domenica 8 gennaio 2012
TEMPO DI BILANCI
TEMPO DI BILANCI
Ogni tanto nella nostra vita interiore si verificano dei momenti particolari in cui sentiamo di aver capito qualsosa sul “senso” della nostra vita. Questi particolari flash ci restano mente e ci danno delle particolari certezze... certezze che è impossibile trasmettere a chiunque altro perchè non è facile trasmetterle a parole. Certezze tutte personali, delle quali la “scienza” ride beffarda.
Questi momenti sono invece squarci nel velo di questa realtà che ci fanno intravedere concetti diversi da quelli cui siamo abituati.
La metafisica è un terreno importante nella vita e nella salute di una persona.
Oggi voglio condividere con voi un racconto di un amico che purtroppo ci ha lasciati di recente: Rodolfo Paguni
Un racconto di cui aveva dato lettura in sede pubblica due anni fa e che mi aveva autorizzato a illustrare pubblicare quando volessi; ebbene credo che quel momento sia arrivato: non in ritardo, bensì in occasione della sua recente dipartita, per portare consolazione e serenità a coloro che si trovano nella fase terminale della vita ed a coloro che pur sani e in forma, si soffermano volentieri su temi spirituali.
PER LA STRADA
Era un tardo mattino di avanzata primavera in una città inglese. Un uomo camminava lento lungo una strada di un quartiere suburbano, senza una meta conosciuta in anticipo. Sentiva su di sé l’aria ancora pungente in attesa di un’estate che si attardava, e forse non sarebbe stata calda. Intorno odori e profumi di gemme e fiori, dai modesti giardini di case che, a dispetto della loro tentata diversità per opera di chi vi abitava, apparivano tutte ugualmente grigie e monotone.
Queste abitazioni senza pretesa erano lì da quando il Paese, con le banche, le navi, l’industria aveva dominato il mondo, e portato alle città uomini e donne che, pur rimanendo poveri, avevano reso grande l’Inghilterra con il loro lavoro. Nascita e morte, amore, sofferenza e gioia di generazioni erano passate lungo quelle vie cosi simili tra loro, come quella lungo la quale ora quell’uomo stava procedendo lentamente.
Sa di non aver fretta perché in quel giorno di libertà, che si può indovinare nei jeans indossati, non lo attende di certo il lavoro di contabile in quella Assicurazione, situata nel quartiere degli affari, che tuttora mantiene il nome di quando l’Inghilterra era cosi forte nel mondo. Qualcosa di quel lavoro era comunque cambiato, da quando i suoi colleghi del passato usavano grandi registri rilegati, e abbondante inchiostro di colori diversi.
Si riteneva più fortunato perché oggi poteva impiegare un computer per curare i dati aziendali. Quel computer gli permetteva anche, quando cadeva nella noia o nell’ozio, e non era visto da occhi indiscreti e malevoli, di poter entrare in Internet e in qualche modo viaggiare nel mondo. D’altronde la lingua che parla gli permetteva un grande orizzonte. Era per lui come un modo di viaggiare per mari e porti lontani rimanendo in realtà sempre a casa.
Non era certo un lavoro creativo il suo, almeno nel modo corrente in cui un artista vede la creatività, e di certo non aveva mai amato competere per una carriera, o un avanzamento, o un guadagno ulteriore come i suoi colleghi erano più abituati a pensare ed agire.
Questo suo atteggiamento, conservato da sempre, per lui ha un pregio, ossia la sua capacità di separare, quasi come un taglio di coltello, il tempo lavoro, richiesto dal consorzio umano a contributo della vita, e il tempo riservato alla parte nascosta di sé, conosciuta da pochi intimi, che contemplava la poesia, l’immaginazione, i sogni, anche quelli che non si realizzano mai, proprio quelle cose che i colleghi, e il mondo cosiddetto più comune, generalmente non considerano.
La poesia per lui non era necessariamente quella scritta con le parole, ma piuttosto qualsiasi opera, anche di materia, che avesse tentato di cogliere la vita. Gli viene in mente che per secoli le donne dei nomadi dell’Anatolia avevano costruito kilim in cui con i colori ricavati dalla natura tessevano lane e figure mostrando la vita quotidiana nel suo ciclo del divenire. Questa gli sembrava da sempre autentica poesia.
L’uomo continua il suo cammino con attenzione e mente fluttuante, in cui entrano i diversi segni della vita, i genitori ormai andati, le persone di significato, i sogni mai del tutto compiuti, l’adolescenza e l’inquietudine come compagne inseparabili di vita, la tristezza della domenica, l’implacabile solitudine, il desiderio inattuabile e assurdo di quel periodo della sua vita di poter conoscere tutto dei mondi passati e di quello presente, i progetti, gli amori persi per sempre, le possibilità mai compiute. Si accorge che di qualche donna avrebbe voluto conoscere molto di più, ma ora non era più possibile, mentre di altre non sa ormai niente da tempo.
Camminava così da diverso tempo guardandosi dentro, quando da lontano sulla via deserta gli parve di udire un suono di musica piacevole e inconsueto. Dapprima prova meraviglia perché gli sembra insolito in quella circostanza, ma procedendo innanzi accompagnato dalle immagini del suo animo, la musica diviene sempre più definita, armoniosa, eterea, quasi da un mondo imprecisato, alieno da quella strada apparentemente così comune. Sembravano quasi esservi due realtà separate, il quotidiano di quella via e l’immaginario di un mito e luogo lontani.
Mano a mano che andava avanti la fisicità del suono andava crescendo. Sembrava la musica di un piano, ma era cosi flebile, dolce e armoniosa da poter essere confusa con il suono di un flauto o di un violino, leggera e sottile come era. Una definizione più comune l’avrebbe considerata angelica. Una melodia che chi ha pratica lunga di certe meditazioni dell’oriente sa provenire dall’intima interiorità della persona.
Sapeva pure che alcuni uomini in altre parti del mondo erano capaci di parlare e comunicare con gli alberi, ed anche di ascoltare lo scorrere della loro linfa, vita e sangue delle piante, come un’armonia musicale. Prerogativa del tutto perduta dagli uomini che vivono in questa parte del mondo i quali, parlando con gli alberi, malauguratamente correrebbero anche il rischio di esser considerati soggetti di psichiatria, e come tali inopportunamente curati.
Ma mentre procedeva, assieme ai ricordi della vita, gli vengono in mente anche pertinenti ricordi di quanto conosceva dalle letture di cui era sempre stato avido, come l’antico filosofo greco che aveva ben intuito la stretta relazione tra musica e matematica, ma anche il ricordo omerico di quando Ulisse, durante il peregrinare sul mare alla ricerca di un tragitto per il ritorno, fu costretto a farsi legare, ammagliato come era dal canto delle sirene, affinché la nostalgia per la propria terra non fosse indebolita o annientata da quel canto di esseri femminili.
Ma si ricorda pure di un altro Ulisse, nella figura di Leon Bloom, così simile a quello omerico, mentre sta compiendo un viaggio di una sola giornata per le vie di Dublino. Sente di somigliargli perché anche lui in fondo sta procedendo per una grigia città lasciandosi andare al flusso della sua coscienza e impressioni. Dice anche a sé che pure lui sta vivendo un daydreaming, un libero lasciarsi andare a pensieri, ricordi, in cui si mescolano come nell’arcobaleno i colori della vita, le emozioni passate e presenti.
Questo miscuglio di sensazioni e ricordi lo rendono attratto verso quella melodia che lentamente si sta avvicinando sempre più nitida. Si accorge pure che la melodia sta prendendo nella sua mente quasi la forma di una metafora o di un simbolo della vita, ed in particolare della sua, nell’avvicendarsi degli eventi che rendono interconnessa l’umanità presente, passata e futura. Sente di definire quel suono come celestiale scomodando parole che, queste sì, provengono dalla poesia scritta.
Alla fine si ferma proprio accanto a quella porta che dava su un piccolo giardino curato, con rose e altri fiori che, dalle sue scarse conoscenze sul verde, sapeva che ben attecchiscono alla terra. Rivolge lo sguardo più direttamente alla porta e inaspettatamente si accorge che è appena socchiusa, senza capirne la ragione. Si avvicina alla porta e d’istinto è tentato ad entrare, subito fermato però dall’educazione ricevuta dalla madre che gli impedisce di introdursi in una casa non accolto. Si ferma sulla soglia per più di un attimo, che vive in realtà come eterno, senza sapere che cosa fare. La dolcezza del suono intanto continuava liberamente.
La sua parte razionale certamente non sopporta l’idea di entrare e trasgredire, ma altrettanto forte è in quell’attimo la sua parte emozionale e la curiosità, che nella vita non lo aveva mai abbandonato, di conoscere di più rispetto alla melodia che sta udendo. Alla fine prevale la parte emozionale ed entra senza indugi.
Si trova di fronte una scala che portava al secondo piano, ma di certo l’armoniosità è proveniente da un ulteriore ingresso, al fondo di uno stretto corridoio a pianterreno verso il quale non esita ad andare. Anche questa porta è socchiusa, ma di questo non si meraviglia più di tanto, e decisamente entra.
Si accorge subito che chi esegue la musica è una giovane donna, non più adolescente, tutta presa dallo strumento tale, da non accorgersi neppure che qualcuno è entrato. L’uomo procede più sicuro di sé e le si avvicina proprio nel momento in cui leva il capo e scorgendo lo sconosciuto non si spaventa affatto, esprimendo invece un sorriso come se in realtà fosse una persona da molto conosciuta, il che definitivamente rassicurò l’uomo il quale a quel punto non si sentì più un intruso.
La donna indossa una lunga veste, sensuale, ricca di colori e fiori che gli rammenta la gentilezza delle sete orientali che, indossate, inducono al sorriso colui che guarda. Nella penombra appare esile e delicata, quasi diafana, un volto fine che sembra narrare una sofferta storia di vita, i capelli biondi, di un biondo cinerino. Quando qualche attimo prima ha alzato il capo i suoi occhi gli erano apparsi di un azzurro penetrante, vivace, quasi taglienti. Pensa anche di cogliere una sensualità quasi carnale, tuttavia non provocante, apparentemente in contrasto con l’esilità del corpo, e che suggerisce invece una profonda e sofferta spiritualità, manifestata appunto da quella melodia e da quello strumento.
Lei riprende a suonare con dedizione ricavando quei motivi che lo avevano indotto a deviare il cammino. Gli sembra di cogliere con lo sguardo una passione profonda ed insolita in quella donna, come se lei e lo strumento fossero una sola entità inscindibile. A quel punto si lascia andare a quella situazione che gli sta divenendo familiare, come se fosse conosciuta da sempre e alla quale non può e non vuole sottrarsi.
Rassicurato, sente dentro di sé che il daydreaming, interrotto dalla preoccupazione per la trasgressione compiuta, sta riprendendo. D’altra parte, come non poteva non succedere in quella situazione. La dolcezza della melodia gli risveglia questa volta ricordi davvero lontani che da anni non gli erano più tornati alla mente. Le immagini primissime dell’infanzia con le figure dei genitori e di altri adulti che allora sembravano enormemente grandi, in un luogo circondato da colline, alberi, cieli azzurri invernali. Gli sembrò che queste fossero immagini sbiadite che si ricomponevano con sempre maggior nitidezza.
Quei toni melodici gli facevano vedere la sua vita con una lucidità mai avuta prima, come se il tempo si condensasse in qualcosa di irrepetibile. Emozioni e ricordi che hanno animato la sua mente prima di entrare in quella casa ora stanno divenendo chiari e delineati quasi fossero capitoli di un libro. E’ un’intima sensazione, non facile da spiegare con le parole di un dizionario, ma la sente molto immediata e vicina. Quella musica, si accorge, sta divenendo un catalizzatore dell’infinità degli attimi della sua vita che ne danno un senso, tuttavia difficilmente comunicabile con le concrete parole .
Quella donna con quelle sue armonie e capacità di creare suoni dallo strumento gli stava dando quella rara possibilità di vedersi nella continuità della sua vita, come un’immagine in sé compiuta, proprio come succede talvolta di scorgere in forme della natura, che appaiono lì dall’origine del mondo, sebbene soggette nelle ere ad una loro fine.
Gli pare anche di intravedere sul frontespizio di uno degli spartiti di fronte a lei il nome di Pauline e quindi di conseguenza immaginò che potesse essere il suo nome. Se questo era vero, pensò che quella era l’unica cosa che conosceva di quella donna, assieme alla sua straordinaria capacità di fargli evocare l’essenza della sua vita.
Sente anche un vincolo profondo con quella donna come se si fossero condensati di colpo tutti i legami della sua vita in un unico aggregato di cellule che danno luogo a loro volta a qualsiasi forma di vita. Passarono attimi di un tempo infinito. In quella situazione di verità, che si andava lentamente costruendo dentro di lui, sente ad un tratto una sottile paura, di un mondo ignoto, un tremore indefinibile mai provato prima, contenente però un piacere insolito, quasi una voluttà.
Stranamente si accorse che il suo daydreaming si stava affievolendo, senza riuscire a dare una spiegazione plausibile di ciò che avveniva. Era come se sentisse che la paura per un mondo inconoscibile stesse scomparendo, accorgendosi di entrare in una dimensione inesplorata, di totale consapevolezza mai provata prima, in cui la sua vita e quella degli altri appariva di una chiarezza, mai definita fino ad ora, nei nessi e nelle contingenze. Sentì di non appartenere più a quel Paese, a quella città, a quel quartiere, a quella strada, a quella abitazione, a quella musica, che ormai sembrava quasi del tutto smarrita.
Gli sembrava comunque di aver portato con sé l’essenza di quella donna, di quell’incontro casuale avvenuto in quel quartiere suburbano, in quella mattina di non definita primavera, durante un suo giorno di libertà dal quotidiano. Capì anche che quella era una situazione di non ritorno che si sarebbe protratta per sempre.
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Informazioni personali
- Marina Salomone
- Mi occupo di terapie olistiche dal 1983. Hobby principale il disegno: sono su Flickr sotto il nome di Marina Salomone
per chi fosse interessato a trattare questi argomenti in maniera più appofondita c' è sempre il mio sito web ufficiale: www.GurudiTamara.com
un racconto molto intenso che hai saputo illustrare egregiamente,Ciao Marina,felice 2012
RispondiEliminaBrava Marina...un plauso...grande grande.
RispondiEliminaciaooo
Un racconto che si sostiene tutto su una condizione interiore, descritta benissimo dall'autore, che coinvolge totalmente, fino a quel finale che a me ha lasciato un pò sospesa, difficile da interpretare...Hai fatto un post molto particolare Marina: condividendo le tue sensazioni, non facili da trasmettere a parole, così come quelle del tuo amico Rodolfo, inviti a riflettere sul senso della vita e non è mai tempo perso. Bellissimi anche i tuoi disegni, complimenti. Ciao, buona settimana.
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