domenica 28 giugno 2015
Parole difficili della medicina STEATOSI EPATICA
Steatosi epatica vuol dire che il fegato e infiltrato di grasso in maniera abnorme rispetto alla normale percentuale di grasso che deve avere (che è circa il 5% del suo peso)
All’origine della steatosi epatica può esserci un aumento dell’apporto di grassi con la dieta, una riduzione della capacità di smaltimento dei grassi o anche un aumento della sintesi di grassi da parte dell’organismo.
Approfondimento in termini biochimici
(da wikipedia)
Le steatosi epatiche possono essere classificate in base all'eziologia in steatosi da aumentato apporto di grassi, steatosi da ridotto smaltimento di grassi e steatosi da aumentata sintesi endogena di grassi.
• Steatosi da aumentato apporto di grassi: steatosi la cui causa risiede in una dieta iperlipidica o in un'aumentata mobilizzazione dei NEFA. Quest'ultima a sua volta può essere causata da molteplici fattori tra cui stress, ormoni, caffeina e digiuno prolungato (in questo caso si ha un quadro reversibile) o da altre patologie come diabete mellito e glicogenosi di tipo I (entrambe le patologie sono caratterizzate da un deficit insulinico con conseguente aumento della lipolisi e quindi dei NEFA circolanti; si tratta di un quadro irreversibile).
• Steatosi da ridotto smaltimento di grassi: steatosi la cui causa può essere una dieta ipoproteica, una diminuita sintesi di apolipoproteine (ad esempio per avvelenamento da tetracloruro di carbonio, aflatossina B1 o puromicina), deficit di colina, deficit di vitamina B12, eccesso di vitamina PP o ipossia.
• Steatosi da aumentata sintesi: steatosi dovute ad un accumulo di lipidi di sintesi endogena a partire da acetato. Esempi clinicamente importanti sono le steatosi provocate da barbiturici (in grado di stimolare la sintesi di acidi grassi a partire da acetil-CoA) e quelle da abuso di alcool (l'etanolo viene infatti metabolizzato ad acetaldeide prima e ad acetato poi).
La steatosi può comportare una serie di danni fino alla necrosi ( che vuol dire morte) della cellula; poiché il fegato è particolarmente sensibile ai processi steatosici per essere un organo chiave nel metabolismo dei lipidi, responsabile dell'inattivazione di numerose sostanze tossiche e la cui circolazione è prevalentemente venosa (quindi costantemente vicino ad una situazione di ipossia).
La steatosi epatica alcolica
L'alcool (etanolo) ha svariati effetti sul nostro organismo (ad esempio a livello del sistema nervoso centrale deprime i centri inibitori, mentre a livello gastrico ha un potente effetto infiammatorio), ma i peggiori sono quelli a livello epatico.
Nel fegato l'etanolo viene metabolizzato ad acetaldeide seguendo tre possibili vie:
• Nei perossisomi viene metabolizzato dalle catalasi con produzione di una molecola di acqua. Si tratta di una reazione dannosa in quanto comporta la produzione di specie reattive dell'ossigeno (radicali liberi).
• Nel citoplasma viene metabolizzato dall'enzima alcool deidrogenasi (ADH). Si tratta di una reazione di ossidazione che comporta la riduzione di una molecola di NAD+ a NADH. Quest'aspetto non va sottovalutato perché il NADH prodotto andrà a favorire la reazione che permette di passare dal diossiacetone-3-fosfato (DOAP) al glicerolo-3-fosfato (G3P) che infine contribuirà alla sintesi di trigliceridi andando indirettamente a favorire la steatosi.
• In misura maggiore l'etanolo viene metabolizzato dal Drug Metabolysing System a livello microsomiale: il citocromo P450 catalizza la reazione di ossidazione dell'etanolo riducendo il proprio ione di ferro (che verrà poi riossidato per poter essere nuovamente riutilizzato). Occorre notare che questo particolare meccanismo, noto anche come MEOS, è un sistema inducibile quindi il numero degli enzimi presenti nel caso di un etilista cronico sarà molto elevato e l'etanolo verrà convertito ad acetaldeide molto più velocemente.
L'acetaldeide è una molecola estremamente tossica per il nostro organismo e può seguire varie strade metaboliche:
• A livello mitocondriale può essere metabolizzata dall'enzima acetaldeidedeidrogenasi ad acetato. Si tratta di un'altra reazione di ossidazione che comporta la produzione di un'altra molecola di NADH con le conseguenze prima descritte. L'acetato così prodotto è la causa primaria dello sviluppo della steatosi di origine alcolica.
• L'acetaldeide non metabolizzata favorisce la lipoperossidazione, una reazione molto pericolosa in quanto può provocare danni a livello di vari organelli cellulari (come mitocondri e RER) e alla membrana cellulare (tra le cui componenti principali troviamo i fosfolipidi). Dal punto di vista della steatosi i danni ai mitocondri possono rallentare la β-ossidazione contribuendo in questo modo all'accumulo di lipidi intracellulare (e quindi alla steatosi), mentre i danni al RER provocano una diminuzione della sintesi proteica, ivi compresa la sintesi della apolipoproteine.
• Un ulteriore effetto tossico dell'acetaldeide è quello di consumare gli antiossidanti a livello epatico, causando la deplezione di glutatione e SAM (S-adenosil metionina). L'acetaldeide inibisce MAT (metionin-adenosin-transferasi) responsabile della sintesi di SAM a partire dalla metionina e indirettamente del glutatione stesso (infatti il glutatione si ottiene a partire dalla metionina con una lunga serie di reazioni). Tutto questo ha principalmente due effetti:
1 La diminuzione del glutatione è sinonimo di minore difesa verso i radicali liberi e quindi un maggior rischio di danno cellulare, di mutazione e indirettamente di insorgenza di un tumore.
2 La deplezione di SAM comporta una ipometilazione degli acidi nucleici della cellula e questo potrebbe essere correlabile con una maggiore probabilità di cancerogenesi.
• Infine l'acetaldeide ha anche la capacità di formare addotti proteici e lipidici, cosa che stimola la risposta linfocitaria e macrofagica del nostro organismo con conseguente produzione di citochine e specie reattive dell'ossigeno e quindi flogosi. Nel caso dell'etilista cronico si tratterà chiaramente di un'infiammazione cronica con conseguente stimolazione di collagenosintesi e proliferazione di cellule stellate, primo passo verso l'evoluzione cirrotica e la compromissione dell'organo.
Steatosi epatica non alcoolica (NAFLD)
La steatosi epatica non alcoolica o patologia epatica grassa non alcoolica (NAFLD, Non Alcoholic Fatty Liver Disease) è presente negli obesi con un'incidenza del 57-74% e spesso associata al diabete di tipo II. All'ecografia molti soggetti presentano segni di steatosi epatica senza manifestazioni cliniche evidenti. I soggetti diabetici insulino-resistenti presentano una spiccata attività lipolitica, cui corrisponde un sovraccarico della β-ossidazione e quindi un contributo alla steatosi. L'eccesso di acidi grassi comporta la loro lipoperossidazione che può innescare un processo infiammatorio cronico (steatoepatite non alcoolica: NASH, Non Alcoholic Steato-Hepatitis) che termina con l'evoluzione cirrotica e la compromissione dell'organo.
Un gruppo di ricerca italiano[1] diretto dal prof. Nobili, ha messo a punto un test che coinvolge alcuni marcatori genetici che permettono una diagnosi precoce di NASH (una forma particolarmente grave di NAFLD) in modo non invasivo con il 90% di sensibilità ed il 36% di specificità.
Dal punto di vista istologico (istologia è lo studio dei tessuti) si distinguono:
-- steatosi macro vescicolare : quando ci sono grosse gocce di grasso all'interno delle cellule
-- steatosi micro vescicolare : quando ci sono gocce di grasso minuscole che formano una sorta di schiuma dentro le cellule.
Dal punto di vista delle cause, le steatosi si distinguono in steatosi alcoliche e non alcoliche.
Per impostare un protocollo di cura, posto che questa condizione è considerata inguaribile, si tiene conto in particolare dell'origine alcolica o non alcolica della steatosi: cioè se il soggetto ha fatto abuso di alcolici o meno.
Il fegato grasso può però essere legato anche a uno stato di protratta e grave malnutrizione, specie per un deficit di proteine nella dieta. Quindi anche un soggetto magro, al di sotto del peso forma, come è il caso più diffuso nella anoressia, può andare incontro ad una steatosi epatica.
Tra le altre possibili cause ci possono essere l’uso di alcuni farmaci, disfunzioni congenite del metabolismo del glicogeno, del galattosio, della tirosina o dell'omocisteina.
La steatosi microvescicolare, in particolare, è causata o dalla sindrome di Reye, o dagli effetti tossici di alcuni farmaci (principalmente tetraciclina, acido valproico, cortisonici, metotrexate) o infine dalla degenerazione grassa acuta del fegato che può verificarsi nel corso di una gravidanza.
Ho parlato di rimedi naturali utili per la funzionalità epatica in diversi post che sono indicati sul l'indice . Riguardo alla steatosi comincio con il segnalare aurum metallicum e a questo proposito ecco un interessante studio riportato qui:
EPATOMEGALIA
L'epatomegalia è un aumento del volume del fegato. E’ una condizione quasi sempre presente quando si soffre di steatosi. È un sintomo che può avere cause molto varie: infettive, neoplastiche, tossiche, o metaboliche. A seconda della causa, potrebbe talvolta essere associata ad ittero.
La concomitante presenza di dolore all'ipocondrio destro, ovvero al di sotto dell'arcata costale, suggerisce l'insorgenza acuta dell'epatomegalia come in caso di ostruzione vascolare al deflusso venoso dal fegato od in caso di insufficienza cardiaca; più spesso il riscontro di epatomegalia non si associa ad alcuna sintomatologia dolorosa.
lunedì 22 giugno 2015
INSONNIA punti da trattare
Per la Medicina Tradizionale Cinese il giorno e la notte appartengono rispettivamente alle due Energie Yang e Yin, Energie che scorrono nell’universo, nella natura e dentro l’uomo. Yang e Yin sono sempre presenti contemporaneamente ed in movimento l’uno verso l’altro e il sonno viene causato da una pienezza fisiologica serale dell’energia Yin (analoga all’Acqua, all’interiorizzazione, alla passività eccetera) contemporaneamente a un minimo energetico dell’energia Yang (il Fuoco, l’esteriorizzazione, l’attività).
Stati alimentari, situazioni psichiche, fattori climatici per questa medicina sono importanti cause di aumento oppure diminuzione delle due energie che influenzano i vari organi del corpo umano tonificandoli o indebolendoli.
L’insonnia viene in agopuntura definita come uno stato di pienezza dello Yang serale contemporanea ad un vuoto dell’energia Yin (il contrario della situazione fisiologica), Mentre nelle forme croniche e persistenti occorre stabilire lo stato di Pienezza, Vuoto e/o Disfunzione di alcuni organi, le forme episodiche vanno trattate facendo “circolare” lo Yang e “salire” lo Yin ad esempio con i punti C5, TR10, VB10, S37.
Le condizioni più frequenti sono:
-- Insonnia da Insufficienza di Milza. L’eccesso di preoccupazioni, stress psichici, riflessioni, rimuginazioni continue portano all’indebolimento energetico della Milza; insieme all’insonnia data da risvegli frequenti vi è inappetenza, ventre gonfio, o vi possono essere nausee, palpitazioni, diminuzioni della memoria, sudori freddi, colorito del viso pallido.
-- Insonnia da Insufficienza di Yin di Rene. L’eccesso di paura indebolisce il Rene; i sintomi dell’insonnia sono dati dalla difficoltà ad addormentarsi ma possono essere accompagnati da dolori lombari, ronzii auricolari, vertigini, irritabilità, palpitazioni, faccia rossa, dolore al petto in un punto a metà dello sterno.
-- Insonnia da Disfunzione dello Stomaco. Gli eccessi alimentari nuocciono allo Stomaco; i sintomi dell’insonnia sono la difficoltà ad addormentarsi e i risvegli durante la notte, che possono essere accompagnati da dolori gastrici, eruttazioni, pesantezza di testa, gusto amaro in bocca.
--Insonnia da Pienezza di Fegato. La collera causa pienezza di Fegato, insieme al fattore climatico Vento che è anch’esso causato dalla pienezza di Fegato. I sintomi sono: incubi notturni, difficoltà ad addormentarsi, continui risvegli, risvegli precoci mattutini e possono essere accompagnati da sete di bevande fredde, mal di testa, collera, arrossamento agli occhi, fastidiose contratture muscolari.
-- Insonnia da Vuoto di Yin di Rene e Cuore. Tachicardia, incubi, impossibilità all’addormentamento, intenso eretismo, polso fine e rapido, lingua secca con rafe mediano scavato o ragadizzato.
-- Insonnia da Vuoto di Energia e Sangue. Astenia psicofisica, pallore, anoressia. Lingua pallida e gonfia, polso flebile e molle. Si tratta di condizioni legate a stati convalescenziari dopo malattie croniche.
Con una breve pratica è possibile insegnare tecniche di automassaggio lineare (da eseguirsi ogni sera prima di dormire) lungo i Merdiani vescica biliare, Rene e Cuore, al fine di “disperdere” l’eccesso di Yang e favorire la “salita” dello Yin alla testa.
RISVEGLI NOTTURNI A ORARIO FISSO
Frequentemente l’insonnia è episodica, contrassegnata da improvvisi risvegli notturni ad ore ben definite. In questi casi, in relazione alla “grande circolazione” si dovranno trattare i punti di “congiunzione” dei due Meridiani che non si “scambiano” energia. Si veda il seguente schema valido per agopuntura e digitopressione (anche come automassaggio serale):
PUNTI DA TRATTARE
Orario del risveglio 23-01
Orario del risveglio 01-03
Meridiani non “collegati”: Vescica Biliare-Fegato; trattare 37VB-3F-14F
Orario del risveglio 03-05
Meridiani non “collegati”: Fegato-Polmone; trattare 14F-1P-10P.
-- Insufficienza di Milza: trattare 20VB, 13F, 3MP, 18VG
farmaco cinese: Bu Zhong Yi Qi Tang
-- Insufficienza di Yin di Rene: trattare 3-6R, 4VC, 20VG
farmaco cinese: Liu Wei Di Huang Wan
-- Disfunzione dello Stomaco : trattare 12VC, 30-36S
farmaco cinese: Bohe Wan
-- Pienezza di Fegato : trattare 3F, 34VB, 6MC, 20VG
farmaco cinese: Chaihu Shu Gan Tang
-- Vuoto di Yin di Rene e Cuore : trattare 23VB, 15VB, 7C.
farmaco cinese: Tian Wang Bu Xin Dan Wan
-- Vuoto di Energia e Sangue: trattare 4-6VC, 36S, 6MP, 67VB
farmaco cinese: Ba Zhen Tang
Schemi di trattamento
In tutti i casi l’agopuntura va eseguita due volte la settimana consigliando al paziente regole dietetiche sia generali ( v decalogo indicato al § visione olistica di insonnia) che relative alle disfunzioni Energetiche evidenziate. Nei casi più tenaci o nelle forme ricorrenti si aggiungeranno fitoterapia ed omeopatia, quest’ultima soprattutto se sono evidenti note di ansia e/o depressione. Nelle situazioni reattive a più intenso coinvolgimento affettivo (lutti, separazioni, ecc.), si impiegheranno, invece, agopuntura, fiori di Bach e profumoterapia. Tutti i pazienti, infine, possono essere facilmente educati all’automassaggio da eseguirsi ogni sera prima di coricarsi. Nella nostra esperienza in 30-45 giorni si ha un miglioramento del sonno nell’80% dei soggetti trattati.
NOTA
tratto da:
Associazione Medica per lo Studio dell’Agopuntura Una medicina
Centro Sheng-Hotel Estèe Il fondatore della dinastia Sung
Insonnia episodica: schemi di trattamento in Medicina Naturale
Carlo Di Stanislao, Maurizio Corradin, Dennis Konopacki.
lunedì 15 giugno 2015
Malattie autoimmuni
Psoriasi
Il corpo come organismo possiede una complessa organizzazione che si è sviluppata nel corso di migliaia e migliaia di anni in base all’interagire con l’ambiente.
L’omeostasi è proprio la capacità di mantenere costanti certi parametri vitali (ad esempio la temperatura, il volume ed il pH del sangue ecc ecc) al variare delle condizioni sia esterne che interne: basti pensare a come è difficile calare di peso una volta che si sia cresciuti e si sia mantenuto un sovrappeso er qualche anno: il sistema endocrino ha ri-tarato il fat-point; l’organismo “crede” che quello attuale sia il peso giusto da mantenere per cui, anche in seguito a digiuno o uso continuo di lassativi, attua diverse strategie prime tra tutte l’abbassamento del metabolismo basale e la ritenzione idrica, per mantenere quel peso. Solo con una prolungatissima disciplina si può tornare al peso forma.
Posso affermare che un sistema così complesso da sviluppare un sistema nervoso autonomo per mantenere le funzioni vitali in modo “automatico” indipendentemente dalla volontà, è certamente in grado di mantenere un proprio equilibrio.
Se per intelligenza intendiamo la capacità di risolvere problemi al minor prezzo in termini di rapporto beneficio/danno e la capacità di capire, comprendere ed apprendere, possiamo dedurre che il corpo è più intelligente della mente.
Negli antichi testi di chiromanzia la linea del cuore era detta anche linea “mentale”: infatti, per gli antichi l’intelligenza aveva sede nel cuore mentre nella testa albergava solo l’abilità che è una facoltà diversa.
Nel corso del periodo neonatale o fetale il sistema immunitario impara a riconoscere il proprio ambiente, quale che sia la sua origine, genetica o importata: il riconoscimento è dunque una funzione acquisita.
Ed ecco una spiegazione olistica delle patologie autoimmuni che ho tratto da qui :
(((http://www.mednat.org/cure_natur/malattie_autoimmuni.htm)))
“E’ stato osservato che le malattie autoimmuni sono in netto aumento statistico e che sono caratterizzate da sintomi importanti e spesso molto gravi.
Artrite Reumatoide, Lupus, Sclerodermia, Periarterite Nodosa, Rettocolite, Morbo di Crohn, Tiroiditi Autoimmuni, Psoriasi, Sclerosi Multipla, ecc., sono termini che sentiamo sempre più spesso e che allarmano perché indicano malattie ritenute incurabili. Inoltre, la medicina ufficiale ed i suoi medici impreparati non riescono a spiegarne l’origine, ma solo il meccanismo d’azione che, come è noto, consiste nell’aggressione da parte del sistema immunitario del paziente verso strutture proprie dell’organismo (autoimmunità).
COSA E’ IL MESENCHIMA O CONNETTIVO
La moderna Omotossicologia ha, fra i tanti meriti, anche quello di aver dato la spiegazione scientifica del meccanismo alla base dell’autoimmunità.
L’Omotossicologia è la scienza che studia i “fattori tossici” dell’organismo; è stata codificata dal Dr. Reckeweg, medico tedesco, che per primo ha evidenziato l’importanza del mesenchima (che chiameremo connettivo) come substrato fondamentale delle cellule.
Il connettivo è il tessuto più esteso e grande dell’intero organismo (rappresenta il 20% del peso corporeo) ed è costituito da una matrice intercellulare che costituisce l’ambiente, l’habitat dove sono immerse e vivono le cellule del nostro organismo: la cellula sta al connettivo come l’uomo sta all’aria che respira.
Secondo questa prospettiva il connettivo è l’organo più importante che esista: infatti svolge svariate funzioni fondamentali per il nostro organismo. Per citarne solo alcune, diremo che tutte le reazioni immunitarie avvengono nel connettivo (che, dunque, da questo punto di vista rappresenta e viene indicato come il ”campo di battaglia”, la sede dove avvengono tutte le reazioni di difesa del nostro organismo). Inoltre svolge la funzione di nutrizione per le cellule, di immagazzinamento di sostanze di rifiuto prodotte dalle cellule (scorie metaboliche e tossine), di sostegno strutturale e molte altre.
FISIOLOGIA DEL CONNETTIVO
Una delle funzioni del connettivo è, come già detto, quella di essere ricettacolo di tossine che vengono convogliate dal sangue ed immagazzinate nel connettivo stesso.
Queste tossine provengono principalmente dal metabolismo cellulare (tossine endogene) ed anche dall’esterno, per esempio i virus, i batteri, i farmaci, i metalli pesanti, varie sostanze chimiche, ecc. (tossine esogene). Sia le tossine endogene che quelle esogene ogni giorno devono essere smaltite e tale lavoro viene effettuato dal sistema linfatico che, proprio come un operatore ecologico, porta via giornalmente i rifiuti che si sono accumulati.
Per consentire ciò il connettivo, nell’arco delle 24 ore, attraversa due fasi di circa 12 ore ciascuna: una fase di smaltimento di scorie metaboliche e sostanze estranee, ed una fase di ricostruzione della matrice connettivale e delle sostanze indispensabili alla vita delle cellule.
In ogni fase (vedi schema) il connettivo cambia la sua struttura. Nella prima fase della giornata, che va dalle 3 alle 15 circa, esso appare come una gelatina sciolta, solubilizzata (stato di sol) ed in questa prima parte della giornata avviene la demolizione e lo smaltimento di scorie e proteine (fase di smaltimento). Nella seconda fase, che va dalle 15 alle 3 circa, il connettivo appare, invece, come una gelatina che si ricondensa (stato di gel) ed in questa seconda parte della giornata avviene la ricostituzione della matrice connettivale e delle proteine (fase di ricostruzione).
STATO DI SOL
Corrisponde a:
1.
Fase dell'attività
2.
Simpaticotonia
3.
Idrolisi proteica
4.
Degradazione
5.
Smaltimento
STATO DEL GEL
Corrisponde a:
1.
Fase della Stasi
2.
Vagotonia
3.
Ricostruzione proteica
In sintesi, ad ogni demolizione segue una ricostruzione e viceversa.
Questo equilibrio, però, può rompersi per una serie di ragioni: ad esempio, per un trauma, infezioni virali o batteriche, insufficienza funzionale del sistema linfatico, eccessiva produzione di tossine dovuta ad errata alimentazione o all’assunzione di sostanze chimiche, ecc. Tutti questi eventi portano ad un aumento di scorie nel connettivo.
Quando l’organismo è particolarmente sovraccaricato da questo punto di vista, si mettono in moto meccanismi di detossicazione e drenaggio supplettivi, grazie alla produzione di alcuni enzimi (per esempio la ialuronidasi) che producono uno stato continuativo di sol del connettivo (fase di smaltimento): questa fase, però, non dura più solo 12 ore, ma continua fino a quando non viene ottenuta una pulizia profonda e completa. Tale meccanismo supplettivo prende il nome di INFIAMMAZIONE !
Quindi la gelatina disciolta (stato di sol) della matrice connettivale rigelificherà (stato di gel) solo quando sarà fatta completa pulizia del connettivo stesso. Solo allora, dopo aver svolto la sua funzione di drenaggio supplettivo, l’infiammazione finirà e verrà ripristinato il normale bioritmo giornaliero tra fase di sol e fase di gel del connettivo.
Da questa prospettiva l’infiammazione e, ovviamente, la febbre che ne costituisce il sintomo più generale, rappresentano un meccanismo biologicamente opportuno e non una malattia da combattere come, invece, vengono normalmente considerate.
La scienza, negli ultimi anni, ha dimostrato che il nostro sistema immunitario inizia a funzionare in maniera ottimale a partire da una temperatura di
38,4° C. Inoltre, nei centri più all’avanguardia nella cura dei tumori viene usata l’ipertermia, cioè l’induzione di un’infiammazione molto alta prodotta artificialmente nella zona da trattare, proprio perché si produce un forte stimolo immunitario.
IL PROBLEMA
Se l’infiammazione e la febbre non vengono considerate correttamente, cioè come meccanismi biologicamente opportuni, bensì come malattia da combattere, si cercherà, ovviamente, di combatterle con anti-infiammatori, antibiotici, cortisonici, ecc.
Tutti questi farmaci hanno una caratteristica comune, quella di produrre un immediato viraggio dalla fase di sol (fase in cui agisce l’infiammazione) a quella di gel (stasi), senza prima aspettare che sia stata fatta “pulizia”. Di conseguenza, si produrrà una gelificazione forzata del connettivo e quindi l’infiammazione passerà, così che medico e paziente saranno apparentemente soddisfatti del risultato ottenuto, convinti di aver ottenuto la guarigione eliminando i sintomi.
In realtà tale guarigione è solo apparente perché il fine ultimo, la causa per cui si era accesa l’infiammazione, non è stato raggiunto: le tossine rimangono nel connettivo ed il problema è solo rimandato. Infatti, una volta passato l’effetto dei farmaci gli stessi stimoli che avevano provocato il primo episodio di infiammazione ne faranno riaccendere un altro. Purtroppo medico e paziente tenderanno a riprodurre lo stesso meccanismo ogni qual volta si ripresenti un’infiammazione, accorgendosi però che gli effetti ottenuti non sono più quelli attesi in quanto, nel corso del tempo, le infiammazioni si riaccendono sempre più frequentemente e non sono più facilmente gestibili.
La MALATTIA AUTOIMMUNE
Sopprimendo sistematicamente le infiammazioni abbiamo visto che si produce un accumulo sempre maggiore di tossine in quanto se ne impedisce il drenaggio per lunghi periodi. In tal modo il connettivo si “impregna” sempre più profondamente di tossine ed è sempre più intasato di sostanze estranee (proteine batteriche, virus, sostanze chimiche, ecc.). L’uso dei farmaci (anti-infiammatori, antibiotici, cortisonici, ecc.) provoca, come già detto, un viraggio forzato verso la fase di gel senza che si sia prima pulito il connettivo.
Ma noi sappiamo anche che la fase di gel è caratterizzata dalle nuove sintesi proteiche che dovrebbero essere attuate in un connettivo “pulito”. Se, invece, si verificano sintesi proteiche in un connettivo sempre più contaminato, “impregnato di materiale estraneo” (ripetiamolo, proteine batteriche, virus, molecole chimiche e farmacologiche) si produrranno nuove proteine che, purtroppo, includeranno nella loro struttura anche materiale estraneo all’organismo, cioè non proprio (non self). Detto in altri termini, si produrranno delle “proteine anomale” in quanto formate non solo da materiale proprio (self) ma anche da “pezzi” estranei (non self). Verranno sintetizzate quindi quelle strutture abnormi che i tedeschi hanno chiamato “proteine selvagge”.
Queste proteine anomale saranno considerate estranee (non self) dal nostro sistema immunitario che, quindi, le attaccherà. Infatti, nonostante le proteine selvagge siano costituite quasi totalmente da molecole proprie dell’organismo contengono nella loro struttura anche piccole parti estranee sufficienti a far considerare queste proteine “non opportune” e quindi da combattere da parte del sistema immunitario: si creano così le basi della malattia autoimmune.
Pur essendo state classificate svariate malattie autoimmuni abbiamo volutamente parlato di malattia autoimmune al singolare in quanto essa è la malattia del connettivo e, poiché il connettivo è ubiquitario (in quanto è presente ovunque nell’organismo) la classificazione delle malattie autoimmuni dipende solo da quale zona connettivale viene colpita (per esempio, la Sclerodermia al livello del derma, il Morbo di Crohn e la Rettocolite a livello intestinale, l’Artrite Reumatoide a livello delle articolazioni, la Sclerosi Multipla a livello della guaina mielinica, la Glomerulonefrite a livello renale, la Tiroidite al livello della tiroide, ecc.).
CONCLUSIONI
Alla luce di quanto detto è evidente che negli ultimi anni l’uso indiscriminato ed inopportuno di farmaci anti-infiammatori sia stato accompagnato da un forte aumento statistico della patologia autoimmune.
Pensiamo, per esempio, a quante persone bloccano sistematicamente infiammazioni e febbri con farmaci anti-infiammatori o antibiotici oppure ai danni provocati nei bambini con problemi alle tonsille, ai quali viene prescritta una terapia con penicillina a lunga azione per la durata di molti mesi o anche anni.
Tutto ciò provoca uno stato di gelificazione prolungata del tessuto connettivo che impedisce la normale, fisiologica disintossicazione del connettivo stesso e facilita la formazione di grandi quantità di proteine anomale. Quanti di questi bambini da grandi si ammaleranno !
Infatti nella maggior parte dei casi accade quanto descritto finora ed intorno ai 20-30 o 40 anni, quando compare la malattia autoimmune, il destino sembra segnato.
Ma non è così: dalla malattia autoimmune si può guarire.
Occorre conoscere tutti i possibili meccanismi che facilitano e creano le basi della malattia: qui abbiamo esposti quelli che, a nostro parere, sono i fondamentali.
Attualmente solo pochi medici ne sono a conoscenza ed hanno un bagaglio olistico completo che li metta in grado di curare una malattia autoimmune ed al tempo stesso di rendere più consapevole e cosciente il paziente nel seguire un Protocollo di medicina naturale che ha già dimostrato di dare risultati eccezionali.
Tratto da: kousmine.it
Ricordiamo che le alterazioni degli enzimi, della flora, del pH digestivo e della mucosa intestinale influenzano la salute, non soltanto a livello intestinale, ma anche a distanza in qualsiasi parte dell’organismo."
Le malattie dette impropriamente "autoimmunitarie" così come il meccanismo delle stesse, pare essere una scappatoia che la medicina ufficiale, incapace a comprendere le vere cause delle malattie, e quindi a poterle guarire, ha scelto come strada per definire questi sintomi, chiamati impropriamente malattie, definendole come "malattie autoimmuni"; in realta' si tratta SEMPRE e comunque di: intossicazione, infezioni da parassiti, infiammazioni, con conseguente alterazione di: enzimi, flora batterica, pH dei liquidi extra ed intra cellulari e del sistema enzimatico, i quali fanno impazzire ovvero mal funzionare il sistema immunitario, e generano stress ossidativo cellulare e tissutale, ma le cause sono ben note e sono proprio queste qui elencate ! Ed i Vaccini sono da considerarsi come la causa principale della recrudescenza sui bambini delle malattie autoimmuni !
mercoledì 10 giugno 2015
ANTIOSSIDANTI
RADICALI LIBERI ANTIOSSIDANTI
E UNITÀ ORAC
i radicali liberi sono conosciuti già da molti anni: citati sulle pagine delle riviste, soprattutto in coppia fissa con gli antiossidanti. Questi ultimi poi ci vengono propinati in tutte le salse: nel balsamo che rivitalizza i capelli, nelle miracolose pillole anti-invecchiamento, nel bicchiere di succo ACE ipervitaminizzato, ecc. In mezzo a tale sbandieramento di antiradicali, ci si stufa di sentirne parlare prima ancora di aver capito bene di cosa si tratti. Il motivo per cui se ne parla tanto, e la ricerca scientifica se ne occupa sempre più, è che i radicali liberi sono coinvolti nella maggior parte delle reazioni metaboliche del nostro corpo. Attualmente vengono indicati come causa principale, o concausa di un’incredibile quantità di malattie che vanno dall’angina pectoris, al cancro, alla demenza senile e all’invecchiamento precoce, fino alla cataratta, ai problemi di infertilità, all’artrite, alle malformazioni congenite ecc., per questo qualunque cosa ci aiuti a combatterli risulta essere un alleato preziosissimo. Fortunatamente, man mano che si fa luce sull’estensione dei danni prodotti dai radicali liberi, si scoprono anche molte sostanze che ne contrastano l’azione, e che vengono collettivamente denominate antiossidanti. Si tratta di vari tipi di sostanze, che vengono sia prodotte dal nostro corpo, sia introdotte attraverso l’alimentazione. Sebbene siano presenti in buone quantità nella frutta e nella verdura, capita spesso che la quantità ingerita non sia sufficiente per contrastare efficacemente i processi ossidativi. Inoltre i radicali liberi vengono inevitabilmente e costantemente prodotti nel nostro corpo durante ogni processo metabolico: significa che se vogliamo continuare a vivere dobbiamo aspettarci di produrre radicali liberi in continuazione! ciò non vuol dire rassegnarsi alla prospettiva di un rapido declino fisico. Significa semplicemente che la battaglia contro i radicali durerà quanto la nostra vita, cioè a lungo, se combattiamo bene.(…)
Che cos’è un radicale libero?
i radicali liberi sono delle molecole fortemente instabili e reattive, in grado cioè di innescare reazioni chimiche. Alcuni sono molto piccoli, composti da appena uno o due atomi. Le molecole organiche sono sempre composte da una base di atomi di carbonio a cui si legano varie specie di altri atomi: sono questi, detti gruppi laterali, che determinano le proprietà della molecola e la sua capacità di interagire con le altre. Alcuni di questi gruppi laterali mostrano un comportamento particolare: se vengono rescissi dalla molecola di base, non si frantumano negli atomi che li costituiscono, ma rimangono insieme comportandosi un po’ come delle sub-molecole. Non rimangono sole a lungo: in brevissimo tempo trovano un’altra molecola in cui mettere radice. Per questo motivo vennero chiamate radicali.
Ora per capire come si comportano, prendiamo ad esempio l’acqua. normalmente in soluzione si divide in ioni H+ e OH-
tuttavia in particolari condizioni (esempio per esposizione a raggi gamma, raggi x o altro) si scinde anche in altri modi, per esempio lasciando un elettrone all’atomo di idrogeno e uno alla combinazione OH. Entrambe queste forme sono neutre, ma entrambe hanno un elettrone singolo nell’orbitale che cercherà di radicarsi in qualche altra molecola. Il primo è detto radicale idrogeno e corrisponde ad un singolo atomo di idrogeno, mentre il secondo è detto radicale idrossile: entrambi sono altamente instabili e reattivi. Il radicale idrossile in particolare cerca di attaccare qualsiasi molecola organica, ma è raro che si formi negli organismi viventi a partire dall’acqua. Tuttavia ci sono altri modi in cui si possono formare radicali idrossili e anche altri tipi di radicali, come il superossido, formato da 2 atomi di ossigeno legati con un singolo elettrone spaiato. Essendo molto reattivi, sono in grado di stabilizzarsi velocemente cedendo o acquisendo un elettrone. Ciò significa che lo hanno sottratto o rifilato ad un’altra molecola, che di conseguenza diventa essa stessa un radicale, dando così origine ad una rapidissima reazione a catena che può avere effetti catastrofici nel nostro organismo. L’intero processo, detto ossidazione, è un vero e proprio tipo di combustione, in cui l’ossigeno si lega con un substrato di partenza fino a formare una sostanza diversa: il ferro diviene ruggine, il legno cenere e fumo ecc. in origine il termine indicava l’aggiunta di ossigeno ad una sostanza x formare un nuovo composto, ora si riferisce a qualsiasi reazione chimica termini con la perdita di un elettrone da parte di un atomo. Come in un qualsiasi processo di combustione, durante l’ossidazione viene liberata energia, solitamente sotto forma di calore. Anche la ruggine che corrode il ferro sprigiona calore, solo che ciò avviene tanto lentamente che è difficile rendersene conto. Avviene lo stesso con quello che mangiamo. Bistecche, torte, cetrioli: tutto viene lentamente ossidato, in modo da mantenere stabile la temperatura delle nostre cellule. In questo caso l’ossidazione è necessaria, e il nostro corpo ha gli strumenti adeguati per gestire l’energia che viene prodotta nel processo. Esistono tuttavia situazioni non previste dalle nostre vie metaboliche (ingestione di alimenti tossici o avariati, esposizione al sole ecc) che generano grandi quantità di radicali liberi dannosi per i tessuti del corpo. Ecco perché si rende necessaria la presenza degli antiossidanti.
Tra i fattori interni contribuiscono alla formazione dei radicali liberi anche disfunzioni e stati patologici che colpiscono l’intero organismo, le ischemie dei tessuti e la riduzione dell’apporto di sangue che ne deriva. Inoltre un’eccessiva presenza di ferro fa liberare il radicale ossidrile dal perossido di idrogeno. I fattori ambientali che contribuiscono ad incrementare ulteriormente la nostra produzione di radicali liberi sono:
- gas inquinanti e sostanze tossiche in genere;
- fumo di sigaretta attivo e passivo;
- abuso di alcolici, farmaci e cibo;
- allergie alimentari;
- radiazioni ionizzanti e solari.
Le radiazioni solari, ancorché indispensabili al buon funzionamento dell’organismo (servono per la formazione della vitamina D), inducono sulla pelle il fenomeno della foto-ossidazione che degrada gli acidi grassi polinsaturi presenti nelle membrane cellulari della pelle.
DANNI DEI RADICALI LIBERI NELL’ARTERIOSCLEROSI
Le arterie sono particolarmente sensibili alla mancanza di ossigeno e glucosio: basta che il flusso sanguigno che li alimenta si interrompa anche per pochi minuti per causare danni gravi, spesso irreversibili. Se la portata delle arterie si riduce, la funzionalità degli organi risulta gravemente compromessa: per il cuore si può arrivare all’infarto, nel caso del cervello all’ictus, con tragiche conseguenze... anche senza arrivare a questi estremi, l’arteriosclerosi determina l’insorgere di stati patologici cronici che peggiorano moltissimo la qualità della vita: riduzione della capacità deambulatoria, demenza, angina pectoris, ecc.
Ebbene, fra i principali corresponsabili di questa malattia troviamo proprio i radicali liberi. Questa patologia comincia con il depositarsi di sottili strisce di grasso sulla parete interna delle arterie, che si ispessiscono a causa del progressivo accumularsi di sedimento. Si formano così delle vere e proprie placche, larghe fino a 1,5 cm. Al centro di ciascuna si trova un grumo di sostanze tossiche, residui metabolici e di colesterolo, la zona più esterna è invece formata da tessuto fibroso e fagociti. Placche siffatte tendono a formarsi principalmente sull’aorta e sulle sue immediate diramazioni. Ulteriori complicanze si hanno quando queste placche si ulcerano, permettendo al sangue che fluisce nel vaso di venire a diretto contatto con il tessuto sottostante: il corpo l’interpreta come una ferita, e il sangue inizia a coagularsi. I grumi, o coaguli di sangue che ne derivano, sono detti trombi e aggravano il rischio di un’occlusione totale dell’arteria. Il restringimento del vaso determina un aumento della pressione interna, che spinge sulle pareti dei vasi. In alcuni casi le piccole arterie del cervello possono letteralmente esplodere, causando la nota emorragia cerebrale. L’aorta ed altre arterie più grosse, tendono invece ad allargarsi, una condizione detta aneurisma, anch’essa con conseguenze spesso fatali. L’arteriosclerosi colpisce solo le arterie e non le vene, che devono vedersela invece con le varici… spesso si indica in una dieta troppo ricca di grassi il principale responsabile dell’arteriosclerosi e si fa del colesterolo il principale imputato. Questo è in parte vero, ma si tratta di una visione semplicistica e ormai superata. Il colesterolo è un componente vitale del nostro organismo, concorre alla costruzione delle membrane cellulari, ed è un precursore di molti ormoni e dei sali biliari, per questo viene sintetizzato dal fegato in grandi quantità, giornalmente. Le LDL sono le responsabili della formazione delle placche arteriosclerotiche. Di per sé, tuttavia, le LDL non dovrebbero essere in grado di danneggiare i tessuti: recenti ricerche dimostrano che ciò avviene solo quando esse sono ossidate, divenendo così reattive contro le pareti dei vasi. I radicali liberi danneggiano anche l’endotelio dei vasi, impedendo ai fagociti di mantenerli sgombri dalle tossine ed altri prodotti di scarto, permettendo così la creazione dell’ambiente ideale per la formazione di placche ateromasiche. Ricerche condotte dal dottor H. Esterbauer dimostrano che l’assunzione di forti dosi di antiossidanti, in particolare vitamina E, riducono significativamente la formazione delle placche. Conclusioni ulteriormente rafforzate dagli studi del dottor K. F. Gey, che ha analizzato la dieta di uomini di varia nazionalità tra i 40 e i 60 anni. Esse dimostrano che la mortalità dovuta a problemi cardiaci di finlandesi e scozzesi, la cui dieta è molto povera di frutta e verdura fresche, è di 4 volte superiore a quella di svizzeri e italiani che ne fanno più largo consumo.
CHE COS’È UN ANTIOSSIDANTE?
Con questo termine si indica qualsiasi sostanza in grado di rallentare o inibire l’ossidazione di un substrato. Tutti sanno che, a contatto con l’aria la frutta scurisce e l’olio diventa rancido. È però possibile rallentare questo processo aggiungendo limone alla frutta. Il nostro corpo è in grado di assimilare sostanze antiossidanti, come le vitamine dagli alimenti, sia di sintetizzare importanti enzimi che svolgono la stessa funzione. Gli antiossidanti enzimatici come superossido-dismutasi (SOD), catalasi e glutatione perossidasi, proteggono dal danno ossidativo soprattutto le strutture citoplasmatiche. Il primo trasforma il pericoloso superossido in perossido di idrogeno che viene a sua volta scisso in acqua e ossigeno dagli altri due. La neutralizzazione dei radicali liberi rilasciati dai fagociti in ambito extracellulare avviene invece principalmente a opera di sostanze antiossidanti non enzimatiche come la ceruloplasmina e la vitamina C. In particolare, la ceruloplasmina rappresenta il maggior antiossidante circolante contro l’anione superossido. Nel sangue l’azione antiossidante è svolta dagli urati, le proteine plasmatiche, la vitamina C e la vitamina E. Altri meccanismi di difesa sono rappresentati dalle molecole chelanti i metalli (albumina, ferritina e transferrina) e dall’acido lipoico. Quest’ultimo, classificato tra le vitamine liposolubili, viene introdotto per oltre l’80% attraverso l’alimentazione, anche se il nostro corpo è in grado di sintetizzarlo secondo le sue necessità. La capacità di produrlo, tuttavia, diminuisce sensibilmente dopo i 50 anni: per questo motivo soprattutto gli anziani dovrebbero incrementare il consumo di vitamine. La sua azione antiradicalica è più potente di quella combinata di vitamina C ed E, protegge in particolar modo il cervello dai radicali idrossilici, l’acido ipocloroso, l’ossigeno singoletto e i radicali perossilici. Inoltre protegge il colesterolo HDL e stimola la sintesi del glutatione perossidasi.
Gli antiossidanti possono venire distinti anche in base al meccanismo di azione:
- antiradicali. Antiossidanti che neutralizzano i radicali liberi interrompendo l’ossidazione a catena dei radicali liberi scatenata dall’ossigeno molecolare. Possono essere liposolubili (vitamina E) o idrosolubili (vitamina C, acido urico).
- antiossidanti preventivi. Disattivano le specie attive e i potenziali precursori dei radicali liberi, sopprimendone in tal modo la generazione e riducendo la frequenza con cui hanno inizio le ossidazioni a catena. Sono i sistemi enzimatici antiossidanti presenti all’interno delle cellule (glutatione perossidasi e catalasi) o nel sangue (albumina e transferrina). Le catalasi e le perossidasi sono denominate scavenger, ossia spazzini dei radicali liberi. Altri antiossidanti preventivi sono il betacarotene e il licopene.
Le sostanze chelanti, che si spostano nell’organismo attraverso la circolazione sanguigna, hanno la funzione di andare a estirpare (come una pinza o una chela di granchio) le tossine (in genere calcio o grassi) accumulate sull’endotelio di arterie e vene. Anche alcuni ioni metallici come il ferro e il rame possono innescare reazioni che portano alla formazione di radicali liberi. Grazie alle sue particolari caratteristiche fisiche (i forti legami di coordinazione e la propensione a cambiare valenza) il ferro è un essenziale cofattore di molti enzimi. È anche insostituibile come trasportatore di ossigeno ed elettroni. Quando si trova in forma libera diventa un efficace catalizzatore di radicali liberi. È necessario evitarne sia la carenza che l’eccesso: la prima causa anemia e quindi arresto della crescita delle cellule, il secondo crea lesioni ossidative a danno delle cellule parenchimali. Sebbene il ferro sia un metallo presente in abbondanza nella crosta terrestre, la sua forma biologicamente disponibile è scarsa. Ciò è dovuto al fatto che il ferro è scarsamente solubile nelle condizioni di ossidazione e di acidità dell’ambiente organico. Per questo gli organismi hanno approntato varie strategie per acquisire questo metallo, e soprattutto per conservarlo: i batteri secernono piccole molecole complessanti (siderofori), le piante acidificano e riducono il suolo per aumentare la solubilità del ferro, gli animali superiorei lo assorbono con il cibo. per immagazzinarlo si sono sviluppate molecole espressamente riservate a questa funzione, le ferritine. sono le uniche proteine del metabolismo del ferro finora identificate e si sono conservate sostanzialmente immodificate lungo tutto il processo evolutivo che va dai procarioti ai mammiferi. hanno la forma di un piccolo guscio che arriva a contenere fino a 4500 atomi di ferro, che sono in grado di cedere o rilasciare a seconda del fabbisogno. svolgono un ruolo duplice: da un lato accumulano il ferro negli spazi intracellulari, dall’altro requisiscono il ferro presente in forma libera. in particolare la ferritina è in grado di trasformare il ferro++, molto reattivo, in ferro +++ che è invece innocuo.
ANTIOX NEGLI ALIMENTI
per scongiurare il pericolo del deterioramento dei cibi, i produttori usano antiossidanti prima che la frutta e la verdura vengano immesse nel mercato. i due largamente più diffusi sono l’idrossianisolo butilato (BHA) e l’idrossitoluene butilato (BHT). alcune recenti ricerche hanno messo in dubbio la loro presunta tossicità, rivelando che possono danneggiare i polmoni (BHA) o favorire l’attività di altri cancerogeni (BHT). un’alternativa più salutare e sicura è rappresentata dall’acido ascorbico e dal tocoferolo di sintesi.
gli antiox, comunque, non sono gli unici additivi che vengono aggiunti ad un alimento per renderlo commerciabile: si va dai conservanti, agli addensanti, ai coloranti, ai dolcificanti, agli stabilizzanti ecc. dagli anni 80 ad oggi la loro presenza si è decuplicata. sull’etichetta gli antiox aggiunti vengono indicati con una E seguita da un numero da 300 a 341. la E indica che la sostanza è stata approvata a livello europeo, il numero indica lo specifico antiox. da 300 a 304 acido ascorbico e derivati; 306 tocoferolo; 322 lecitina di soia; 330 acido citrico ecc. i due citati prima, BHA e BHT sono E320 ed E321. evitate se possibile anche la serie E339—E341: si tratta di ortofosfati, che possono convertirsi in polifosfati, dannosi per il metabolismo del calcio.
per conoscere l’elenco completo delle corrisapondenze di tutte le sigle e l’utilità o dannosità dei vari additivi, consultate il seguente link:
IL MERCATO DEGLI ANTIOX OGGI
—vitamina C
—vitamina E
— vitamina A (beta-carorene)
—coenzima Q10
—luteina
—isoflavoni della soia
—isoflavoni del the verde (((il testo cita questi, ma nel nostro mercato ci sono pure molti altri antiox: ac lipoico, resveratrolo, luteina, licopene ecc ecc)))
varie sono le strade che si aprono al mercato degli antiox: da un lato si va verso una sempre maggior specificità del prodotto, dall’altro si cercano soluzioni che abbiano uno spettro di azione ampio, assicurando il mantenimento di un buono stato di salute in generale, anche per chi non ha esigenze particolari. nella prima direzione si sta muovendo il mercato giapponese che ha in fase di sperimentazionre prodotti per gli atleti o per i lavoratori esposti al contatto con radiazioni o sostanze chimiche. anche la seconda prospettiva è promettente: la ricerca conferma l’esistenza di antiox di origine vegetale che, a differenza degli scavanger, sono in grado di stimolare la produzione di ossidoriduttori da parte del corpoi. questi (gli enzimi catalasi, glutatione perossidasi e superossido dismutasi) sono assai più efficaci nella lotta ai radicali di quelli assunti tramite l’alimentazione, che giocano un ruolo importante ma secondario. gli esperti ritengono che assumendo questi prodotti non sarà più necessario studiare dei cocktail di antiox ad hoc e che il consumatore non dovrà cercare quello più adatto alle sue esigenze. questi nuovi antiox rafforzeranno quelli già presenti nel corpo stimolandone ulteriormente la produzione, a seconda delle esigenze individuali del momento.
ORAC
il test ORAC, acronimo di oxygen radicals assorbance capacity (capacità di assorbimento dei radicali dell’ossigeno) misura la capacità antiox degli alimenti contro il radicale perossido, che è una delle più comuni specie di radicali liberi presenti nel corpo (ROS= reactive oxygen species). l’unità di riferimento delle unità ORAC è la micromole trolox equivalente per grammo (TE). il trolox è un analogo idrosolubile della vitamina E.
NB: le combinazioni possibili dei radicali e degli antiox che li combattono sono praticamente infinite. per questo motivo il test orac non può dare che una misura indicativ della reale capacità antiox di una sostanza.
il valore orac di un prodotto agricolo è in realtà estremamente variabile. si può dire ad es che i mirtilli hanno valori orac elevati ma il range entro cui questi ricadono è molto ampio. inoltre, riguardo alla validità dei valori orac nel giudizio complessivo sul potere antiox di un prodotto, bisogna ricordare che i dati disponibili si basano quasi esclusivamente su test in vitro e che quindi non è lecito assumere che ad un elevato valore orac corrisponda una biodisponibilità analoga.
NOTA
Tratto da : Viviana Fontanari e Carlo Delucca autori del manuale monografico intitolato Il grande libro della papaya, edizioni Zuccari
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- Marina Salomone
- Mi occupo di terapie olistiche dal 1983. Hobby principale il disegno: sono su Flickr sotto il nome di Marina Salomone
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