venerdì 5 settembre 2014
DERMATITE ATOPICA
La dermatite atopica è un disturbo che si manifesta già nel neonato, verso il quarto-sesto mese di età.
I sintomi sono: prurito, eritema, desquamazione e croste. Le lesioni sono in genere simmetriche, cioè si manifestano su entrambi i lati del viso e del corpo, anche se non necessariamente con la stessa estensione. Sedi classiche sono le guance, la fronte e il mento, le pieghe del collo, delle braccia e delle gambe e la schiena. Anche la crosta lattea, che dapprima compare sul capo, può estendersi alle guance e creare gli stessi inconvenienti. Dopo i due anni, il quadro clinico dei bimbi è identico a quello degli adulti.
La pelle dimostra una ipofunzione delle ghiandole sebacee (sebostasi) e sudorifere (si suda meno del normale) e appare quindi secca e arrossata con un rilievo dermico grossolano delle parti cronicamente colpite. Le sopracciglia sono indebolite lateralmente. Alle analisi del sangue si nota un'alta concentrazione di anticorpi IgE ed eosinofilia: tipici markers dello stato allergico.
La malattia è notevolmente influenzata da fattori psichici (stress cronico), fattori ambientali (allergeni e pseudoallergeni) e peggiora in inverno e primavera.
I sintomi della neurodermite normalmente diminuiscono con l'avanzare dell'età e spesso la malattia scompare attorno ai 30 anni.
Nell’adulto che non abbia presente la sua anamnesi di bambino atopico, questa dermatite può essere erroneamente interpretata come una psoriasi. Ma è possibile distinguerla perché nella psoriasi c’é la desquamazione ed in seguito al grattamento si vede un caratteristico sanguinamento puntiforme.
La tipica secchezza cutanea dell’atopico è dovuta ad un deficit della funzione di barriera dello strato corneo.
Considerando che l’intestino del lattante è più permeabile e che presenta una fisiologica carenza di IgA, appare saggio cercare di evitare l’apporto di proteine estranee durante i primi 6 mesi di vita e incoraggiare l’allattamento al seno ogni volta che sia possibile, anche se è insufficiente ai bisogni alimentari del bambino; una riduzione dell’apporto antigenico è pur sempre consigliabile. In caso di allergia grave la madre deve eliminare dalla propria dieta gli alimenti a più alto potenziale allergizzante.
Ed ecco uno stralcio di appunti attinti da scritti professor Di Tullio, che riassumo qui di seguito, e su cui concordo in pieno.
“In omotossicologia la dermatite atopica è classificata nella fase di deposito, con sovraccarico della matrice. L’allergia alimentare è fortemente implicata; latte, uova, grano, mais, crostacei, nocciole, mandorle, arachidi, sono gli allergeni più comuni, anche se tutti gli alimenti possono svolgere un ruolo allergenico. Anche la cottura influisce sull’allergenicità degli alimenti. In genere gli allergeni di origine animale sono più stabili e mantengono più a lungo la propria attività, mentre gli allergeni vegetali vengono più facilmente degradati dalla cottura o da altre manipolazioni. Vi sono recenti dimostrazioni sul ruolo allergenico di additivi e conservanti; alcune gomme vegetali, rosso carminio, etilvanillina, vaniglia, tartrazina possono indurre direttamente una risposta IgE mediata.
PARENTESI DI APPROFONDIMENTO PER GLI OPERATORI SANITARI
Anche gli anticorpi della classe IgG STS (= Short Term Sensitizing) possono provocare reazioni allergiche: attivano la degranulazione dei mastociti e dei basofili promuovendo la deposizione di immunocomplessi con flogosi complemento-mediata Secondo i più recenti studi, l’iperproduzione di IgE allergene-specifiche potrebbe essere dovuta ad un’imperfetta regolazione della linea linfocitaria T, in particolare alla presenza di una popolazione predominante di linfociti T helper con profilo citochinico di tipo 1H2. Un’anomala popolazione di linfociti T helper CD4+ può spiegare l’insufficiente funzione dei linfociti T CD8 nella soppressione di IgE. Molti quadri diagnosticati come dermatite atopica mostrano ipersensibilità ritardata o cellulo-mediata, piuttosto che una reazione acuta IgE. La risposta può risiedere nelle cellule di Langerhans, che, in soggetti affetti da dermatite atopica, possiedono livelli più elevati di recettori IgE. Migrando nei linfonodi si comportano come cellule presentanti l’antigene ed inducono risposte Th2 allergene-specifiche. Nella dermatite atopica la risposta IgE tipica dell’atopia è convertita in risposta cellulare. L’incremento della produzione di IL4 e la scarsità di gamma-interferone giocano inoltre un ruolo fondamentale. Percentuali più elevate di cloni T secernenti IL4 sono stati osservati nel sangue di soggetti con dermatite atopica. Il fenotipo Th2 possiede alta capacità produttiva di IL4 e IL5 e scarsa o nulla capacità di produzione di IFN-gamma. La ragione per cui nei pazienti gli allergeni “espandano” i cloni CD4+ Th2 non è stata ancora chiarita. La nostra ipotesi è che l’intestino rappresenti l’apparato di selezione clonale T attraverso molteplici meccanismi. Ad esempio, numerosi quadri clinici sono caratterizzati dall’associazione di dermatite atopica e disbiosi intestinale; abbiamo spesso rilevato positività del test EAV per elminti. Gli elminti attivano selettivamente i Th2 rilasciando molti enzimi proteolitici. Per l’abnorme fermentazione putrefattiva nella disbiosi intestinale vengono rilasciati composti polifenolici in grado di attivare la linea Th2. Tuttavia il meccanismo che riteniamo essere quantitativamente più importante nel determinismo della DA è la “frattura” della cosiddetta tolleranza orale. Essa è una funzione specializzata del sistema immunitario mucosale intestinale (galt), reso abitualmente non responsivo agli antigeni proteici prodotti pervia orale. Il fenomeno è mediato dalle cellule T. I fattori che ne influenzano lo sviluppo includono la dose e la frequenza all’esposizione dell’antigene (il più delle volte proteico), il corredo genetico dell’ospite (biotipo e terreno diatesico), le precedenti immunizzazioni ed, infine, il livello di attivazione immunologica globale delle mucose (immunoflogosi del sistema MALT). Diversi meccanismi operano nello sviluppo della tolleranza orale. Le cellule T suppressor agiscono in modo antigene-specifico producando TGF-beta e, probabilmente, altri fattori soppressivi aspecifici. A causa di questa aspecificità antigenica, la tolleranza orale indotta dall’ingestione di un antigene può portare alla soppressione della risposta verso un secondo antigene somministrato per altra via, quando somministrati contemporaneamente. Questa soppressione potrebbe teoricamente spiegare come l’eventuale “frattura” della tolleranza orale verso un antigene alimentare, possa indurre reazioni patologiche immuni verso ad-s “cross reacting” pervenuti per altra via, ad esempio cutanea o mucosa. Un secondo meccanismo di tolleranza orale coinvolge l’induzione di anergia e delezione delle cellule T nell’animale da esperimento: è stato dimostrato che l’ingestione frequente di quantità rilevanti dello stesso antigene alimentare può portare all’esaurimento funzionale nella capacità di risposta “suppressor”. Si può quindi ipotizzare che i regimi alimentari che inneschino risposte Th1 deboli ( come l’ingestione di basse dosi di antigene) possano favorire lo sviluppo di cellule T producenti TGF-beta e, quindi, la tolleranza orale.
I regimi alimentari che evocano intense risposte, come ad esempio quelli con alte dosi di antigeni somministrati molto frequentemente, non stimolano la formazione di cellule producenti TGF-beta, inducendo , quindi, intolleranze alimentari.
FINE DELLA PARENTESI !
Le osservazioni condotte nel nostro poliambulatorio avvalorano il meccanismo della tolleranza orale. Infatti l’identificazione delle intolleranze alimentari, cioè degli alimenti contenenti antigeni che sono riusciti a superare la tolleranza orale, e la conseguente dieta di esclusione, agiscono contemporaneamente sulla dose e sulla frequenza del contatto allergenico alimentare. La dieta formulata sulla base delle intolleranze alimentari agisce operando un reset del meccanismo della tolleranza orale; ripristina, cioè, la funzione del sistema suppressor. Il test EAV consente di identificare rapidamente gli alimenti non tollerati. L’eliminazione di questi alimenti nel paziente affetto da DA posta ad un immediato miglioramento dei sintomi cutanei. La successiva reintroduzione dell’alimento con dieta di rotazione ogni 4 giorni, consente un buon controllo clinico della DA. Un aspetto che tengo a sottolineare è quello dell’allattamento materno. L’immunità mucosale è la capacità da parte delle cellule B IgA di penetrare nei dotti galattofori e di secernere IgA, poi trasportate nelle secrezioni mammarie (colostro e latte) dove la concentrazione è estremamente alta. Oltre agli effetti antinfettivi, le IgA secretorie svolgono un ruolo protettivo regolando l’assorbimento delle proteine alimentari nei primi giorni di vita, periodo in cui l’organismo è suscettibile allo sviluppo di reazioni allergiche IgE mediate di lunga durata. L’esposizione precoce a certi antigeni alimentari conduce allo sviluppo di allergie e il mancato allattamento materno, provocando un deficit di IgA protettive, è correlato ad atopia. L’allattamento materno attuato per almeno 6 mesi previene significativamente l’insorgenza di atopia.
Abbiamo prima citato alcuni additivi; anche altre sostanze aggiunte agli alimenti provocano reazioni allergiche cutanee attraverso meccanismi diversi. Alcuni additivi sono costituiti da polipeptidi o proteine di grandi dimensioni e, quindi, sono intrinsecamente immunogeni. Additivi di questo tipo comprendono gomme vegetali, farine di carrube (= E 410), farina di semi di guar (= E412) ecc. Altri additivi di basso peso molecolare sembrano interagire sia con le proteine tissutali che con le proteine alimentari inducendo una risposta immune umorale: sodio metabisolfito (E223), sodio benzoato (=E210-219) potassio sorbato (E202) ecc. Gli Anticorpi più frequentemente coinvolti sono le IgG STS e le IgA. Attraverso la deposizione di complessi immuni inducono flogosi complemento-mediata con coinvolgimento anche dell’apparato tegumentario. Pazienti con DA RAST-negativa riconoscono questo meccanismo di azione alla base della cronica ricorrenza dei sintomi cutanei”.
In diverse occasioni il professore ha sottolineato che i test allopatici per le allergie e intolleranze non sono abbastanza affidabili, mentre lo sono al 100% quello kinesiologico e l’EAV.
Altri punti importanti che il professore sottolinea sono:
1 il protocollo vaccinale obbligatorio induce una “forzatura” immunitaria in un periodo di non risposta (la maturazione del sistema immunitario avviene da 1 a 5 anni di vita). I fattori inducenti un’alterata risposta immunitaria sono principalmente: allattamento artificiale, alimentazione artificiale, vaccinazioni, terapie allopatiche (psicofarmaci, antibiotici, corticosteroidi, fluoro) , inquinamento ambientale ed atmosferico, stress psicologico.
2 L’uso topico di pomate cortisoniche fa “rientrare” l’eruzione cutanea per inibizione immunitaria per cui il sistema immunitario si rivolgerà ad altri organi: fegato, polmone, tubo digerente ecc.
3 Un altro problema è la prevenzione della carie dentaria con la fluorizzazione sistematica. L’inquinamento globale provoca una pandemia reattiva definita fluorosicotizzazione. La crescita dentale corrisponde alla maturazione a tappe del sistema immunitario. L’uso aggiuntivo di fluoro in questa e nelle successive fasi di sviluppo infantile è estremamente tossico. Può essere agevolmente sostituito da: calcarea fluorica, acidum fluoricum, baryta fluorica, natrum fluorosilicicum, magnesia fluorica ecc.
4 la dermatite atopica è una delle porte di entrata delle patologie immunitarie della pubertà e dell’età adulta: ecco perché va trattata con molta attenzione.
DIETA Il primo livello di intervento terapeutico è la desensibilizzazione del sistema immunitario intestinale; viene prescritta una dieta di eliminazione delle intolleranze da seguire per almeno 2 mesi; al successivo controllo, previa negatività del test, reintroduciamo l’alimento con dieta di rotazione ogni 4 giorni. E’ necessario raccomandare ai pazienti alimenti di sicura origine biologica, in particolare frutta, verdura e cereali integrali. Raccomandiamo anche l’uso frequente di pesce azzurro, olio di girasole (prima spremitura a freddo), per l’alto contenuto di acidi grassi polinsaturi omega 3 e 6 , particolarmente indicati nelle patologie infiammatorie cutanee. Correggeremo la frequente disbiosi con INUVITAL e SYMBIOLAST COMP. Nei bambini con il programma “symbioflor”.
OMEOPATIA
primi 3 anni di vita: CALCAREA CARBONICA e ANTIMONIUM CRUDUM; ma anche SULFUR, GRAPHITES, LYCOPODIUM. Ed in second’ordine: NATRUM MURIATICUM, CALCAREA PHOSPHORICA, CALCAREA FLUORICA, MERCURIUS.
Dopo i 6 anni: ARSENICUM ALBUM, GELSEMIUM, SEPIA, PSORINUM.
Dai 12 anni in poi i rimedi più indicati sono : ANACARDIUM, CHAMOMILLA, CUPRUM, HEPAR SULFUR, LYCOPODIUM, NUX VOMICA, SULFUR.
INTEGRATORI
Il più importante è l’ACIDO GAMMA-LINOLENICO a partire dalla seconda infanzia.
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Informazioni personali
- Marina Salomone
- Mi occupo di terapie olistiche dal 1983. Hobby principale il disegno: sono su Flickr sotto il nome di Marina Salomone
per chi fosse interessato a trattare questi argomenti in maniera più appofondita c' è sempre il mio sito web ufficiale: www.GurudiTamara.com
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