
CAVOLI
Un ortaggio particolarmente adatto per la stagione invernale sono i cavoli. In questo articolo ho voluto riportare un’ampia carrellata che ho tratto dal corso di alimentazione-verdure parte seconda
Brassica oleracea L.
Le varietà di cavolo, una delle verdure di più antica coltivazione, sono ormai più di 150, ognuna specializzata nello sviluppo di una parte diversa della pianta. Originarie dell’Europa meridionale e occidentale, e presumibilmente anche dell’Asia occidentale, esse derivano da forme selvatiche da cui si sono molto differenziate. Il cavolo selvatico (Brassica silvestris) è ora presente allo stato spontaneo sulle alte scogliere e sulle rocce litorali della Manica, dell’Atlantico e del Mediterraneo occidentale. Nel suo habitat naturale la pianta è dotata di un grosso fusto semi-legnoso, più o meno prostrato; è di colore verde-azzurro e con tessuti carnosi. Si riconosce in questa varietà il prototipo dei cavoli da foraggio. Dalla specie spontanea sono derivate anche numerose varietà ornamentali diffuse negli orti e nei giardini di tutto il mondo: vi sono cavoli dalle foglie colorate, rosa salmone, lilla o color ametista.
Attualmente i vari tipi di cavoli disponibili per l’alimentazione dell’uomo si distinguono per la foggia e possono essere sommariamente suddivise nelle seguenti varietà: gemmifera come i “cavolini di Bruxelles”, sabauda o bullata come il “cavolo verza” o “verza”, capitata come il “cavolo cappuccio”, gongyloides (o caulorapa) altrimenti detta “cavolo rapa”, a fusti sormontati da una porzione carnosa a forma sferica. Botrytis o “cavolfiore”, cauliflora che annovera i “broccoli”, a foglie meno larghe e più rade del cavolfiore, a peduncoli fiorali meno compatti e serrati, e dotati di una sommità fiorale espansa a forma di ombrello.
I cavoli sono stati usati dall’uomo probabilmente fin dalla preistoria, ancora prima dell’inizio dell’agricoltura, quando venivano raccolti allo stato spontaneo.
Aspetti nutrizionali ed extra nutrizionali
Benché le numerose varietà attualmente a disposizione permettano raccolti quasi in ogni stagione, il cavolo originario è il classico ortaggio che seminato in maggio-giugno e trapiantato in luglio-agosto, raggiunge la piena maturazione nella stagione invernale. A quel punto la pianta è forte, solida e resistente al gelo, e anche per questo è stata considerata dalla Macrobiotica (antica scienza dell’alimentazione di origine orientale) un alimento a marcata polarità Yang, ovvero in grado di contrastare lo Yin del freddo, del buio e della staticità propri del rigido inverno. Tale caratteristica conferirebbe al cavolo proprietà riscaldanti, toniche, vitalizzanti, costruttive e antiacide particolarmente preziose soprattutto durante la stagione invernale.
Come spesso succede anche nella nostra cultura, la sapienza antica viene confermata dagli studi e dalle esperienze moderne, e a tutt’oggi possiamo dire che la ricchezza di vitamine, di minerali, di oligoelementi, di enzimi, di fattori probiotici di ormoni vegetali e di essenze solforate rende il cavolo un alimento-farmaco dall’azione estremamente complessa e interessante in campo sia nutrizionale che terapeutico. L’Oriente, la Cina, la Germania, l’Europa del Nord e dell’Est attingono la componente verde della propria alimentazione dalle molte varietà di cavolo presenti sul nostro pianeta. Il cavolo è da solo una miniera di sostanze nutritive e a un tempo modulatrici delle funzioni organiche, e con esso per millenni l’uomo ha potuto vivere in salute anche in periodi molto difficili.
cappuccio, verza, cavolo rosso, cavolfiore, cavolo rapa, cavolino di Bruxelles... tutti con proprietà comuni. Utile per combattere le infiammazioni delle vie respiratorie, artrosi, gastriti, ulcere duodenali, epatiti, acne.
Crudo è più efficace e digeribile.
Catone, il censore naturalmente, sempre così attento e severo nel ricordare i costumi repubblicani che temprarono i Romani e imposero Roma al rispetto dei popoli, lamentava come nella dieta dei patres e dei cives ormai di rado comparisse il cavolo, cibo frugale certo, ma salubre e nutriente. Sempre più spesso, infatti, all’austero vegetale si preferivano cibi elaborati di ispirazione orientale che ammalavano l’organismo e fiaccavano lo spirito. Nello scontro tra due diverse concezioni del costume risultarono alla fine vincitori Lucullo e Petronio che furono grandi, ognuno nel suo genere, ma aprirono quella piacevole strada che più tardi ci porterà con preoccupante percentuale verso disturbi dismetabolici che possiamo definire più genericamente di «disadattamento alimentare».
Cavolo verza
Brassica oleracea varietà sabauda o bullata
Brassica oleracea, Famiglia Crucifere
Come si può vedere dalla composizione chimica, le foglie del cavolo (in questo caso la verza) sono provviste di vitamine, di minerali (presenti pure il manganese e altri oligoelementi) e di fibre, con una discreta presenza di proteine e di zuccheri, a fronte di un contenuto lipidico molto scarso.
Evidentemente si tratta di un ortaggio a valenza principalmente regolatrice dell’organismo e, stando alle millenarie esperienze dell’uomo, e alle più recenti osservazioni cliniche di molti medici, esso eserciterebbe la sua azione prevalentemente nel senso della tonificazione, della plasticità, della mineralizzazione e della prevenzione delle patologie degenerative.
Aspetti culinari
La verza cruda ha un gusto un po’ scialbo, leggermente piccante, e aromatico-solforato quando cotta.
Originariamente venne consumata con ogni probabilità cruda, e poi per lungo tempo bollita.
Recentemente si è ricominciato a degustare cruda, insieme ad altre verdure in insalata, o come contorno a cereali o a piatti proteici convenzionali.
Contrariamente a quanto si è portati a credere, generalmente il cavolo crudo è molto più digeribile di quello cotto, soprattutto se viene privato dell’acqua di cottura (per es. bollito e poi scolato). Ecco perché la migliore cottura, sia per conservare all’ortaggio tutto il suo aroma, che per mantenerlo digeribile, è “a vapore” o “stufato”. Cotto in poca acqua e con il coperchio abbassato, il Brassica oleracea cuoce in pochi minuti e senza emanare odori sgradevoli. Deve rimanere “al dente”, essere ancora di un bel verde brillante, e non diventare smorto di colore e flaccido di consistenza.
La verza si presta anche alla preparazione di minestre e di zuppe di verdura, come il famoso “riso e verze” dei milanesi, o a piatti tipici in umido, vedi la “cassoeula” lombarda e il “ragò” piemontese, a base di verze e carni di maiale (ecco perché da molti il cavolo viene ritenuto indigesto) o, in versione più gentile, con carne di anitra o di oca.
Il cavolo verza è un ortaggio la cui droga, le foglie, ancora oggi allieta le nostre mense ma, date le sue qualità farmacodinamiche, dovrebbe più spesso comparire sia nella dieta di ogni giorno che in quella di chi lamenta alcune patologie gastroenteriche.
Vediamo perché. Il cavolo verza è tra le verdure più ricche di nutrienti (ci limitiamo a ricordare il K: 205 mg in una porzione edibile di 100 g) che consentono di utilizzarlo come rimineralizzante in quei pazienti che fanno uso di diuretici e in quanti debbono seguire una dieta iposodica (Na, solo 7 mg%).
Tra i principi attivi figurano anche le vitamine A e K, l’inositolo, composti solforati (dai quali l’odore caratteristico durante la cottura), amminoacidi donatori di metili: metionina e cisteina, acido glicuronico e un fitocomplesso da alcuni autori definito vitamina U con funzione protettiva delle mucose. Tali principi conferiscono alla verza un’azione farmacodinamica, epatoprotettiva, depurativa, cicatrizzante e antiulcera. In particolare, si potrà consigliarla a pazienti con gastrite o ulcera, sia gastrica che duodenale, in quei casi cronici che si riacutizzano al cambio di stagione o, più semplicemente, come prosecuzione della terapia dopo un ciclo di farmaci di sintesi.
Sebbene in commercio siano reperibili preparati vari, il modo corretto di eseguire una dietoterapia con il cavolo verza, visto che le vitamine sono termolabili e talune insieme ai sali minerali idrosolubili nell’acqua di cottura, è di consumarne una buona porzione tagliata fine e condita con olio e limone e, nei momenti di riacutizzazione, un bicchiere di succo centrifugato al momento e bevuto prima dei pasti. Si può integrare la terapia con un preparato composto da: altea, rdx p. 60, camomilla fiori p. 40; un cucchiaio da minestra in 150 cc. di acqua bollente. Lunga infusione; un bicchiere alle ore 10 e un altro alle 17.
CAVOLO VERZA AL VINO
Una ricetta per il cavolo-verza cotto è tagliato a listelle fini e lessato in poca acqua fino a quasi totale evaporazione dell’acqua di cottura; dopo circa mezz’ora di cottura, aggiungere 1 cicchiere di vino rosso ( vale per una porzione per 4 persone... per una sola persona un quarto di bicchiere, circa 50 ml di vino) e continuare a scaldare; infine aggiungere una manciata di uvetta, olio e sale ed è pronto.
Le crocifere contengono glucosidi solforati che conferiscono loro un caratteristico odore di zolfo, e che sono responsabili di una buona percentuale degli effetti terapeutici. Nelle Crocifere sono stati isolati composti ad azione anti tumorale noti come INDOLO-GLUCOSINOLATI, capaci di rallentare lo sviluppo del cancro negli esperimenti di laboratorio.
VOGLIO SOTTOLINEARE CHE
Queste piante manifestano però anche ATTIVITA’ GOZZIGENA soprattutto se consumate crude in grandi quantità e molto frequentemente. Quindi in grande quantità e crude sono controindicate a chi soffre di disturbi alla tiroide.
La glucobrassicina sarebbe la sostanza in grado di liberare tiocianati, degli anioni monovalenti idrati, che hanno l’effetto di inibire la secrezione dell’ormone tiroideo probabilmente per un’inibizione competitiva del meccanismo iodio-concentrante della ghiandola.
Da recenti studi è emerso che i tiocianati manifestano anche un’attività anticancerosa. Essi esplicano pure effetto insetticida, da tenere presente vista la loro bassa tossicità. Altri composti come gli indoli, i ditioltioni, i polifenoli (fra cui acido caffeico e ferulico), alcuni flavonoidi, il beta-carotene, la clorofilla, le vitamine (soprattutto la C e la E) sono dei naturali preventivi del cancro, e tutte queste sostanze sono abbondantemente rappresentate nelle Crocifere.
Cavolo cappuccio
Brassica oleracea varietà capitata
Sia nella varietà bianca che nella rossa, il cappuccio è caratteristicamente croccante, sapido e delicatamente piccante. Si mangia generalmente crudo, da solo o in insalate, oppure fermentato in salamoia (crauti), specialità diffusa tra i popoli nordici, medio-europei e alpini.
I cappucci vengono anche vantaggiosamente cotti in umido con una miriade di ricette tradizionali. Dal punto di vista nutrizionale non si discostano molto dalle prerogative possedute dalla verza.
Crauti
I crauti, o Sauerkraut, meritano una breve descrizione.
Sono striscioline sottili di cavoli cappucci rossi o bianchi disposte a strati e fatte fermentare per 50 giorni in fusti di legno o in vasi di ceramica con poco sale e semi di cumino.
Furoreggiano soprattutto nelle aree russa, germanica e alpina, dove da secoli se ne fa uso come semplice tecnica di conservazione (anche di altre verdure), utile per la sterile stagione invernale.
Durante il processo fermentativo, il Lactobacillus acidophilus trasforma lo zucchero in acido lattico, che conferisce il caratteristico sapore acidulo al prodotto. I crauti così, con la presenza dei lattobacilli e con l’abbassamento del pH (i carboidrati vengono fermentati con produzione di acido lattuco, acido acetico, alcol etilico, CO2 e metano), diminuiscono e in parte neutralizzano, a livello enterico, i processi putrefattivi propri della degradazione proteica, che ha come conseguenza la liberazione di ammoniaca, di idrogeno solforato e di sostanze più o meno tossiche come la putrescina, la cadaverina, il cresolo e il fenolo, lo scatolo e l’indolo, il mercaptano ecc.
L’ambiente intestinale indotto dalla fermentazione dei crauti rende anche più agevole la digestione dei grassi e la degradazione della cellulosa, favorisce la sintesi di enzimi digestive, di vitamine del gruppo B e di vitamina C (questa aumenterebbe soprattutto fra la seconda e la terza settimana di macerazione).
Dioscoride, il più celebre farmacologo dell’antichità, vissuto nel I secolo dopo Cristo, prescriveva i crauti in caso di malattie infettive. Attualmente molti studiosi considerano questo particolare prodotto un rimedio preventivo del cancro, nonché blandamente curativo di patologie metaboliche quali il diabete, l’obesità e la gotta.
A volte i crauti vengono ritenuti indigesti, senza tenere conto che nel pasto sono stati associati a imponenti razioni di carni o di salumi: mangiati da soli o con altri vegetali sono non solo digeribili, ma anche digestivi.
Alcune perplessità sull’uso continuativo dei crauti sono state recentemente causate dalla forte presenza di cloruro di sodio e dal fatto che durante la fermentazione si producono anche purine e amine biogene ad azione ipertensiva e cancerogena (tiramina, istamina, putrescina, cadaverina ecc.). Tali osservazioni però non sembrano convalidate dall’esperienza del passato e dalle attuali risultanze cliniche.
Cavolini di Bruxelles
Brassica oleracea varietà gemmifera
Questo curioso “cultivar” è stato ottenuto nel XII secolo dal cavolo selvatico, sviluppando le gemme che si formano all’ascella delle foglie lungo il fusto della pianta.
Si usano come le altre varietà di cavolo, soprattutto cotti a vapore o stufati.
Sono fra i cavoli più ricchi di nutrienti (proteine e zuccheri 4,2%), e di micronutrienti (fibre 5,2%, vitamina A 220 mcg, vitamina C 81 mg).
Anche cotti, i cavolini di Bruxelles contengono fino a 40 mg di glucosinati ad azione anticancerogena. Contengono tutte le altre sostanze preventive delle patologie tumorali (indoli, dioltioni, clorofilla) propria delle crocifere. In particolare avrebbero proprietà protettiva dal benzopirene, un idrocarburo aromatico sicuramente molto cancerogeno presente nel catrame di carbone, nel fumo di sigaretta e nei residui della combustione dei carburanti estratti dal petrolio: siamo tutti avvertiti, ma soprattutto i fumatori.
Anche le aflatossine, uno dei cancerogeni più potenti fino a ora conosciuti, prodotte da alcune varietà di Aspergillus flavus, un fungo che può infestare prodotti alimentari come il mais, le arachidi, il riso, il pepe e tutto ciò che viene conservato in ambienti caldo-umidi, verrebbero neutralizzate nelle cavie con una dieta a base di questo tipo di cavolo.
Quanto poi alle sostanze gozzigene presenti in tutti i cavoli, una dieta sperimentale di 150 g di cavolini di Bruxelles per quattro settimane non ha prodotto nei soggetti volontari alcuna alterazione tiroidea (è probabile quindi che la cottura neutralizzi gran parte dei tiocianati).
Cavolfiore
Brassica oleracea varietà botrytis
Fra le varietà di cavolo più usate in Italia, il cavolfiore comunemente viene cotto in acqua col risultato di far evaporare buona parte delle sue essenze solforate, tanto benefiche nell’alimento, quanto sgradevoli nell’atmosfera. Inoltre l’abitudine di scolarlo, separandolo dal suo brodo di cottura in cui si sono disciolte vitamine ed enzimi, ne rende più difficoltosa la digestione.
Anche per questo ortaggio vale la regola generale applicabile a tutta la specie: la miglior tecnica di cottura è a vapore o stufato, a piccoli pezzi.
Molto ricco di vitamina C, oltre alla vitamina K che interviene nei meccanismi della coagulazione del sangue, contiene anche la E, ad azione antiossidante-protettiva delle membrane cellulari e utile alla funzione riproduttiva.
Il cavolfiore è un discreto diuretico, lassativo e antireumatico, ma secondo alcuni autori il suo contenuto di acido ossalico e di purine e, come per tutti i cavoli, di tiocianati, lo renderebbe poco indicato a chi è predisposto ai calcoli renali, all’iperuricemia, alla gotta, e alle disfunzioni tiroidee.
Probabilmente la parte più benefica della pianta sono le foglie verdi, che generalmente vengono scartate. Esse, per la loro ricchezza di clorofilla, di zolfo, di altri preziosi oligoelementi e di provitamina A rendono la pianta più digeribile e curativa, ed esplicano attività protettiva contro i tumori.
Normalmente del cavolfiore viene consumata l’infiorescenza che, cotta nelle zuppe, conferisce loro un particolare sapore dolce e aromatico.
E’ in uso anche il cavolfiore crudo conservato sott’aceto.
Da notare come il cavolo sia una pianta che richiama l’accostamento con l’aceto o i condimenti aciduli: questo fenomeno, letto in chiave macrobiotica, potrebbe essere l’esigenza di moderare lo “Yang” del cavolo con lo “Yin” dell’aceto.
Broccolo
Brassica oleracea varietà cauliflora
I broccoli, dalle sommità fiorite verdi, rade e allungate, avendo un rapporto sodio/potassio più alto, sono, macrobioticamente parlando, una varietà un po’ più “Yang” del cavolfiore.
Non solo, essendo più dotati di vitamine del gruppo B, di vitamina C e A, garantiscono una maggior capacità di modulare, vitalizzandolo, il sistema enzimatico cellulare dell’organismo. Tutto ciò si traduce in una maggior velocità di reazioni biochimiche necessarie al mantenimento dell’equilibrio dell’intero complesso organico.
Le proprietà sono simili e maggiori di quelle del cavolfiore: diuretico, lassativo, ricostituente del sistema nervoso, antianemico, anti infettivo, protettivo cutaneo e retinico, preventivo dei tumori.
Come sempre le foglie esterne sono le più attive, anche per la maggior ricchezza di vitamine, di clorofilla e di oli essenziali.
In molti esperimenti i broccoli hanno dato ottimi risultati nelle prove di protezione dalle radiazioni nucleari: dati da mangiare a cavie successivamente irradiate hanno salvato il 65% degli animali, contro il 52% ottenuto con i cavolfiori.
Altre indagini fatte sui fumatori hanno dimostrato la capacità di questo ortaggio, consumato quotidianamente, di dimezzare il rischio di cancro del polmone nei soggetti che ancora fumano e in quelli che hanno smesso da un periodo massimo di 5 anni. Come i cavolfiori, anche i broccoli, che comunemente vengono cotti prima del consumo, andrebbero trattati col vapore o stufati, oppure bolliti avendo l’accortezza di tenerne le infiorescenze fuori dall’acqua, in modo che sia solo il vapore, appunto, a cuocerle. Dopo la lessatura possono essere mangiati in insalata con diverse crudité, o passati in padella, o essere impanati e fritti, o servire alla preparazione di delicati soufflé.
Cavolo rapa
Brassica oleracea varietà gongyloides
Un tempo molto in voga principalmente nelle zone alpine e centro-europee, questa varietà è ora ormai introvabile sui mercati, anche se viene esiguamente coltivata in Campania e Sicilia.
Se ne usa il caratteristico ingrossamento midolloso posto alla sommità del fusto, e sul quale si inseriscono le foglie sommitali. Esso si presenta come una grossa sfera bianca, violetta e verdastra, simile a una rapa ma con numerosi piccioli.
Il cavolo rapa si usa, appunto, come la rapa, lessato oppure crudo affettato in insalata o grattugiato. Anche le foglie più tenere sono saporite soprattutto se cotte al vapore come quelle della verza.
Il suo contenuto vitaminico e minerale è modesto. Le proprietà analoghe a quelle degli altri cavoli.
Cavolo marino
Crambe maritima L.
Riveste più che altro un carattere di curiosità la trattazione di Crambe maritima, una crocifera perenne, spontanea sulle coste dell’Europa occidentale e settentrionale e un tempo presente pure sulle coste liguri.
Questa pianta viene usata come ortaggio in Francia e in Inghilterra dove sono state selezionate alcune varietà orticole, di cui una delle più indovinate è denominata “feltham white”.
I germogli freschi della specie spontanea possono essere utilizzati come i cardi.
E’ un’erbacea a rizoma carnoso e stolonifero con fusto eretto e ramoso lungo fino a 60 cm. Ha foglie azzurrognole alterne, dal basso verso l’alto dentate, pennate, romboidali, lanceolate. Porta fiori di quattro petali bianchi o roseo-purpurei disposti in pannocchia a maggio-giugno. Siliqua ovoidale reticolata con seme nerastro.
Si usa la pianta fresca raccolta da maggio a luglio. E’ ricca di sostanze amare, olio essenziale, sali di ferro, iodio e vitamine.
Manifesta proprietà antiscorbutiche, anti infettive, stomachiche e diuretiche.
Utile come ricostituente e antianemico, si usa anche in caso d’infezioni ricorrenti dell’albero respiratorio, colite dismicrobica, dispepsia iposecernente, gastriti ipotoniche, ritenzioni di liquidi con edema.
La preparazione più efficace è il succo fresco, 5-10 cucchiai al giorno, o lo sciroppo, 3-6 cucchiai.
Per uso esterno il cataplasma freddo è cicatrizzante, astringente e anti edematoso.
Generalmente le diverse varietà di Brassica oleracea manifestano proprietà curative molto simili, per cui non faremo distinzione fra il cavolo-verza, il cavolfiore o il cappuccio. Teniamo presente però, che la droga migliore sono sempre le foglie più esterne, più colorate, più robuste ed elastiche e che naturalmente è consigliabile usare il tipo di cavolo presente negli orti al momento dell’impiego.
Aspetti curativi
Uso interno
Quando impieghiamo il cavolo in chiave terapeutica, è opportuno, in linea di massima, usarlo crudo, poiché molti dei suoi principi attivi sono termolabili. In particolare, si è rivelato molto efficace il succo delle foglie, attualmente ottenibile anche in casa con le moderne centrifughe. Esso va usato immediatamente, appena scende nel bicchiere, poiché, come tutti i succhi vegetali, va rapidamente incontro a fenomeni di ossidazione quando esposto all’aria e alla luce.
Il succo di cavolo contiene, fra l’altro, essenze solforate, fecola, mucillagini, sali, albumine, resine, gomme, fosfato di calcio e di magnesio, solfato e nitrato di potassio, ossidi di ferro, manganese, zolfo e sodio. Sono presenti anche zuccheri, proteine, grassi, fosforo, calcio, ferro, arsenico, rame, vitamine idro e lipo-solubili.
Secondo alcuni studiosi conterrebbe anche vitamina D2 antirachitica, e un principio termoaminalabile, il farnesil-acetato di geranile (un tempo ritenuto la vitamina U), che insieme allo zolfo
contribuisce a esercitare proprietà antiemorragica e cicatrizzante.
Indicazioni
Questo ortaggio è talmente benefico e dotato di azioni ad ampio raggio, che richiede una trattazione particolare.
Da sempre conosciuto come tonificante, consolidante, energetico, riscaldante (aiuta anche, come verdura di stagione, a difendere il corpo dai rigori dell’inverno), ricostituente, mineralizzante, antiscorbutico, depurativo, stomachico, anticolitico, pettorale e antianemico, il cavolo è stato sperimentato con successo nell’ulcera gastrica, nella cirrosi con ascite e nell’alcolismo. Si è rivelato anche un buon antibiotico e un discreto regolatore della glicemia.
Parte delle sue proprietà farmacologiche scompaiono con il riscaldamento della droga, per cui è senz’altro importante utilizzare la pianta cruda tal quale o in succo.
Tale preparazione può essere impiegata con successo nell’acne, nel deperimento organico, nell’ipofonia (anche per gargarismi), per prevenire o curare i danni da eccessiva ingestione di alcool, in caso di anemia, angina (anche per gargarismi), artritismo, ascite, cirrosi, colite putrefattiva, colite ulcerosa, osteoporosi, deperimento organico e debolezza sessuale, depressione nervosa, diabete (come coadiuvante), diarrea (cavolo cotto molto a lungo e/o l’acqua di cottura), dispepsie (crauti come antipasto), dolori reumatici, eczemi, gastriti, laringiti e ipofonia (bere il succo e farne anche gargarismi).
Le foglie di cavolo crude prevengono l’intossicazione da alcol, e il brodo di cottura ne cura i disturbi.
Infezioni intestinali, influenza, oliguria, calcoli renali, disturbi nervosi, pertosse, pleuriti, tubercolosi, forme tumorali, rachitismo, riniti infettive e allergiche, scorbuto, seborrea e ulcere gastroduodenali possono trarre giovamento da una cura a base di succo di cavolo.
La senescenza viene rimandata e i vermi intestinali vengono combattuti dal succo fresco di cavolo, mentre la stipsi si attenua con la prima acqua di cottura delle foglie di questa pianta (tre bicchieri in media al giorno).
La colite ulcerosa, in particolare, viene ben curata, secondo la mia esperienza, con il succo di cavolo miscelato a quello di carota: 2/3 cavolo - 1/3 carota, un bicchierino 3-4 volte al giorno a stomaco vuoto.
Preparazioni e dosi
Da 1/2 a 4 bicchieri al giorno sono le dosi giornaliere, alquanto variabili, del succo fresco di cavolo.
A seconda dell’età e del peso del paziente, della gravità del caso e, naturalmente, del grado di sopportazione del gusto, si procederà a un dosaggio opportuno.
Due accorgimenti: per l’estrazione utilizzare le foglie più belle e sane, e utilizzare il succo appena spremuto.
Poiché il sapore non è quello che si definisce una leccornia, è possibile miscelarlo al succo di carota e di mela.
Va bevuto a stomaco vuoto, generalmente prima dei pasti. Il dosaggio medio, che vedo efficace e sopportabile è 1/2 bicchiere 3 volte al giorno.
Uso esterno: le foglie del cavolo applicate localmente non sono meno curative della pianta utilizzata per via interna, anzi, forse hanno indicazioni più numerose e specifiche.
La loro azione è delicatamente revulsiva, ma soprattutto risolvente e depurativa dei tessuti: sembra che le foglie del cavolo attraggano verso l’esterno le sostanze tossiche, di ristagno, conseguenti a infiammazioni e a fenomeni di degradazione, favorendo la suppurazione e liberando così l’organismo dall’intossicazione e contribuendo alla riparazione tessutale.
Spesso dopo il cataplasma le foglie appaiono umide e coperte di siero anche ematico, altre volte sono completamente secche e ingiallite.
Indicazioni
Ogni distretto organico affetto da irritazioni, flogosi e congestioni dolorose può essere delicatamente depurato, riequilibrato e cicatrizzato spesso fino alla restitutio ad integrum.
Cataplasmi locali con foglie di cavolo giovano in caso di: acne, adeniti e ascessi, arteriti, bronchiti solo infettive o asmatiche.
Coliche renali, coliti, congiuntiviti (una-due gocce di succo di cavolo fresco), contusioni, cellulite e dermatosi squamose.
Diarree, dismenorree, gastralgie, mialgie, artralgie, gotta, emorroiditi, geloni, herpes zoster (come blando analgesico), impetigine (lozioni di succo di cavolo), lombaggini, morso di animali, necrosi tessutali, nevralgie e sciatiche.
Inoltre in caso di pleuriti, prostatiti (zona di applicazione la regione pubica e perineale), ustioni di I e II grado non estese, ragadi (foglie fatte prima macerare per un’ora nell’olio di oliva extra vergine), sinusite (anche instillazioni nasali con succo fresco delle foglie), alcune forme di sordità (due-tre gocce di succo di limone e cavolo in parti uguali per orecchio).
Varici, e soprattutto ulcere varicose, dove il cavolo applicato con costanza è infallibile.
Preparazioni e dosi
Utilizzare le foglie più colorate e carnose, dopo averle lavate sotto l’acqua fredda.
Eliminare la grossa costa centrale, ed eventualmente, in caso di applicazione su un’ulcera o su una piaga molto sensibile, togliere anche le nervature secondarie.
Schiacciare delicatamente le foglie con un cilindro tipo mattarello o bottiglia, affinché il succo compaia in superficie.
Applicare il cataplasma coprendo anche circa 15 cm della regione sana circostante.
Strato semplice o doppio o triplo a seconda della gravità e della profondità della patologia, preferibilmente con le foglie embricate tipo tegole di un tetto per favorire l’eventuale essudazione.
Fasciare senza comprimere con panno di cotone.
In caso di ulcerazioni molto profonde, edematose e sclerotizzate, oppure su parti molto delicate, sensibili o che richiedono anche un’azione addolcente ed emolliente utilizzare foglie precedentemente macerate per 60 minuti in olio extra vergine di oliva.
Ripetere 1-2 volte al giorno fino a guarigione o miglioramento consolidato.
STOP
BIBLIOGRAFIA
(1) Giancarlo Signore, il farmacista n. 4 - febbraio 1995 e 7 ottobre 1997;
(2) Alessandro Formenti, Farmacia Naturale n. 3 - aprile 1997 e Farmacia Naturale n. 4 - Maggio 1997.