuti. Dopo escissione chirurgica del tessuto cicatriziale anomalo, si assiste spesso a recidiva peggiorativa del cheloide.
I medicinali “astringenti” sono sostanze che agiscono sulle mucose e sulle ferite mediante una precipitazione delle proteine in strati superficiali e causano in tal modo una chiusura ermetica e un leggero restringimento dei tessuti.
AMAMELIDE Le preparazioni a base di amamelide sono dotate di proprietà astringenti la cui portata varia secondo la modalità di produzione. L’impiego di medicinali astringenti, come le preparazioni a base di amamelide in concentrazioni non sufficientemente alte da indurre la precipitazione delle proteine, induce una chiusura delle membrane cellulari e una riduzione della permeabilità capillare; tali effetti si traducono in un’azione antiflogistica. A concentrazioni più alte gli astringenti causano una precipitazione delle proteine che ha come effetto una condensazione delle porzioni colloidali dei tessuti, la costituzione di una membrana fluida nell’area della lesione e una leggera compressione dei tessuti cutanei immediatamente sottostanti. In questo modo viene ostacolata la penetrazione dei germi e degli agenti nocivi. La capacità di indurre una precipitazione delle proteine tipica delle proantocianidine, sembra dipendere dalla grandezza molecolare di queste sostanze. Tra gli effetti degli astringenti sulla pelle la letteratura cita l’incremento della capacità di resistenza della cute, la diminuzione dell’irritabilità dei tessuti e del riassorbimento delle sostanze tossiche. Tali effetti, sebbene appaiano plausibili, necessitano di un’adeguata conferma sperimentale. Non è accertato un effetto antibatterico diretto dell’amamelide. Sia la droga che la tintura di amamelide possiedono effetti astringenti relativamente marcati; in questo senso il materiale ricavato dalla corteccia ha dato risultati migliori di quello ottenuto dalle foglie. Il trattamento finale di aree purulente con un unguento al 20% di amamelide ha portato a una regressione della suppurazione più rapida rispetto ai controlli (trattati con H2O2), talvolta con il risultato di diminuire o arrestare totalmente la suppurazione nel giro di 24h. E’ stata evidenziata anche un’azione emostatica di questa pianta. La Commissione E riporta una monografia di cui citiamo un passo: “ campo di applicazione: ferite cutanee leggere, infiammazioni locali della pelle e delle mucose, disturbi di vene varicose”. Dosaggio. (In assenza di indicazioni diverse) uso esterno distillato in vapore acqueo (acqua di hamamelis) non diluito oppure diluito in rapporto 1:3 con acqua in qualità di impacco, dal 20 al 30% in preparazioni semisolide; preparazioni dell’estratto: in soluzioni semisolide e liquide con un contenuto della droga pari al 5-10%; droga: decozione di 5-10 grammi in circa 250 ml di acqua per impacchi e lavaggi. Uso interno (sulle mucose): supposte utilizzare da 1 a 3 volte al giorno in una quantità corrispondente a 0,1-1 g di droga di una preparazione; impiegare acqua di A non diluita o diluita in acqua. Secondo la maggior parte degli autori, oltre a quanto indicato sulla Commissione E, essa è indicata per: scottature, contusioni, slogature ,ferite aperte, punture di insetti, geloni, piaghe dei capezzoli, infiammazioni del seno, ulcere varicose dei piedi, foruncoli e carbonchio, ulcus cruris e sindrome flebostatica.
Per ottenere una più rapida guarigione delle ferite è necessario favorire le capacità rigenerative della cute, attraverso la modulazione delle reazioni infiammatorie. CALENDULA è indicata per le ferite a lenta e difficile guarigione, ustioni, eczemi. I suoi principi attivi sono carotenoidi, saponine triterpeniche (glicoli ed esteri) nonché prodotti del catabolismo dei carotenoidi
Particolarmente efficace, secondo un gruppo di ricercatori neozelandesi, sulle ferite è l’applicazione di MIELE DI MIRTO AUSTRALIANO (Leptospermum). Da qui l’immissione in commercio di bende trattate con questo miele.
Dai semi di ROSA MOSQUETA si ottiene un olio a elevato contenuto di acidi grassi polinsaturi come l’acido linoleico, linolenico e oleico. Questo olio è indicato sia per l’uso dermatologico che in campo nutrizionale. Esso ha proprietà cicatrizzanti e rigeneranti dei tessuti. Un apporto non equilibrato di acidi grassi, cioè ricco di acidi grassi saturi e trans e povero di polinsaturi, a livello della pelle determina la riduzione delle capacità di trattenere l’acqua da cui derivano disidratazione, anelasticità, esfoliazione e precoce invecchiamento. E’ indicato nel trattamento di cicatrici ipercromiche, cicatrici ipertrofiche, cicatrici retrattili originate da incisioni chirurgiche, traumi e ustioni. In campo cosmetico è usato per cheloidi, invecchiamento prematuro della pelle, attenuazione delle rughe d’espressione, macchie di vecchiaia, scottature solari. Nelle cicatrici chirurgiche viene applicato dopo l’asportazione dei punti di sutura 2 applicazioni al dì per 3 mesi e la cicatrice arriva spesso a scomparire del tutto.
Secondo Jelmini: “ l’olio d’oliva applicato sulle cicatrici per circa 1 anno fa scomparire anche le cicatrici profonde, sia internamente che esternamente. In generale ungersi è molto indicato per la donna in menopausa dove si assiste ad un rapido aumento della secchezza cutanea e quindi invecchiamento della pelle”.
MIRRA (spagirico, oppure come olio essenziale) è citato nel prontuario Astrum per gli effetti cicatrizzanti.
domenica 5 luglio 2015
CAROTA
Un alimento con molti effetti benefici per l’organismo, particolarmente utile in questo periodo di caldo estremo e di vacanze al sole è la carota.
Dal punto di vista energetico della medicina orientale, fa parte degli alimenti Yang per la sua caratteristica nutritiva volta al consolidamento e all’effetto rinforzante e ricostituente.
Questo ben noto ortaggio ha un elevato contenuto di beta-carotene (che appunto da esso trae il nome), detto anche pro-vitamina A. Contiene anche notevoli quantità di altre vitamine ed acidi organici. Ricca di minerali: magnesio, zolfo, manganese, zinco, rame, iodio, cobalto, arsenico, bromo. Alto contenuto di fibre soprattutto pectina e cellulosa.
La carota è un modesto apportatore di zuccheri (fruttosio e glucosio), ma importante modulatore delle funzioni organiche, che lavora prevalentemente nella direzione della mineralizzazione e dell’accrescimento, della regolazione intestinale, dell’emopoiesi, della protezione degli epiteli e della retina, della fluidificazione biliare e della produzione di latte nella puerpera.
A proposito del contenuto vitaminico è da sottolineare che la carota contiene alfa, beta e gamma carotene. Il betacarotene si trasforma , con un’efficienza del 50%, in vitamina A, un composto liposolubile che fa parte integrante della rodopsina, pigmento retinico fondamentale per la funzione visiva (adattamento all’oscurità, percezione dei colori) la vitamina A è necessaria inoltre per la protezione delle mucose e della cute anche da agenti cancerogeni. Il betacarotene contenuto in 1 Kg di carote è all’incirca 10 volte superiore al fabbisogno giornaliero dell’organismo umano. La carota contiene pure un OE ricco di vitamina E, rinforzante la funzione riproduttiva e ad azione antiossidante e quindi protettiva nei riguardi dei radicali liberi; asparagina (un composto azotato a effetto blandamente diuretico); la daucarina è il principio attivo della carota che secondo ricerche sovietiche avrebbe azione coronaro-dilatatrice.
Aspetti terapeutici
tonico, rimineralizzante, antianemico (aumenta la sintesi di emoglobina e il numero di globuli rossi), fattore immunitario e di crescita, regolatore intestinale (antidiarroico e lassativo contemporaneamente), depurativo, coleretico, diuretico, pettorale, galattogeno, vermifugo e cicatrizzante. Nei confronti dello stomaco ha un effetto antiacido.
Risulta utile durante la crescita , in caso di debolezza, demineralizzazione, osteoporosi, rachitismo, anemie, sensibilità alle infezioni, linfatismo, carie, emeralopia, alcune dispepsie e gastriti, enterocoliti, stipsi, intossicazioni, lievi insufficienze epato-biliari, ritenzione di liquidi, sovrappeso, reumatismi, affezioni respiratorie croniche, allattamento, parassiti intestinali, dermatosi, geloni, piaghe, scottature. E’ stata da più parti dimostrata anche l’azione preventiva della carota su molti tumori, probabilmente da attribuirsi all’azione anti-radicali liberi delle sue vitamine (bassi livelli di betacarotene nel sangue preannunciano il cancro). Per avere 1/2-1/4 delle normali possibilità di contrarre il carcinoma polmonare, la carota dovrebbe essere consumata quotidianamente dai fumatori e anche dagli ex fumatori. Stesso accorgimento per prevenire il cancro della laringe, dell’esofago, del pancreas, della prostata, della vescica, dell’utero e del fegato. L’azione antiossidante si riflette beneficamente anche sull’apparato cardiovascolare, sui processi infettivi e sull’invecchiamento cellulare. Il beta-carotene ha anche dimostrato di stimolare la produzione di linfociti T, producendo un netto stimolo delle difese immunitarie, ma da più parti si è notato che è il complesso dei carotenoidi, e non il solo beta-carotene a sortire questo effetto (infatti in olistica consigliamo senza dubbio di mangiare carote e di non assumere vitamina A sintetica!). Nella radice di questa ombrellifera sono stati isolati gli aminoacidi serina e prolina e a quest’ultimo, che fa normalmente parte del collagene, sarebbe attribuibile l’effetto elasticizzante che la carota esercita sulla cute. L’uso abituale di carote (o del loro succo) oltre a far bene alla vista, evita infatti l’edema delle palpebre, la caduta delle ciglia e dei capelli, la secchezza della pelle, la debolezza delle unghie e la crosta lattea nei lattanti.
Secondo Weiss il suo esclusivo uso alimentare per 48h consecutive, libera i bambini dagli ossiuri.
Alcuni disturbi metabolici come l’iperglicemia, l’iperuricemia e l’ipercolesterolemia vengono attenuati con un uso anche modesto (circa 200 ml) ma abituale di carote.
Infatti, un particolare effetto della sua fibra consiste nella capacità di riciclare gli acidi biliari.
Si è constatato da parte di ricercatori americani, a Filadelfia, che un particolare componente della fibra della carota, il pectato di calcio, ha la singolare proprietà di unirsi agli acidi biliari: il composto che si forma viene però espulso con le feci.
Ecco allora che altro colesterolo verrà richiamato dai depositi per riformare nuovi acidi biliari.
La contemporanea presenza di pectato di calcio, se continuiamo ad assumere carote, ne causa l’eliminazione. Così il ciclo può proseguire e si assiste finalmente a una progressiva riduzione del colesterolo che così viene sottratto all’organismo.
ASPETTI TOSSICOLOGICI
la carota contiene dei composti ad azione estrogenica in concentrazione direttamente proporzionale al grado di concimazione del terreno di coltura: calcolati in DES (dietilstilbestrolo) sono stati rinvenuti da o,6 a 0,4 mcg di estrogeni x 100 di sostanza secca.
Questa radice contiene anche piccole quantità di antiormoni: sostanze antitiroidee ad effetto gozzigeno.
Altri ricercatori hanno rinvenuto nelle carote cotte e mal conservate, composti nitrosi suscettibili di dare origine a nitrosamine cancerogene. Tale rischio aumenta se le piante sono cresciute su un terreno povero di molibdeno, poiché tale oligo-elemento entra nella funzione enzimatica che catalizza la conversione del nitrato ad ammoniaca. Giacché il carotene è parzialmente termolabile e molto facilmente ossidabile all’aria, è senz’altro preferibile mangiare le carote crude, ed evitare di tagliarle molto tempo prima di servirle e consumarle. L’uso continuativo ed esagerato di carote (chili al giorno) masticate o in succo non è tossico ma provoca la colorazione giallo-arancio della cute.
PREPARAZIONI E DOSI
centrifugato da bere freschissimo: 1/2-2 bicchieri al giorno. Questo è un rimedio utilissimo anche nella colite ulcerosa: in tal caso è bene miscelare in parti uguali il succo fresco di carota con quello di cavolo: 2-4 bicchieri al giorno a stomaco vuoto.
In caso di diarrea: succo fresco oppure passato di carote bollite 10-20 minuti. dose: 200-400 ml al giorno.
In caso di stipsi: crema di carote ottenuta bollendo per 2 ore 1Kg di carote in 1 litro di acqua. Dose: 300-400 ml al giorno.
Vino al 5-8% 2-3 bicchierini al giorno.
Sovrappeso e fame nervosa: tenere pronta in frigorifero una ciotola di radici e gambi di sedano tagliati a rondelle: dose a volontà fra un pasto e l’altro in caso di “voglie pericolose”. E’ consigliabile aumentare il consumo di carote nei periodi di esposizione intensa al sole (azione protettiva e favorente la pigmentazione cutanea). La polpa fresca tritata ha effetto cicatrizzante sulle scottature, e protettivo, eudermico ed emolliente sulla pelle irritata o avvizzita: cataplasmi locali di mezz’ora 1-3 volte al giorno. Le foglie con i loro gambi sono molto ricche di vitamine A ed E: è opportuno aggiungerli alle radici durante la preparazione delle minestre, o guarnire gli stufati o i piatti di altre verdure.
Le foglie fresche sono un buon lenitivo su piaghe ulcere, scottature e paterecci.
I semi ricchi di OE composto soprattutto da pinene, limonene, daucolo, carotolo, acido formico e acetico, sono come per la maggior parte delle ombrellifere, una droga ad azione aperitiva, stomachica, carminativa, antisettica , antispasmodica sui muscoli lisci, colagogo-coleretica, galattogoga ed emmenagoga. Se ne usa la polvere: g 2-4/die oppure l’infuso al 5%: 2-3 tazze al giorno- tintura alcolica al 20% 1-3 cucchiaini al giorno.
INTEGRATORI
Deve essere prestata estrema cautela in caso di impiego dell’olio di semi di carota che potrebbe avere effetti sedativi sul SNC, simili a quelli determinati dai barbiturici. Ecco perché oggi si trova più facilmente in forma di estratto secco e non di perle contenenti l’olio come era d’uso fino a dieci anni fa.
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Informazioni personali

- Marina Salomone
- Mi occupo di terapie olistiche dal 1983. Hobby principale il disegno: sono su Flickr sotto il nome di Marina Salomone
per chi fosse interessato a trattare questi argomenti in maniera più appofondita c' è sempre il mio sito web ufficiale: www.GurudiTamara.com