RADICALI LIBERI ANTIOSSIDANTI
E UNITÀ ORAC
i radicali liberi sono conosciuti già da molti anni: citati sulle pagine delle riviste, soprattutto in coppia fissa con gli antiossidanti. Questi ultimi poi ci vengono propinati in tutte le salse: nel balsamo che rivitalizza i capelli, nelle miracolose pillole anti-invecchiamento, nel bicchiere di succo ACE ipervitaminizzato, ecc. In mezzo a tale sbandieramento di antiradicali, ci si stufa di sentirne parlare prima ancora di aver capito bene di cosa si tratti. Il motivo per cui se ne parla tanto, e la ricerca scientifica se ne occupa sempre più, è che i radicali liberi sono coinvolti nella maggior parte delle reazioni metaboliche del nostro corpo. Attualmente vengono indicati come causa principale, o concausa di un’incredibile quantità di malattie che vanno dall’angina pectoris, al cancro, alla demenza senile e all’invecchiamento precoce, fino alla cataratta, ai problemi di infertilità, all’artrite, alle malformazioni congenite ecc., per questo qualunque cosa ci aiuti a combatterli risulta essere un alleato preziosissimo. Fortunatamente, man mano che si fa luce sull’estensione dei danni prodotti dai radicali liberi, si scoprono anche molte sostanze che ne contrastano l’azione, e che vengono collettivamente denominate antiossidanti. Si tratta di vari tipi di sostanze, che vengono sia prodotte dal nostro corpo, sia introdotte attraverso l’alimentazione. Sebbene siano presenti in buone quantità nella frutta e nella verdura, capita spesso che la quantità ingerita non sia sufficiente per contrastare efficacemente i processi ossidativi. Inoltre i radicali liberi vengono inevitabilmente e costantemente prodotti nel nostro corpo durante ogni processo metabolico: significa che se vogliamo continuare a vivere dobbiamo aspettarci di produrre radicali liberi in continuazione! ciò non vuol dire rassegnarsi alla prospettiva di un rapido declino fisico. Significa semplicemente che la battaglia contro i radicali durerà quanto la nostra vita, cioè a lungo, se combattiamo bene.(…)
Che cos’è un radicale libero?
i radicali liberi sono delle molecole fortemente instabili e reattive, in grado cioè di innescare reazioni chimiche. Alcuni sono molto piccoli, composti da appena uno o due atomi. Le molecole organiche sono sempre composte da una base di atomi di carbonio a cui si legano varie specie di altri atomi: sono questi, detti gruppi laterali, che determinano le proprietà della molecola e la sua capacità di interagire con le altre. Alcuni di questi gruppi laterali mostrano un comportamento particolare: se vengono rescissi dalla molecola di base, non si frantumano negli atomi che li costituiscono, ma rimangono insieme comportandosi un po’ come delle sub-molecole. Non rimangono sole a lungo: in brevissimo tempo trovano un’altra molecola in cui mettere radice. Per questo motivo vennero chiamate radicali.
Ora per capire come si comportano, prendiamo ad esempio l’acqua. normalmente in soluzione si divide in ioni H+ e OH-
tuttavia in particolari condizioni (esempio per esposizione a raggi gamma, raggi x o altro) si scinde anche in altri modi, per esempio lasciando un elettrone all’atomo di idrogeno e uno alla combinazione OH. Entrambe queste forme sono neutre, ma entrambe hanno un elettrone singolo nell’orbitale che cercherà di radicarsi in qualche altra molecola. Il primo è detto radicale idrogeno e corrisponde ad un singolo atomo di idrogeno, mentre il secondo è detto radicale idrossile: entrambi sono altamente instabili e reattivi. Il radicale idrossile in particolare cerca di attaccare qualsiasi molecola organica, ma è raro che si formi negli organismi viventi a partire dall’acqua. Tuttavia ci sono altri modi in cui si possono formare radicali idrossili e anche altri tipi di radicali, come il superossido, formato da 2 atomi di ossigeno legati con un singolo elettrone spaiato. Essendo molto reattivi, sono in grado di stabilizzarsi velocemente cedendo o acquisendo un elettrone. Ciò significa che lo hanno sottratto o rifilato ad un’altra molecola, che di conseguenza diventa essa stessa un radicale, dando così origine ad una rapidissima reazione a catena che può avere effetti catastrofici nel nostro organismo. L’intero processo, detto ossidazione, è un vero e proprio tipo di combustione, in cui l’ossigeno si lega con un substrato di partenza fino a formare una sostanza diversa: il ferro diviene ruggine, il legno cenere e fumo ecc. in origine il termine indicava l’aggiunta di ossigeno ad una sostanza x formare un nuovo composto, ora si riferisce a qualsiasi reazione chimica termini con la perdita di un elettrone da parte di un atomo. Come in un qualsiasi processo di combustione, durante l’ossidazione viene liberata energia, solitamente sotto forma di calore. Anche la ruggine che corrode il ferro sprigiona calore, solo che ciò avviene tanto lentamente che è difficile rendersene conto. Avviene lo stesso con quello che mangiamo. Bistecche, torte, cetrioli: tutto viene lentamente ossidato, in modo da mantenere stabile la temperatura delle nostre cellule. In questo caso l’ossidazione è necessaria, e il nostro corpo ha gli strumenti adeguati per gestire l’energia che viene prodotta nel processo. Esistono tuttavia situazioni non previste dalle nostre vie metaboliche (ingestione di alimenti tossici o avariati, esposizione al sole ecc) che generano grandi quantità di radicali liberi dannosi per i tessuti del corpo. Ecco perché si rende necessaria la presenza degli antiossidanti.
Tra i fattori interni contribuiscono alla formazione dei radicali liberi anche disfunzioni e stati patologici che colpiscono l’intero organismo, le ischemie dei tessuti e la riduzione dell’apporto di sangue che ne deriva. Inoltre un’eccessiva presenza di ferro fa liberare il radicale ossidrile dal perossido di idrogeno. I fattori ambientali che contribuiscono ad incrementare ulteriormente la nostra produzione di radicali liberi sono:
- gas inquinanti e sostanze tossiche in genere;
- fumo di sigaretta attivo e passivo;
- abuso di alcolici, farmaci e cibo;
- allergie alimentari;
- radiazioni ionizzanti e solari.
Le radiazioni solari, ancorché indispensabili al buon funzionamento dell’organismo (servono per la formazione della vitamina D), inducono sulla pelle il fenomeno della foto-ossidazione che degrada gli acidi grassi polinsaturi presenti nelle membrane cellulari della pelle.
DANNI DEI RADICALI LIBERI NELL’ARTERIOSCLEROSI
Le arterie sono particolarmente sensibili alla mancanza di ossigeno e glucosio: basta che il flusso sanguigno che li alimenta si interrompa anche per pochi minuti per causare danni gravi, spesso irreversibili. Se la portata delle arterie si riduce, la funzionalità degli organi risulta gravemente compromessa: per il cuore si può arrivare all’infarto, nel caso del cervello all’ictus, con tragiche conseguenze... anche senza arrivare a questi estremi, l’arteriosclerosi determina l’insorgere di stati patologici cronici che peggiorano moltissimo la qualità della vita: riduzione della capacità deambulatoria, demenza, angina pectoris, ecc.
Ebbene, fra i principali corresponsabili di questa malattia troviamo proprio i radicali liberi. Questa patologia comincia con il depositarsi di sottili strisce di grasso sulla parete interna delle arterie, che si ispessiscono a causa del progressivo accumularsi di sedimento. Si formano così delle vere e proprie placche, larghe fino a 1,5 cm. Al centro di ciascuna si trova un grumo di sostanze tossiche, residui metabolici e di colesterolo, la zona più esterna è invece formata da tessuto fibroso e fagociti. Placche siffatte tendono a formarsi principalmente sull’aorta e sulle sue immediate diramazioni. Ulteriori complicanze si hanno quando queste placche si ulcerano, permettendo al sangue che fluisce nel vaso di venire a diretto contatto con il tessuto sottostante: il corpo l’interpreta come una ferita, e il sangue inizia a coagularsi. I grumi, o coaguli di sangue che ne derivano, sono detti trombi e aggravano il rischio di un’occlusione totale dell’arteria. Il restringimento del vaso determina un aumento della pressione interna, che spinge sulle pareti dei vasi. In alcuni casi le piccole arterie del cervello possono letteralmente esplodere, causando la nota emorragia cerebrale. L’aorta ed altre arterie più grosse, tendono invece ad allargarsi, una condizione detta aneurisma, anch’essa con conseguenze spesso fatali. L’arteriosclerosi colpisce solo le arterie e non le vene, che devono vedersela invece con le varici… spesso si indica in una dieta troppo ricca di grassi il principale responsabile dell’arteriosclerosi e si fa del colesterolo il principale imputato. Questo è in parte vero, ma si tratta di una visione semplicistica e ormai superata. Il colesterolo è un componente vitale del nostro organismo, concorre alla costruzione delle membrane cellulari, ed è un precursore di molti ormoni e dei sali biliari, per questo viene sintetizzato dal fegato in grandi quantità, giornalmente. Le LDL sono le responsabili della formazione delle placche arteriosclerotiche. Di per sé, tuttavia, le LDL non dovrebbero essere in grado di danneggiare i tessuti: recenti ricerche dimostrano che ciò avviene solo quando esse sono ossidate, divenendo così reattive contro le pareti dei vasi. I radicali liberi danneggiano anche l’endotelio dei vasi, impedendo ai fagociti di mantenerli sgombri dalle tossine ed altri prodotti di scarto, permettendo così la creazione dell’ambiente ideale per la formazione di placche ateromasiche. Ricerche condotte dal dottor H. Esterbauer dimostrano che l’assunzione di forti dosi di antiossidanti, in particolare vitamina E, riducono significativamente la formazione delle placche. Conclusioni ulteriormente rafforzate dagli studi del dottor K. F. Gey, che ha analizzato la dieta di uomini di varia nazionalità tra i 40 e i 60 anni. Esse dimostrano che la mortalità dovuta a problemi cardiaci di finlandesi e scozzesi, la cui dieta è molto povera di frutta e verdura fresche, è di 4 volte superiore a quella di svizzeri e italiani che ne fanno più largo consumo.
CHE COS’È UN ANTIOSSIDANTE?
Con questo termine si indica qualsiasi sostanza in grado di rallentare o inibire l’ossidazione di un substrato. Tutti sanno che, a contatto con l’aria la frutta scurisce e l’olio diventa rancido. È però possibile rallentare questo processo aggiungendo limone alla frutta. Il nostro corpo è in grado di assimilare sostanze antiossidanti, come le vitamine dagli alimenti, sia di sintetizzare importanti enzimi che svolgono la stessa funzione. Gli antiossidanti enzimatici come superossido-dismutasi (SOD), catalasi e glutatione perossidasi, proteggono dal danno ossidativo soprattutto le strutture citoplasmatiche. Il primo trasforma il pericoloso superossido in perossido di idrogeno che viene a sua volta scisso in acqua e ossigeno dagli altri due. La neutralizzazione dei radicali liberi rilasciati dai fagociti in ambito extracellulare avviene invece principalmente a opera di sostanze antiossidanti non enzimatiche come la ceruloplasmina e la vitamina C. In particolare, la ceruloplasmina rappresenta il maggior antiossidante circolante contro l’anione superossido. Nel sangue l’azione antiossidante è svolta dagli urati, le proteine plasmatiche, la vitamina C e la vitamina E. Altri meccanismi di difesa sono rappresentati dalle molecole chelanti i metalli (albumina, ferritina e transferrina) e dall’acido lipoico. Quest’ultimo, classificato tra le vitamine liposolubili, viene introdotto per oltre l’80% attraverso l’alimentazione, anche se il nostro corpo è in grado di sintetizzarlo secondo le sue necessità. La capacità di produrlo, tuttavia, diminuisce sensibilmente dopo i 50 anni: per questo motivo soprattutto gli anziani dovrebbero incrementare il consumo di vitamine. La sua azione antiradicalica è più potente di quella combinata di vitamina C ed E, protegge in particolar modo il cervello dai radicali idrossilici, l’acido ipocloroso, l’ossigeno singoletto e i radicali perossilici. Inoltre protegge il colesterolo HDL e stimola la sintesi del glutatione perossidasi.
Gli antiossidanti possono venire distinti anche in base al meccanismo di azione:
- antiradicali. Antiossidanti che neutralizzano i radicali liberi interrompendo l’ossidazione a catena dei radicali liberi scatenata dall’ossigeno molecolare. Possono essere liposolubili (vitamina E) o idrosolubili (vitamina C, acido urico).
- antiossidanti preventivi. Disattivano le specie attive e i potenziali precursori dei radicali liberi, sopprimendone in tal modo la generazione e riducendo la frequenza con cui hanno inizio le ossidazioni a catena. Sono i sistemi enzimatici antiossidanti presenti all’interno delle cellule (glutatione perossidasi e catalasi) o nel sangue (albumina e transferrina). Le catalasi e le perossidasi sono denominate scavenger, ossia spazzini dei radicali liberi. Altri antiossidanti preventivi sono il betacarotene e il licopene.
Le sostanze chelanti, che si spostano nell’organismo attraverso la circolazione sanguigna, hanno la funzione di andare a estirpare (come una pinza o una chela di granchio) le tossine (in genere calcio o grassi) accumulate sull’endotelio di arterie e vene. Anche alcuni ioni metallici come il ferro e il rame possono innescare reazioni che portano alla formazione di radicali liberi. Grazie alle sue particolari caratteristiche fisiche (i forti legami di coordinazione e la propensione a cambiare valenza) il ferro è un essenziale cofattore di molti enzimi. È anche insostituibile come trasportatore di ossigeno ed elettroni. Quando si trova in forma libera diventa un efficace catalizzatore di radicali liberi. È necessario evitarne sia la carenza che l’eccesso: la prima causa anemia e quindi arresto della crescita delle cellule, il secondo crea lesioni ossidative a danno delle cellule parenchimali. Sebbene il ferro sia un metallo presente in abbondanza nella crosta terrestre, la sua forma biologicamente disponibile è scarsa. Ciò è dovuto al fatto che il ferro è scarsamente solubile nelle condizioni di ossidazione e di acidità dell’ambiente organico. Per questo gli organismi hanno approntato varie strategie per acquisire questo metallo, e soprattutto per conservarlo: i batteri secernono piccole molecole complessanti (siderofori), le piante acidificano e riducono il suolo per aumentare la solubilità del ferro, gli animali superiorei lo assorbono con il cibo. per immagazzinarlo si sono sviluppate molecole espressamente riservate a questa funzione, le ferritine. sono le uniche proteine del metabolismo del ferro finora identificate e si sono conservate sostanzialmente immodificate lungo tutto il processo evolutivo che va dai procarioti ai mammiferi. hanno la forma di un piccolo guscio che arriva a contenere fino a 4500 atomi di ferro, che sono in grado di cedere o rilasciare a seconda del fabbisogno. svolgono un ruolo duplice: da un lato accumulano il ferro negli spazi intracellulari, dall’altro requisiscono il ferro presente in forma libera. in particolare la ferritina è in grado di trasformare il ferro++, molto reattivo, in ferro +++ che è invece innocuo.
ANTIOX NEGLI ALIMENTI
per scongiurare il pericolo del deterioramento dei cibi, i produttori usano antiossidanti prima che la frutta e la verdura vengano immesse nel mercato. i due largamente più diffusi sono l’idrossianisolo butilato (BHA) e l’idrossitoluene butilato (BHT). alcune recenti ricerche hanno messo in dubbio la loro presunta tossicità, rivelando che possono danneggiare i polmoni (BHA) o favorire l’attività di altri cancerogeni (BHT). un’alternativa più salutare e sicura è rappresentata dall’acido ascorbico e dal tocoferolo di sintesi.
gli antiox, comunque, non sono gli unici additivi che vengono aggiunti ad un alimento per renderlo commerciabile: si va dai conservanti, agli addensanti, ai coloranti, ai dolcificanti, agli stabilizzanti ecc. dagli anni 80 ad oggi la loro presenza si è decuplicata. sull’etichetta gli antiox aggiunti vengono indicati con una E seguita da un numero da 300 a 341. la E indica che la sostanza è stata approvata a livello europeo, il numero indica lo specifico antiox. da 300 a 304 acido ascorbico e derivati; 306 tocoferolo; 322 lecitina di soia; 330 acido citrico ecc. i due citati prima, BHA e BHT sono E320 ed E321. evitate se possibile anche la serie E339—E341: si tratta di ortofosfati, che possono convertirsi in polifosfati, dannosi per il metabolismo del calcio.
per conoscere l’elenco completo delle corrisapondenze di tutte le sigle e l’utilità o dannosità dei vari additivi, consultate il seguente link:
IL MERCATO DEGLI ANTIOX OGGI
—vitamina C
—vitamina E
— vitamina A (beta-carorene)
—coenzima Q10
—luteina
—isoflavoni della soia
—isoflavoni del the verde (((il testo cita questi, ma nel nostro mercato ci sono pure molti altri antiox: ac lipoico, resveratrolo, luteina, licopene ecc ecc)))
varie sono le strade che si aprono al mercato degli antiox: da un lato si va verso una sempre maggior specificità del prodotto, dall’altro si cercano soluzioni che abbiano uno spettro di azione ampio, assicurando il mantenimento di un buono stato di salute in generale, anche per chi non ha esigenze particolari. nella prima direzione si sta muovendo il mercato giapponese che ha in fase di sperimentazionre prodotti per gli atleti o per i lavoratori esposti al contatto con radiazioni o sostanze chimiche. anche la seconda prospettiva è promettente: la ricerca conferma l’esistenza di antiox di origine vegetale che, a differenza degli scavanger, sono in grado di stimolare la produzione di ossidoriduttori da parte del corpoi. questi (gli enzimi catalasi, glutatione perossidasi e superossido dismutasi) sono assai più efficaci nella lotta ai radicali di quelli assunti tramite l’alimentazione, che giocano un ruolo importante ma secondario. gli esperti ritengono che assumendo questi prodotti non sarà più necessario studiare dei cocktail di antiox ad hoc e che il consumatore non dovrà cercare quello più adatto alle sue esigenze. questi nuovi antiox rafforzeranno quelli già presenti nel corpo stimolandone ulteriormente la produzione, a seconda delle esigenze individuali del momento.
ORAC
il test ORAC, acronimo di oxygen radicals assorbance capacity (capacità di assorbimento dei radicali dell’ossigeno) misura la capacità antiox degli alimenti contro il radicale perossido, che è una delle più comuni specie di radicali liberi presenti nel corpo (ROS= reactive oxygen species). l’unità di riferimento delle unità ORAC è la micromole trolox equivalente per grammo (TE). il trolox è un analogo idrosolubile della vitamina E.
NB: le combinazioni possibili dei radicali e degli antiox che li combattono sono praticamente infinite. per questo motivo il test orac non può dare che una misura indicativ della reale capacità antiox di una sostanza.
il valore orac di un prodotto agricolo è in realtà estremamente variabile. si può dire ad es che i mirtilli hanno valori orac elevati ma il range entro cui questi ricadono è molto ampio. inoltre, riguardo alla validità dei valori orac nel giudizio complessivo sul potere antiox di un prodotto, bisogna ricordare che i dati disponibili si basano quasi esclusivamente su test in vitro e che quindi non è lecito assumere che ad un elevato valore orac corrisponda una biodisponibilità analoga.
NOTA
Tratto da : Viviana Fontanari e Carlo Delucca autori del manuale monografico intitolato Il grande libro della papaya, edizioni Zuccari
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